MATTEO BRIGHENTI e ELENA SCOLARI | MB: Andrea Cosentino è una vertigine. Ogni sua frase è una continua associazione di idee e pensieri, detti e contraddetti. Parla per parentesi, ora tonde, ora quadre, ora graffe, a seconda di quanto la velocità del suo pensiero incida sul panorama che ritrae.
È il vedere che determina ciò che esiste e Cosentino riesce a tratteggiare la vastità dei Rimbambimenti. Un Ted Talk senescente in salsa Punk con una sequenza densa e grumosa di pennellate lucidamente impazzite. (Prossime date in calce).
Il capo e la coda dei discorsi sfidano, ogni volta, le leggi della fisica. Se il tempo è un tutt’uno con lo spazio, questa conferenza bislacca e documentatissima da parte di un presunto scienziato a uno strampalato TED Talk ci ricorda che il teatro l’abbiamo inventato per forzare, se non proprio superare, i limiti che la natura ci ha dato.
ES: Sì, il teatro di Cosentino è davvero una sfida, fa salire il pubblico su montagne russe del senso: salite articolate che spesso dileggiano i luoghi comuni, scarti bruschi verso vie sempre tangenziali e mai dirette, discese repentine verso la profondità.
In Rimbambimenti l’obiettivo è ambizioso: si vuole dimostrare che il tempo non esiste. E così bisogna per forza organizzare una conferenza sul concetto di tempo nella fisica quantistica. Però a tenerla è uno scienziato anziano (un pupazzo che somiglia in maniera sospetta a Cosentino stesso, invecchiato) affetto da Alzheimer. La malattia è, in realtà, solo lambita, durante lo spettacolo: da una parte è lo stratagemma per permettersi di parlare di qualunque cosa in maniera rapsodica e senza logica, dall’altra è lo sfondo che riguarda la memoria, quella che ci fa illudere di essere davvero collocati nel tempo e nel mondo e che si perde anche senza malattie.
MB: Al centro della scena c’è un cerchio rosso a ricordare i TED Talks originali. A sinistra un tavolo con sopra una bottiglietta d’acqua, una palla, uno specchio, una tromba. Poco discosta una scatola di cartone con scritto Vivo e Morto. A destra ci sono un leggío, un microfono e un ripiano con la strumentazione tramite cui Lorenzo Lemme agisce sulle musiche dal vivo manipolandole con numerosi effetti. Sul fondo il titolo dello spettacolo, spezzato da una “X”. Fuori da qui sta a indicare un evento TED organizzato in maniera indipendente. Qui rappresenta, a mio avviso, una sottolineatura quasi programmatica della “salsa punk” richiamata nel sottotitolo.
La struttura dello spettacolo si compone di tre capitoli incorniciati da una introduzione/prologo e da un epilogo. Andrea Cosentino è sé stesso che dà voce, come detto, a un presunto scienziato. All’inizio del primo e del secondo capitolo, però, dà voce anche a quel suo doppio (progettato da Paola Villani e realizzato da A e B) per esprimere con proprietà di linguaggio formule e concezioni di tempo e materia nella fisica quantistica.
Un pupazzo, ovvero qualcosa che non ha tempo, magari si usura, ma non invecchia: è la maschera che permette a Cosentino di rendere l’idea di un personaggio immutabile, restando, comunque, sé stesso. Gli consente di impersonare un anziano che, poiché affetto da Alzheimer, paradossalmente vive, o forse è meglio dire subisce quell’indeterminazione che la scienza riconosce come costitutiva dell’universo mondo, tanto di quello esteriore quanto di quello interiore.
ES: Richard Feynman è l’ispiratore della meccanica quantistica, Heisenberg formulò il principio di indeterminazione nel 1927, poi per spiegarlo ai profani arrivò Schrödinger con il suo esperimento: prendete un gatto, mettetelo in una scatola, nella scatola mettete anche una particella radioattiva e un contatore Geiger collegato a un distributore di veleno. Chiudete la scatola. La particella, nel giro di un’ora, ha le stesse probabilità di decadere e quindi di azionare il contatore Geiger che fa uscire il veleno e uccide il gatto oppure di rimanere nel suo stato e lasciare la situazione com’è. Ma finché non apriremo la scatola non potremo saperlo e per noi il gatto sarà sia morto sia vivo. Si chiama sovrapposizione di stati. Bello, vero?
Tecnicamente lo scienziato è un “pupazzo a mano vera” (ho chiesto a un esperto). Cosentino è affascinato dalle cose morte che prendono vita, in teatro, e a me quell’omino pare sia anche – e forse soprattutto – il mezzo per dire le cose più difficili, le più dolorose, quelle sul tempo perso e sui ricordi smarriti. Sull’inconsistenza di alcune nostre credenze e sulla necessità di capire, sì, ma fino a un certo punto. È come se quel vecchietto, che ha indagato per tutta la sua esistenza le leggi che regolano il mondo, arrivasse alla fine della vita senza aver più bisogno di capirle: in fondo quello che ora gli importa è sapere se nel buco nero c’è spazio anche per la giovinezza passata.
È la fisica che scivola nella metafisica.
MB: Ed è la vita che scivola nel teatro, ovvero in quell’arte posticcia come un pupazzo, che aggiungiamo alla realtà per aiutarci a “maneggiare” le cose e a sentirle ancora più nostre. In più, Andrea Cosentino lo fa coltivando il sorriso dentro chi ascolta. All’apparenza della ragione e del pensiero gli elementi che usa non stanno insieme, al pari dei pezzi di puzzle presi da scatole diverse. Qualcosa, però, intanto cresce, un pregiudizio si incrina, un preconcetto si scolora. E poi, d’improvviso, a tradimento tuo e del tuo scetticismo, ti ritrovi a sorridere, se non proprio a ridere, che lo voglia o no la tua postura intellettuale. Non hai più bisogno di difese, come a Cosentino non serve più il suo doppio per il terzo e ultimo capitolo dello spettacolo.
Al tempo, di norma, non si comanda, ma in teatro sì: è possibile andare avanti e indietro, rallentarlo, accelerarlo. È possibile perfino accarezzare il gatto di Schrödinger lasciandolo alla sua indeterminazione dentro la scatola. È possibile fare tutto, perché è possibile essere tutto. Il “doppio” indispensabile in scena – e da cui tutto ha origine – è la volontà di crederci fino in fondo. A quel punto puoi arrivare a toccare con mano anche l’orizzonte degli eventi.
ES: È proprio l’accostamento impensato di elementi che crea il primo corto circuito, i puntini sono sparsi, sembrano sfuggirti, come stelle cadenti, ma se li unisci alla fine dello spettacolo un disegno comparirà.
E si ride molto, di cose demenziali come le battute con l’accento sbagliato (che non riportiamo per non rovinare la risata), di cose scorrette come quelle che il vecchietto – in quanto tale – può dire, e anche di pappagalli ripetitori.
In questa bislacca conferenza/varietà, Cosentino inserisce intermezzi sonori in cui suona la tromba, forse per dare al pubblico un poco di riposo d’ascolto e per riordinare il turbinio verbale; qui si innestano gli interventi di Lemme, che al banco in tuta rossa con cappuccio scombina e ricombina le frasi, le rovescia, le capovolge, a ribadito sostegno di quanto spiegato dal nostro canuto scienziato.
Il teatro di Cosentino è un po’ come una jam session di jazz: i musicisti improvvisano rispondendosi l’un l’altro e le note compongono un discorso, con una sua effimera coerenza interna.
MB: È così, è esattamente così. I Rimbambimenti cominciano quando non siamo più in grado di scegliere e di decidere, quando tutto vale tutto, quando ormai non abbiamo più coscienza di chi siamo e cosa siamo, cioè che esistiamo. Ma fino ad allora Cosentino ci esorta a vivere e ad andare a teatro solo per essere più felici di quando siamo uscitɜ di casa. Il mondo, ci dice la fisica, è fatto “solo” di eventi in divenire, non di cose, eppure noi continueremo ugualmente a dare loro un nome e ad affezionarci.
ES: Se nomino le cose diventano reali, se nomino le persone le ricordo, se vedo l’Everest perché ce l’ho davanti posso affermare che esista, ma quando mi volto sarà ancora lì? Esse est percipi, diceva l’empirista Berkeley. In teatro si esiste con la finzione, quale migliore sovrapposizione di stati?
Il tempo non esiste così come lo pensiamo noi, non è lineare: passato, presente e futuro si mescolano, e così la senescenza si avvicina alla verità della fisica.
Il tempo teatrale, però, è sospeso, e forse non risponde ai princìpi di ciò che scorre fuori dalla sala. Vivo e morto, lucido e confuso, allegro e malinconico, vecchio e giovane, saggio e incosciente. Il teatro di Cosentino è fuori e dentro la scatola.
RIMBAMBIMENTI
Un Ted Talk senescente in salsa Punk
di e con Andrea Cosentino
drammaturgia sonora e musica dal vivo Lorenzo Lemme
progetto scenico Paola Villani
realizzazione pupazzo A e B
luci Raffaella Vitiello
costumi Anna Coluccia
collaborazione artistica Michela Aiello, Rita Frongia, Margherita Masè, Giulio Sonno
produzione Cranpi
Teatro Fabbricone, Prato | 1 e 4 febbraio 2024
Prossime date:
Milano – Teatro Fontana dal 22 al 25 febbraio
Roma – TeatroBasilica dal 27 ebbraio al 3 marzo
Napoli – Teatro Bellini di Napoli dal 19 al 24 marzo