MARIA FRANCESCA SACCO* | San Francesco è un’inesauribile fonte di ispirazione per gli artisti: protagonista di un album musicale di Angelo Branduardi, scelto per il cinema da tanti registi (ricordiamo Franco Zeffirelli e Fabrizio Costa, tra gli altri), scoperto di recente in una poesia di De Andrè. Ma soprattutto impresso sulle pareti della basilica a lui dedicata, ad Assisi, dove Giotto ha lasciato il suo marchio di genialità nel ciclo di affreschi che ripercorrono la vita del santo.
Ed è proprio con un’immagine che Ascanio Celestini dà il via allo spettacolo Rumba: l’asino e il bue del presepe di San Francesco nel parcheggio del supermercato al Carcano di Milano: l’immagine di un cielo stellato. “Quante stelle ci sono in cielo?“ chiede, riportando il pensiero alle stelle della basilica inferiore di Assisi. Quelle dipinte però si possono contare, mentre Celestini vuole condurre lo spettatore oltre la volta finita della chiesa di mattoni. Oltre quella ricca e sontuosa costruzione che, seppur meravigliosa, avrebbe fatto inorridire il poverello d’Assisi che non aveva mai voluto neanche una casa, figuriamoci una basilica tanto immensa. Celestini porta il suo pubblico verso un’umanità che sembra la più lontana e diversa, ma che in fondo sta tutta sotto lo stesso cielo. “Le stelle”, esordisce Celestini, “sono tante, così tante che non si possono contare. E neanche vedere tutte quante“.
Rumba: l’asino e il bue del presepe di San Francesco nel parcheggio del supermercato è il terzo spettacolo di una trilogia iniziata nel 2015 con Laika, in cui la storia della cagnetta lanciata nello spazio intreccia politica e ricerca scientifica, e proseguita con Pueblo nel 2017 in cui si racconta l’umanità più misera di chi non ha neanche più la speranza. Queste tre performance, legate dalla riflessione sull’emarginazione, presentano sul palco Celestini fiancheggiato da Gianluca Casadei e dalle sue musiche originali.
Insieme al narratore, in Rumba ci sono un telo rosso, un secondo sipario che nasconde le immagini dipinte da Franco Biagioni che richiamano la vita del santo, e il musicista seduto sulla sinistra. Ascanio Celestini parte con il suo lungo racconto che ne comprende decine di altri, in un turbinio di parole alle quali il pubblico si affida senza fatica, trasportato per incanto e a volte per inerzia. Celestini prende fiato solo per pochi minuti alla volta, durante i quali la musica diventa protagonista. Poi riparte, a ritmo serrato, con la narrazione.
Elemento fondamentale all’interno dello spettacolo, contraltare al racconto, è proprio la musica (fisarmonica e tastiere), in grado di smorzare la pesantezza del parlato e di alleggerirlo, facendo riposare il pubblico. Le luci, altrettanto eleganti e discrete (di Filip Marocchi), seguono l’attore, si posano sulle immagini retrostanti sottolineando il momento della vita del santo cui verrà fatto riferimento, toccano delicate il musicista e i suoi strumenti.
A raccontare la vita di San Francesco è un personaggio che aspetta un pullman di turisti nel parcheggio del supermercato di una borgata in una qualche periferia romana. Il vero palco per lui è quello: il piazzale deserto dove fa le prove narrando la vita del Santo con cui vorrebbe intrattenere i presunti turisti che mai giungeranno.
Così, in questo teatro nel teatro, la storia della vita del Santo inizia a intrecciarsi con quelle delle persone che vivono e orbitano in quello stesso parcheggio e che hanno in comune con Francesco il loro essere reietti ed esclusi dalla società. Una sequela di storie diverse aggrediscono lo spettatore cariche di crudezza e ingiustizia: la donna con la testa “impicciata” che combatte con i propri fantasmi interiori; Giobbe, analfabeta in un mondo di lettere che per lui sono come sbarre di prigione; Joseph, il barbone africano ex seppellitore che arriva in Italia pieno di speranze ma che finisce prima in carcere e poi ubriaco di sambuca nel parcheggio. Poveri cristi che subiscono la vita e le ingiustizie del mondo, le cui storie vengono narrate quasi tutte d’un fiato, tra ironia e poesia, mai con commiserazione. Non c’è spazio per la pietà, semmai per l’indignazione.
Celestini si chiede cosa ci affascina ancora oggi di San Francesco, cosa si cerca in lui e soprattutto dove lo si cerca: nel parcheggio e ovunque, in tutte le storie che scorrono in queste due ore.
Il narratore Celestini tocca molti temi, forse anche troppi per poterli digerire tutti: dall’immigrazione al razzismo, dal potere del denaro a quello della mafia, dalle condizioni nelle carceri alla sfacciata ricchezza della Chiesa. Così tante e delicate tematiche che solo un funambolo come lui avrebbe potuto penetrarle tutte, dosando ironia e strizzatine d’occhio con riferimenti all’attualità più trash (come quello alla frode di Chiara Ferragni), riuscendo però a mantenere un’impalcatura solida in cui l’ascoltatore non si sente perso.
Si ha l’impressione che Celestini abbia fatto una scelta precisa e controcorrente nel non voler sintetizzare il suo testo che sarebbe stato possibile alleggerire, vista la struttura caratterizzata da tante storie indipendenti. Una sfida al suo pubblico a farsi carico di quelle vite raccontate che sono solo un minuscolo esempio nella galassia di atrocità e prepotenze, per più di due ore.
Dunque lo spettacolo che cita nel sottotitolo L’asino e il bue non racconta dell’asino né del bue, menzionati solo nel momento in cui si narra del presepe di Greccio. Parla invece di vite tutte ugualmente sante e, tra queste, anche quella del santo Francesco.
RUMBA
L’asino e il bue del presepe di San Francesco nel parcheggio del supermercato
di e con Ascanio Celestini
musiche di Gianluca Casadei
voce Agata Celestini
immagini dipinte Franco Biagioni
suono Andrea Pesce
luci Filip Marocchi
produzione Fabbrica, Fondazione Musica Per Roma, Teatro Carcano
commissionato dal Comitato Nazionale Greccio 2023
Teatro Carcano, Milano | 26 gennaio 2024
* PAC LAB è il progetto ideato da PAC Paneacquaculture, anche in collaborazione con docenti e università italiane, per permettere il completamento e la tutorship formativa di nuovi sguardi critici per la scena contemporanea e i linguaggi dell’arte dal vivo. Il gruppo di lavoro di Pac ne accoglie sul sito gli articoli, seguendone nel tempo la pratica della scrittura critica.