GIULIA BONGHI | Fondale nero, fumo, sedie e due elementi scenografici: la cappella e il dipinto; sono gli unici elementi che appaiono allo spettatore all’apertura del sipario del primo atto di Tosca. Si apre così, semplice ed essenziale, il nuovo allestimento firmato da Giovanni Scandella, in scena al Teatro Comunale Nouveau di Bologna.
Nessuna trasposizione temporale e nessuna astrazione. Sono rispettate le indicazioni originali da libretto, perciò la scena si svolge a Roma, nel giugno 1800. Del dramma di Victorien Sardou rimangono i grandi temi: la religione, l’arte, il sesso, il sadismo e la crudeltà. Meno interessante era invece per Giacomo Puccini il contesto storico e politico. Sullo sfondo della vittoria di Napoleone Bonaparte a Marengo risalta la travolgente storia umana dei tre protagonisti; ne sono enfatizzati il carattere, l’aspetto psicologico e le relazioni interpersonali, all’interno di una trama rapida e agevole. Tutto si svolge in spazi ben delimitati e in poche ore, solo 16. Il tempo dello spettatore quasi coincide con quello drammatico.
Nella chiesa di Sant’Andrea della Valle, Cesare Angelotti, appena evaso dalle carceri di Castel Sant’Angelo, nelle quali era detenuto per motivi politici, si rifugia nella Cappella Attavanti, appartenente alla famiglia della sorella. Al rintocco dell’Angelus compare il pittore Mario Cavaradossi, noto per le sue idee libertarie e filofrancesi e perciò sgradito al Sagrestano. Mentre è intento ad affrescare il volto di Maria Maddalena esprime la sua passione per l’amata Tosca nell’aria Recondita armonia.
Angelotti, che riconosce nel pittore un amico, lo mette al corrente della sua fuga. Compare inaspettatamente Floria Tosca, la cui gelosia cresce davanti all’evidente imbarazzo di Cavaradossi, che le cela il fuggitivo. Una volta uscita, si precipitano verso la villa che servirà da nascondiglio. Ecco il tuonare del cannone di Castel Sant’Angelo: la fuga è stata scoperta. Scarpia, capo della polizia, irrompe in chiesa insieme al suo fidato Spoletta e gli altri sbirri. Comprendono cos’è accaduto, mentre Tosca inconsapevolmente li guida alla villa, insospettita dall’assenza dell’amato. Intanto, in chiesa si apprestano i fedeli per intonare il Te Deum, mentre Scarpia rivela il suo piano: condannare Cavaradossi e possedere Tosca.
Il secondo atto si svolge nella camera di Scarpia, all’interno di Palazzo Farnese. Gli sbirri gli portano Cavaradossi, che viene interrogato ma nega di sapere dove si trovi Angelotti. Sarà Tosca a rivelare il nascondiglio dell’evaso, per far cessare le torture inflitte a Mario, del quale sente le urla strazianti. Questo si sente tradito e, giunta la notizia della vittoria di Napoleone, inneggia alla libertà. Viene così condotto immediatamente in carcere.
Scarpia offre a Tosca la vita di Cavaradossi in cambio di una notte d’amore. Ella dapprima rifiuta, ma in seguito all’annuncio del suicidio di Angelotti e dell’imminente fucilazione di Cavaradossi, cede al ricatto e chiede un salvacondotto. Nel massimo dolore Tosca canta la sua preghiera: Vissi d’arte. Scarpia le promette una finta esecuzione con armi caricate a salve e le consegna un lasciapassare per allontanarsi da Roma. Si avventa su di lei che, sulle parole «Questo è il bacio di Tosca», lo pugnala.
Nel terzo atto siamo su una piattaforma di Castel Sant’Angelo. È l’alba e si avvicina il momento dell’esecuzione. Cavaradossi ripensa ai momenti trascorsi con l’amata, intonando E lucevan le stelle. Quand’ecco che giunge Tosca, mostrandogli il lasciapassare e confessandogli l’omicidio. Lo istruisce sulla fucilazione simulata ma le armi del plotone di esecuzione si rivelano non essere a salve. Mario muore e l’assassinio di Scarpia è scoperto. A Tosca non rimane altra scelta che gettarsi dalle mura del castello, gridando l’ultima sfida «O Scarpia, avanti a Dio!», togliendosi la vita.
Le scene firmate da Manuela Gasperoni, dapprima essenziali, già sul Te Deum rivelano un fondale che immerge nell’atmosfera dorata e sacra della chiesa. Appare altrettanto ricca e sontuosa la stanza di Scarpia del secondo atto. In ultimo, dietro le mura del castello si staglia un cielo che per tutto il terzo atto scorre lentissimo, regalando una sensazione di presente immobilità e avanzamento perpetuo del tempo.
Spiccano i costumi accurati di Stefania Scaraggi e aiutano a creare il tono emotivo della vicenda le luci di Daniele Naldi.
La regia, precisa e consapevole, rivela tratti marcatamente teatrali nel primo atto per poi cedere a qualche lusinga di manierismo melodrammatico in gesti e atteggiamenti convenzionali. Funziona perfettamente nel ruolo di Scarpia Gabriele Viviani, sul quale è cucito un cattivo perverso e immoto, che irrompe nell’idillio amoroso inaspettatamente e con violenza, assecondando il suo stato d’animo. Dal canto sicuro e ben timbrato emergono autorità, ardore e sadismo nonché una presenza giusta, imponente ma equilibrata nel suo contrasto, durante il Te Deum.
Carmen Giannattasio con grande abilità drammatica tratteggia il percorso emotivo di un personaggio, Tosca, che domina l’azione. Dalle passioni espresse vivacemente ed energicamente al dolore intimo e raccolto, con un timbro caloroso e intenso. Roberto Aronica, inizialmente dalla vocalità un po’ sgraziata, convince via via che si avvicina l’epilogo, fino all’addio appassionato alla vita del pittore Cavaradossi, espresso con un fraseggio accurato e un canto ricco di nuances. Bene Christian Barone nei panni di Angelotti prima e del Carceriere poi; benissimo Paolo Maria Orecchia in quelli del Sagrestano. Funzionano Paolo Antonietti come Spoletta e Nicolò Ceriani come Sciarrone, nonché Camilla Baravelli Sabena che intona il canto romanesco di un pastorello fuori scena, uno degli esempi di rimandi alla realtà che Puccini inserisce nella partitura.
L’uso sofisticato dell’orchestra, attraverso la sperimentazione di soluzioni armoniche ardite, è stato condotto con sicurezza da Oksana Lyniv. Una lettura musicale ineffabile e coesa, una direzione efficace dell’Orchestra del Teatro Comunale di Bologna. Altrettanto generosi sono il Coro del Teatro Comunale di Bologna, diretto da Gea Garatti Ansini, e il Coro delle Voci Bianche, diretto da Alhambra Superchi.
La musica ha in quest’opera un ruolo assolutamente preminente e il percorso musicale avanza con la trama. Nel tessuto orchestrale ci accompagna il motivo di Scarpia, quasi come se scorresse, sotterraneo e occulto, un fiume torbido che infetta le gioie d’amore e di libertà. La tensione espressiva, le melodie strazianti, il colore appassionato, si accompagnano a scorrevolezza ed economia della parola.
Tosca è un manifesto di quello che sarà il futuro dell’opera lirica, proiettata verso il Verismo, verso il musikdrama.
TOSCA
Libretto di Giuseppe Giacosa e Luigi Illica
Musica di Giacomo Puccini
Floria Tosca Carmen Giannattasio (26, 28, 30/04), Valentina Boi (27/04)
Mario Cavaradossi Roberto Aronica
Il barone Scarpia Gabriele Viviani
Cesare Angelotti Christian Barone
Il Sagrestano Paolo Maria Orecchia
Spoletta Paolo Antonietti
Sciarrone Nicolò Ceriani
Carceriere Christian Barone
Un pastorello Camilla Baravelli Sabena
Orchestra del Teatro Comunale di Bologna
Direzione d’orchestra Oksana Lyniv
Coro del Teatro Comunale di Bologna
Maestro del Coro Gea Garatti Ansini
Coro delle Voci Bianche del Teatro Comunale di Bologna
Maestro del Coro di voci bianche Alhambra Superchi
Regia Giovanni Scandella
Scene Manuela Gasperoni
Costumi Stefania Scaraggi
Luci Daniele Naldi
Teatro Comunale Nouveau di Bologna | 26 aprile 2024