RENZO FRANCABANDERA | In una suggestiva e accogliente Pontremoli (MC), caratteristico borgo medievale sulla Via Francigena, incontriamo Paolo Billi, operatore teatrale e regista del Teatro del Pratello, realtà da tempo operativa in Emilia, con base a Bologna e con un particolare focus sul teatro rivolto alle popolazioni carcerarie. Da anni promotore di convegni, spettacoli e performance anche dentro gli istituti di detenzione, accompagnati da momenti di confronto, Billi è ideatore e co-direttore artistico, insieme a Federica Brunelli e Lisa Mazoni della seconda edizione di Curae Festival, primo festival in Italia dedicato a Teatro, Mediazione e Giustizia Riparativa, a Pontremoli dal 16 al 20 aprile prossimi. Lo abbiamo intervistato riguardo a questo evento dalle caratteristiche così peculiari.
Ci racconti come è nata l’idea di fare un festival così complesso che unisce Teatro, Mediazione e Giustizia Riparativa?
L’idea nasce dall’incontro di alcune importanti realtà: il Teatro del Pratello, l’Associazione Teatri Giustizia Minorile che in Italia raggruppa sei realtà che operano da anni negli IPM e mette insieme le tre realtà storiche di teatro e giustizia minorile: quella di Bologna di Milano e di Bari, i mediatori della cooperativa Dike di Milano e Adolfo Ceretti, massimo esperto di mediazione, che ha collaborato alla estensione della legge Cartabia sulla giustizia riparativa. CURAE festival nasce quindi dall’incrocio tra mondi e visioni diverse ma con terreni comuni.
Lei lavora da tantissimo tempo negli IPM: cosa dà il teatro a questi ragazzi?
Lavoro negli IPM ormai da 25 anni, ho cominciato all’IPM di Bologna, poi questa buona pratica è stata portata in Toscana, dove da 10 anni lavoro a Pontremoli, presso l’unico IPM femminile italiano, ho lavorato anche nell’IPM di Firenze. Ho sempre costruito progetti teatrali negli Istituti cercando di creare ponti tra l‘interno e l’esterno, in diversi modi: ho sempre lavorato con gruppi in cui c’erano ragazzi ristretti insieme a studenti e cittadini che entravano in Istituto per lavorare insieme a loro. Parallelamente, gli spettacoli sono sempre stati aperti alla cittadinanza in modo diverso: a Bologna per tantissimi anni una chiesa, trasformata in teatro, ha accolto fino a 15 repliche e 1.500 spettatori ogni anno. Qui a Pontremoli la situazione è completamente diversa perché alle ragazze viene data la possibilità di uscire dall’Ipm; diverso è anche il rapporto con la comunità, che nel tempo si è aperta in maniera incredibile e ha accolto tutte le iniziative che coinvolgevano le ragazze. Fare teatro con i ragazzi ristretti negli IPM permette loro di scoprire potenzialità, capacità che spesso non percepiscono, è un lavoro sulla persona, un lavoro che va a fondarsi sul rispetto, sul riconoscersi, sul cimentarsi in qualcosa di normalmente assai difficile, come avere cura di sé; la ripetizione, la precisione, la costanza, sono tutti obiettivi di carattere educativo che io perseguo attraverso la pratica teatrale. Il teatro è fatica, non è mai una esperienza solo ludica come spesso si è soliti intendere, chiaramente la pratica teatrale ha in sé la componente del piacere, ma all’interno di confini e regole.
Ci racconta qualcosa dell’edizione 2024 del Festival? Funziona il rapporto con la comunità che vi ospita?
L’edizione 24 ha una programmazione di 5 giorni rispetto ai 3 dello scorso anno e va a occupare 10 luoghi diversi di Pontremoli: dal Teatro della Rosa alla Chiesa di San Gimignano, dal Ponte della Cresa al Tribunale. Questo testimonia come il festival sia diffuso capillarmente nella città perché la comunità di Pontremoli sta accogliendo e sostenendo il festival in maniera molto puntuale e forte.
Quali eventi ci saranno? C’è un tema specifico che ispira questa edizione?
Entrando nel merito dei contenuti, dopo la prima dizione dedicata all’ascolto, questa seconda è dedicata al tema dell’altro, l’alterità, la necessità di riconoscere l’altro, di lavorare per smontare quel luogo comune che invade il nostro quotidiano in cui l’altro, ma soprattutto il plurale “gli altri” vengono sempre percepiti in maniera negativa, ostile e l’altro spesso è pericolo. È contro questo stereotipo che si cerca di lavorare.
Quindi ci sono performance e spettacoli creati appositamente per questa edizione del festival.
Sì, sono diversi gli eventi realizzati appositamente per Curae, tra questi Parole Chiave rap, musica e parole con i rapper e con alcuni ragazzi degli Ipm e ospiti in comunità, tra cui due ragazzi che a Bologna hanno partecipato al laboratorio condotto da Lo Stato Sociale. (L’evento è in collegamento streaming con i 14 IPM); Metamorfosi, il reading allestito sul greto del fiume Magra negli Orti della Città in cui vengono presentate 14 metamorfosi scritte nel corso dei laboratori di scrittura sul tema della metamorfosi; l’installazione Gesti riparativi sul Ponte della Cresa, in orario di mercato per coinvolgere i cittadini; ma anche incontri incentrati su dialoghi tra intellettuali diversi tra loro, come il sociologo Paolo Jedlowski, la teologa e monaca benedettina Teresa Forcades, il criminologo Adolfo Ceretti e la studiosa di teatro Cristina Valenti; presentazioni di libri come L’ascolto Smarrito (ed. Castelvecchi, 2024).
Fondamentale è stato anche il periodo di preparazione al Festival, vero?
Assolutamente. C’è stato un laboratorio di scrittura condotto in ben 14 su 17 IPM in Italia. Negli IPM è stata proposta una consegna sul tema dell’altro, coinvolgendo circa 10 ragazzi per ogni IPM in una serie di scritture, ricomposte poi in merito alle 14 metamorfosi, presentate all’interno del reading.
L’attività del laboratorio di scrittura è uno degli elementi fondamentali e caratterizzanti di questo festival in cui teatro, giustizia minorile, mediazione e giustizia riparativa trovano nella scrittura, oltre che nel teatro, un territorio che permette l’incontro, la riflessione su un problema così complesso come l’altro. Sarà presentato in forma di studio lo spettacolo teatrale La Ballata Dell’angelo Ferito, realizzato dalle ragazze dell’IPM di Pontremoli con un gruppo di studenti di Istituti Superiori della città: il testo è la composizione di diverse scritture realizzate sia nell’IPM sia dagli studenti e che prendono spunto dal quadro L’angelo ferito di Simberg. Altro accadimento originale, che già lo scorso anno aveva avuto una sua sperimentazione, è l’incontro in cui ragazzi in carico alla giustizia minorile e alcuni che hanno seguito percorsi di giustizia riparativa, porranno domande sul tema dell’altro agli adulti presenti, tra i quali: il criminologo Adolfo Ceretti, Eleonora Cinque, direttrice di Airola, e Claudio Ferrari, direttore dell’IPM di Milano, il magistrato Claudio Cottatellucci, a Kalim Diagne, Giuseppe Scutellà, uno dei registi dell’associazione Teatri e Giustizia minorile.
Vi aspettate un’ampia partecipazione anche quest’anno?
La presenza di operatori, educatori, direttori di IPM sarà cospicua e questo testimonia come il festival abbia raccolto l’interesse e l’adesione di tante realtà in Italia.
Alcuni eventi (PAROLE CHIAVE, DIALOGHI SULL’ALTRO, TAVOLA ROTONDA I RAGAZZI INTERROGANO su L’ALTRO potranno essere seguiti in streaming richiedendo il link via mail.
Info e iscrizioni a teatrodelpratello@gmail.com – 3331739550 www.teatrodelpratello.it
Tutti gli eventi richiedono iscrizione.