GIULIA BONGHI | Al Teatro Regio di Parma è in scena L’elisir d’amore, nota opera di Gaetano Donizetti. Composta in soli quattordici giorni, fu rappresentata il 12 maggio 1832 a Milano, riscuotendo un successo che non si è placato nel tempo. Il libretto di Felice Romani è tratto da Le philtre del contemporaneo Eugène Scribe. Narra di un ingenuo contadino, Nemorino, innamorato della sfuggente Adina, che per fargli dispetto accetta di sposare il sergente Belcore. L’infelice si affida, dunque, al “balsamico elisire” venduto dal medico ambulante Dulcamara.
L’allestimento è affidato al giovane regista Daniele Menghini che ha concentrato la sua chiave di lettura dell’opera sulla figura di Nemorino. Come indica la partitura, si tratta di un melodramma giocoso. Ciò significa che l’opera è allegra, buffa e a lieto fine, ma senza tralasciare una forte partecipazione emotiva, una vena malinconica e un elemento patetico, che troviamo nella figura del protagonista – esemplare la celebre aria Una furtiva lagrima.
Per sottolineare il distacco tra Nemorino, preso fortemente dal proprio impulso amoroso e dalle proprie emozioni, la sua amata Adina e la gente del villaggio, il regista trasforma questi ultimi in marionette, pupazzi e burattini. Nemorino rimane il solo a provare sensazioni umane; vive ardentemente la gioia e la speranza, così come la tristezza e il dolore per la paura di un amore non corrisposto.
La scena, firmata da Davide Signorini, presenta un’enorme falegnameria, nella quale lo stesso Nemorino ha intagliato il suo mondo di legno. I fantocci prendono vita e narrano la storia, muovendosi a vicenda e manipolando vere e proprie marionette, pupi e burattini – quelli della famiglia Ferrari.
In scena anche i due maestri burattinai, Daniela e Giordano Ferrari, eredi della tradizione inaugurata alla fine dell’800 da Italo Ferrari, con 33 pezzi storici della loro ricca collezione. Partendo da Casalfoschino, oggi i circa 400 pezzi sono custoditi presso il Castello dei Burattini – Museo Giordano Ferrari, all’interno dell’ex-convento di San Paolo a Parma.
Nika Campisi ha disegnato dei costumi che ben mostrano le fattezze di legno e ricalcano le vesti sei-settecentesche delle marionette. Il personaggio di Dulcamara è la chiara riproduzione di Bargnocla (che in dialetto parmigiano significa bernoccolo), carattere rappresentativo di Parma.
In scena si distinguono altre maschere come Fasolino e Colombina, ma soprattutto Pinocchio. Viene utilizzato metaforicamente: dei fantocci staccano la testa e gli arti alla povera marionetta e fanno indossare a Nemorino degli abiti identici a quelli di Pinocchio.
Questo mondo sta cercando di trasformare il suo cuore tenero in un cuore di legno, come quello della donna che ama? Nel finale il ribaltamento avviene facendo indossare ad Adina la felpa rossa del costume iniziale di Nemorino.
Nella seconda parte dell’opera appare una figura androgina, che indossa un’ampia veste blu e un copricapo con delle antenne da insetto. Una fata madrina mista a grillo parlante, un po’ inquietante. I pupazzi iniziano a praticare cannibalismo e in scena vi sono colossali mani, piedi e un cuore.
La sensazione è che, via via che l’opera procede, la situazione diventi sempre più radicale. Quasi a voler far dubitare lo spettatore che questa volta non ci sarà un lieto fine, che anche l’animo di Nemorino si stia indurendo nel cinismo e nella disillusione.
Il linguaggio scenico del teatro di figura caratterizza tutta l’opera, inserendo svariate controscene che accompagnano la narrazione. Le luci di Gianni Bertoli mettono in rilievo un luogo fosco, quasi polveroso, come se vi fosse nell’aria la polvere della segatura, ben lontano dagli ampi spazi campestri ai quali siamo abituati quando assistiamo a L’elisir d’amore.
Sesto Quatrini dirige l’Orchestra del Teatro comunale di Bologna e il Coro del Teatro Regio di Parma dosando la comicità e la mestizia che si avvicendano in partitura.
Chi scrive ha potuto assistere alla prova generale, nella quale Nemorino è stato interpretato da Galeano Salas, a causa dell’indisposizione di Francesco Meli. Nonostante il poco tempo a disposizione, ha saputo affrontare la sfida di un allestimento atipico. Nina Minasyan, nel ruolo di Adina, ha una bella voce da soprano leggero. Roberto de Candia è un sonoro e ottimo Dulcamara, anche a livello attoriale. Lodovico Filippo Ravizza, nel ruolo di Belcore, ha una voce interessante. Pure Yulia Tkachenko restituisce una piacevolissima Giannetta.
In definitiva, un allestimento affascinante, che separa il pubblico tra chi ne apprezza l’originalità e chi ha nostalgia del contesto bucolico. Concludo, dunque, con una frase presa in prestito da Leo Longanesi: «L’arte è un incidente dal quale non si esce mai illesi».
L’ELISIR D’AMORE
Melodramma giocoso in due atti su libretto di Felice Romani
Musica di Gaetano Donizetti
Adina Nina Minasyan
Nemorino Francesco Meli
Belcore Ludovico Filippo Ravizza
Il dottore Dulcamara Roberto de Candia
Giannetta Yulia Tkachenko
Orchestra del Teatro Comunale di Bologna
Maestro concertatore e direttore Sesto Quatrini
Coro del Teatro Regio di Parma
Maestro del coro Martino Faggiani
Regia Daniele Menghini
Scene Davide Signorini
Costumi Nika Campisi
Luci Gianni Bertoli
Burattini I burattini dei Ferrari
Teatro Regio di Parma | 12 marzo 2024