SOFIA BORDIERI* | Nives, della compagnia toscana Accademia Mutamenti, è uno spettacolo tratto dal romanzo omonimo di Sacha Naspini (Edizioni E/O, 2020) ridotto per la scena da Riccardo Fazi con la regia di Giorgio Zorcù.
Autore di numerosi racconti e romanzi, Naspini è considerato uno scrittore intenso e tagliente che rifugge dai generi per dare spazio a storie narrate da angolazioni altre, dove spesso è centrale la componente psicologica. «Quello che pretendo da me, quando scrivo, è che il testo lasci un bel po’ di mazzate allo stomaco di chi legge. Insomma, almeno ci provo», ha dichiarato in un’intervista per Mangialibri. Vincitore di vari riconoscimenti citiamo il suo penultimo romanzo Villa del Seminaro (Edizioni E/O, 2023) candidato al Premio Strega. Nives, tradotto in ventisei lingue, è l’opera dello scrittore grossetano che ha “folgorato” Zorcù che, prima di elaborare la propria regia, ha curato le letture sceniche tratte dal libro dell’attrice Sara Donzelli che qui è Nives, la protagonista.
Indossiamo le cuffie. Una musichetta, quasi una sigla d’apertura, accompagna la vista della scena buia. La grande gallina che si vede nel flyer si intravede nella penombra dietro a un lungo tavolo diviso da una lastra specchiante.
Giacomina la chioccia, vive con Nives, una donna vedova rimasta sola nella sua casa in campagna dopo che il marito è morto cadendo, a causa di un «coccolone», nella mangiatoia dei maiali. Improvvisamente Nives si accorge che la sua gallina – seduta in poltrona a guardare il televisore – è rimasta ipnotizzata, come pietrificata dopo aver visto lo spot del Dash. La donna, agitata, prende la cornetta per chiamare il veterinario, il dott. Loriano (Graziano Piazza) a cui si rivolge dopo aver scambiato i saluti con la moglie Donatella. Tutti noi siamo in ascolto.
È sera, il dottore entra in scena (nella metà sinistra) spettinato e in camicia da notte e approfitta della chiamata per un bicchierino di Fernet. Parla al microfono che pende a piombo dal soffitto, come fosse un telefono, allo stesso modo di Nives dalla parte opposta. Non potendo risolvere il problema della gallina, i due iniziano a spettegolare di amici e vicini e parlano di eventi passati. Un perfetto palliativo, questo – per la paura di Nives di rimanere di nuovo sola, senza il suo volatile feticcio – celato dall’urgenza di parlare di qualcosa che troppo a lungo è stato represso. Si srotola così “una telefonata lunga una vita” dove i due settantenni, tra spettri del passato e divagazioni senili, corteggiano i ricordi della loro adolescenza, arrivando a rievocare il loro amore giovanile svanito a causa di due gravidanze.
La chiamata si protrae nella notte come un flusso sublime di eccitazione, intermezzo speciale per i giorni che macinano sempre uguali. Nel disvelamento delle geografie interiori scopriamo un uomo e una donna che convivono con lo spettro di chi avrebbero potuto essere.
Il nostro sguardo è simile a quello del pubblico di una partita da pingpong che lentamente rallenta omogeneizzandosi sempre più nei ritmi. In questa transizione, due momenti “evasivi” interrompono il flusso della chiamata in cui i due personaggi, come in una proiezione onirica della loro immaginazione messa in immagine, accompagnati da una voce off si incontrano, volteggiano, si sfiorano senza toccarsi davvero. La narrazione fuori campo è il pensiero – come fosse registrato in una vecchia cassetta – di lei e poi di lui.
Le cuffie si rivelano un ottimo modo per seguire la telefonata. Con l’utilizzo dei microfoni sospesi in aria – penzolanti, molleggianti – viene riprodotta alla perfezione la prossemica delle voci con quegli effetti tipici delle telefonate, provocati anche dai movimenti del corpo. Ci si sente come dentro un confessionale e allo stesso tempo come in una stanza mentre si ascolta leggere uno sceneggiato. La temperatura tragicomica, un po’ mélo, ricorda certe tinte almodovariane. Nello “sverniciare” gli eventi – divertenti e drammatici – del passato, Donzelli e Piazza, bravissimi con la voce, con i gesti e nel dosaggio emotivo, si abbandonano a uno scambio di rivelazioni sul loro sentire attraversando le deviazioni della vita dei due personaggi.
A essere costruite sono due narrazioni inscatolate: quella che vediamo e quella che ascoltiamo. Se quest’ultima si svolge in uno spudorata carrellata di cosa sarebbe successo se?, la seconda non rimane mai statica, i corpi in scena sono in continuo movimento.
Alla fine, le due linee narrative confluiscono e scopriamo di non essere i soli ad ascoltare collegati alla cornetta; uno degli aspetti che rivela l’apprezzata regia di Zorcù.
NIVES
dal romanzo di Sacha Naspini
con Sara Donzelli e Graziano Piazza
riduzione per la scena e drammaturgia Riccardo Fazi
a cura di Giorgio Zorcù
voci fuori campo Sacha Naspini, Chiara Migliorini
costumi Marco Caboni
collaborazione ai movimenti Giulia Mureddu
disegno suono Umberto Foddis
disegno luci Marcello D’Agostino
grafica Matteo Neri
costruzione oggetti di scena Lucio Pari, Lorenzo Pazzagli
produzione Accademia Mutamenti, Muta Imago
in collaborazione con Teatro Fonderia Leopolda
con il contributo di Regione Toscana, Città di Follonica
Zō Centro Culture Contemporanee, Catania | 27 gennaio 2024
* PAC LAB è il progetto ideato da PAC Paneacquaculture, anche in collaborazione con docenti e università italiane, per permettere il completamento e la tutorship formativa di nuovi sguardi critici per la scena contemporanea e i linguaggi dell’arte dal vivo. Il gruppo di lavoro di Pac ne accoglie sul sito gli articoli, seguendone nel tempo la pratica della scrittura critica.