GIORGIA VALERI* | La scelta di portare in scena un testo di Caryl Churchill da parte della direzione artistica del Teatro Carcano, guidata da Lella Costa e Serena Sinigaglia, è innanzitutto politica. Basti pensare che in passato la sua opera è stata portata in Italia in circuiti off e d’avanguardia – presso il Teatro I di Milano (che ha chiuso i battenti un anno fa) o presso la compagnia Bluemotion di Giorgina Pi e del collettivo Angelo Mai di Roma – comparse comunque sporadiche e centellinate.
Per inquadrare il suo teatro, occorre delineare brevemente i capisaldi della sua drammaturgia: nel ’72 esordisce a Londra con Owners, un testo che mette in dialogo alcuni proprietari di immobili e i rispettivi affittuari, prima, seppur acerba, critica strutturata al capitalismo. Nel ’79 Cloud Nine (tradotto in Settimo Cielo) le vale l’Obie Award come miglior opera dell’anno: già in questo spettacolo cominciano ad allinearsi le influenze brechtiane e le inflessioni surrealiste per la ricostruzione spietata di un’Inghilterra smembrata dal thatcherismo. Lo sbeffeggiante uso di un casting transrazziale, transgenerazionale e del cross-dressing le è congeniale per una denuncia aperta del conservatorismo del tempo. Più recentemente, nel 2009 porta in teatro 7 bambine ebree, espediente narrativo di cui si serve per sviscerare il complesso rapporto vittima-carnefice, facendo riferimento alla controversa condizione degli ebrei nella storia e nella contemporaneità. È quindi evidente come Churchill non sia un’autrice che veste panni comodi e non utilizzi mezzi toni per entrare a gamba tesa nell’attualità.
Top Girls, del 1982, fu il primo testo di Churchill portato in scena nel 1988 in Italia da Marina Bianchi, al Teatro di Porta Romana, rimasto a lungo un unicum della misconosciuta drammaturga britannica in Italia.
Nel 2024 la regista e attrice Monica Nappo e Fondazione Teatro Due di Parma hanno deciso di riprendere questo testo attraverso la traduzione originale del 1988 di Maggie Rose. A quasi quarant’anni dalla prima rappresentazione a Milano, la straordinarietà della drammaturgia di Churchill sorge direttamente dalle fratture del dibattito politico attuale: Marlene (Sara Putignano) festeggia la propria promozione a CEO di un’agenzia di collocamento con una cena d’epoca immaginaria con donne che hanno fatto la storia per aver assunto un ruolo rivoluzionario, a caro costo. L’allegro convivio procede tra fiumi di vino e pasti abbondanti serviti da un’anonima cameriera pronta a soddisfare ogni capriccio delle commensali. Le donne discutono, sparlano dei propri amanti, si prevaricano vocalmente con racconti di rapporti, concepimento di figli, condividono segreti e memorie di vite vissute in un mondo di uomini fatto per gli uomini, adottandone pian piano, inconsapevolmente, atteggiamento e linguaggio. Primo atto, scena prima.
Nella seconda scena, l’essenziale tavolo imbandito di bicchieri colorati e bottiglie, illuminato unicamente da un “groviglioso” lampadario di cristalli, viene scomposto e ricomposto dalle stesse commensali in scrivanie da ufficio disposte a ferro di cavallo. La scena reintroduce alla contemporaneità: Marlene e le sue dipendenti mettono in atto dispotici atteggiamenti tipici di chi è costretto a sacrificare l’empatia e l’umanità sull’altare del potere, in un mondo in cui quest’ultimo, prerogativa maschile, deve neutralizzare e negare il femminile per determinarsi.
Nuovamente la scenografia viene smontata e una delle scrivanie diventa il tavolo sotto il quale due bambine, Angie (Corinna Andreutti) e Kit (Martina de Santis), discutono e si azzuffano con argomentazioni confuse, accusando le vicendevoli madri di prostituzione e parlando di sesso in maniera acerba. Si scopre che Angie è nipote di Marlene, figlia della sorella Joyce. Lo spettacolo prosegue seguendo questo arco narrativo familiare: nell’ultima, potentissima scena, Marlene torna nella casa originaria dove Joyce e Angie vivono e questo ritorno è il bandolo delle tematiche affrontate fino a quel momento. Lo scontro Joyce/Marlene prende una piega sempre più “violenta”: la bravura attoriale di Sara Putignano e Valentina Banci nel costruire due trincee sempre più alte entro le quali difendere le proprie posizioni diventa tangibile.
La suddivisione della scena a metà – a destra del palco un divano verde, dove Marlene sprofonda mentre tenta la sua arringa, e a sinistra un modesto tavolino imbandito su cui Joyce si appoggia – rende visivamente immediata la cesura insanabile tra le due donne: una conservatrice, individualista e sacrificata sull’altare della carriera, l’altra disillusa e profonda avversatrice della politica thatcheriana.
Dalle atmosfere sospese e fumose del primo immaginario banchetto interepocale alle ultime, estreme battute delle due donne, lo spettacolo si struttura su tempi e ritmi diversi, talvolta serrati e talvolta distesi: lo scontro tra Marlene e Joyce rivitalizza un leggero appiattimento all’inizio del secondo atto, che perde d’energia nello scambio frettoloso tra le parti in scena. La scenografia essenziale di Barbara Bessi è oculata: la scelta di oggetti rimovibili in poche mosse e riadattabili per scene differenti permette un cambio di scene fluido e leggero, evita di spezzare il ritmo, evitando singhiozzi di buio/luce.
ll cast si passa la palla con naturalezza strabiliante, dimostrando un accurato lavoro d’affinità relazionale all’interno dei propri ruoli di scena. Spiccano per cura dei gesti, dei toni vocali e della presenza scenica Sara Putignano e Valentina Banci, aiutate da una regia che accompagna ogni singolo gesto verso il compimento strutturale della drammaturgia.
Caryl Churchill, quindi, dopo anni di isolamento culturale, torna più prepotentemente che mai a parlare d’attualità: se nell’82 rifletteva su che ruolo una donna dovesse assumere in una società che si stava plasmando sul nuovo modello capitalista e imprenditoriale, oggi chiede conto di quarant’anni di storia e di lotta femminista. Tuttavia, come suggerisce Monica Nappo, la dicotomia tra maternità e carriera, indipendenza e famiglia non è stata ancora sanata e forse questo testo tornerà ancora a far discutere per molto tempo.
TOP GIRLS
di Caryl Churchill
traduzione Maggie Rose
con Corinna Andreutti Valentina Banci, Cristina Cattellani, Laura Cleri, Paola De Crescenzo, Martina De Santis, Simona De Sarno, Monica Nappo, Sara Putignano
regia Monica Nappo
scene Barbara Bessi
costumi Daniela Ciancio
luci Luca Bronzo
produzione Fondazione Teatro Due
Teatro Carcano, Milano | 04 febbraio 2024
* PAC LAB è il progetto ideato da PAC Paneacquaculture, anche in collaborazione con docenti e università italiane, per permettere il completamento e la tutorship formativa di nuovi sguardi critici per la scena contemporanea e i linguaggi dell’arte dal vivo. Il gruppo di lavoro di Pac ne accoglie sul sito gli articoli, seguendone nel tempo la pratica della scrittura critica.