SOFIA BORDIERI* | È giunta al termine la quinta edizione del FIC Fest, il festival organizzato da Scenario Pubblico/Compagnia Zappalà Danza, quest’anno rinominato Catania Contemporanea/FIC Fest che ha coinvolto diverse realtà catanesi, attive nell’ambito dell’arte e della cultura, le quali hanno aderito all’intento di diffondere il calendario di eventi su più spazi della città. Oltre a Scenario Pubblico, quindi, protagonisti sono stati il Teatro Massimo Bellini con il Teatro Sangiorgi (sua costola), la Fondazione Brodbeck, Isola Catania, Palazzo Biscari e Cinema King, storico cinema d’essai della città.
Il tema del Festival è stato il valore del repertorio contemporaneo, filo rosso che ha dettato le scelte di una programmazione tutta dedicata al recupero dei repertori di alcuni tra gli artisti che hanno scritto – e continuano a farlo – le pagine della storia della danza contemporanea italiana e non. Tra quelli ospiti nell’ambito della danza, Compagnia Virgilio Sieni, la MM Contemporary Dance Company di Michele Merola, Compagnia EgriBianco Danza, Compagnia Enzo Cosimi, Alessandro Sciarroni.
Ripercorriamo l’intenso week-end conclusivo, da venerdì 10 a domenica 12 maggio.
Cominciamo da Save the last dance for me di Alessandro Sciarroni con Gianmaria Borzillo e Giovanfrancesco Giannini che, dopo aver performato la Polka chinata pochi giorni prima nella sala Nancy-Spero-Saal di Hellerau a Dresda, hanno portato uno degli objet trouvé sciarroniani più circuitati nello storico Palazzo Biscari.
Il vorticare dei due danzatori ha abitato il salone principale del palazzo barocco pavimentato da maioliche siciliane su cui si è compiuto quel rituale delicato, sfidante, empatico. La pièce pare essere un piccolo manifesto del tema del festival con il suo essere operazione di rimessa in azione di una danza del passato destinata altrimenti all’oblio. Sin dall’inizio, l’accadimento catalizza lo sguardo lucidamente ammaliato, imponendo allo spettatore una presenza attiva. Lì, in quei venti minuti, Save the last dance for me ha la potenza semplice ma efficace di farci sentire testimoni presenti.
La giornata di venerdì si è conclusa con la Serata futurista costruita dallo chef Carmelo Chiaramonte, il teatrante Gianni Salvo e il violinista Giovanni Seminerio che, insieme ai danzatori della Compagnia Zappalà Danza 2 e a due danzatori del percorso Modem Atelier hanno proposto una cena-cabaret ispirata al Manifesto Futurista di Marinetti mescolando teatro, danza e assaggi culinari stravaganti. A conclusione della giornata di sabato, invece, è andato in scena Agamennone (criminal case) uno spettacolo della Compagnia Petranuradanza di dieci anni fa, ripreso e riportato in scena con un nuovo cast.
Evento di particolare rilevanza è stato il Convegno curato da Roberto Zappalà e Stefano Tomassini, intitolato Anarchivio, che ha visto la partecipazione di artiste, artisti e addetti/e ai lavori. L’introduzione è servita da inquadramento teorico dell’argomento con citazioni al Parva aestethica di Theodor W. Adorno e al Cruising Utopia: The Then and There of Queer Futurity di José Esteban Muñoz. Sono stati velocemente messi in rassegna, inoltre, diversi casi di reenactment e di incorporazioni tra passato e presente che hanno preparato il terreno per le keywords proposte: tradizione vs passato, archiviato vs incorporare, immobilità vs azione.
A partire dall’assunto che «the past does things» (J.E. Muñoz, p.28) gli artisti al desk Enzo Cosimi, Emio Greco, Salvo Lombardo, Michele Merola e Cristina Kristal Rizzo, sono intervenuti parlando delle proprie operazioni in atto, o di quelle possibili, per recuperare il passato. Si è parlato di “repertorizzare” le ricerche presenti ma anche dei limiti imposti dai meccanismi istituzionali. La prima giornata del convegno si è conclusa con la prova aperta di Gisellə (studio) una nuova produzione della compagnia Cornelia con coreografia di Nyko Piscopo.
Nella seconda giornata che ha visto al tavolo Paolo Cantù, Giacomo Cirella, Lorenzo Conti, Silvia Fanti, Gilberto Santini, Elisa Guzzo Vaccarino e Stacz Wilhelm, si è discusso di cosa può essere definito repertorio contemporaneo e di quali opere e sedimenti, nelle carriere artistiche, sia possibile e sensato recuperare. Durante le due giornate che hanno visto la presenza di personalità di varia provenienza nazionale, tra i discorsi sui depositi di memoria sono emersi numerosi spunti di riflessione che inglobano tutte le figure coinvolte nello spettacolo dal vivo, dalla critica agli spettatori, dai programmatori agli artisti. Riflessioni che verranno coagulate in un documento, un patto di impegno a tornare ancora sulle questioni e ad agire in accordo con il fine di trovare risposte comuni.
Dopo le due restituzioni del workshop che si è svolto in concomitanza del festival – curato da Ocram Dance Movement e basato anche questo sul repertorio di Akram Khan con Joy Alpuerto Ritter, Marco Goecke con Rosario Guerra e Roberto Zappalà con Maud de la Purification – il pubblico si è spostato al Teatro Massimo Vincenzo Bellini.
Qui è andato in scena 4 Seasons (jubileum version) del coreografo brasiliano-olandese Samir Calixto, artista associato a Scenario Pubblico. Il lavoro, anch’esso concepito un decennio fa, si lega al concetto della resistenza alle stagioni umane, allo scorrere inesorabile del tempo della vita.
La coreografia, rimessa in azione e danzata dal coreografo insieme a Camilla Montesi, si è sviluppata sul proscenio prolungato sulla buca dell’orchestra coperta. Il palcoscenico è stato coabitato dal Complesso d’archi del Teatro, in scena quindi ma velato, retrostante a una parete costituita da un telo nero trasparente.
I due danzatori vestiti con una tuta semplicissima color carne, increspata a contatto con la pelle, appaiono singolarmente in una penombra cupa per poi essere illuminati da una luce calda che li rende figure dorate. Mai del tutto illuminate, le due figure si muovono tra il buio e l’oro della luce, e le loro ombre si proiettano in più momenti sul telo traslucido che li separa dall’orchestra. Come esseri in transito, in un viaggio spirituale sospeso e rarefatto, sviluppano la coreografia, prima in solitaria poi insieme, a partire da una danza che pare avere origine dalle viscere: un moto ondulatorio che, come un’ondulazione elettrica, trasmette ai corpi impulsi dinamici. L’alternarsi di immobilità, movimento andante e “più veloce di allegro” nasce da un magistrale studio fatto sul rapporto con la partitura musicale; tra consonanze e opposizioni, i corpi traducono le note degli archi tanto quanto le pause, i silenzi. Silenzi e musica sono a più riprese graffiati da urli profondi che Calixto e Montesi emettono agli apici dello sforzo fisico, come a voler coinvolgere anche quella parte profonda del corpo che è la voce.
Il desiderio di «accedere a un’energia primordiale» e l’intento di scrivere «un’ode all’implacabile senso di impermanenza della vita» sono arrivati con potenza agli sguardi e ai corpi protesi in avanti del pubblico.
A concludere le giornate festivaliere è stato il gruppo italo-nipponico Munedaiko composto dai tre fratelli Mugen, Naomitsu e Tokinari Yahiro che, nel cortile Platamone interno al Palazzo della Cultura, hanno portato in scena l’arte del Taiko, uno spettacolo di musica percussiva tradizionale giapponese alternata a brani originali. L’intenso impiego fisico dei tre musicisti ha generato un evento di impatto, anche questo inserito nel fil rouge del rapporto tra passato e presente del Catania Contemporanea/FIC Fest.
Catania Contemporanea/ FIC Fest, Catania | 3-12 maggio 2014
SAVE THE LAST DANCE FOR ME
invenzione Alessandro Sciarroni
con Gianmaria Borzillo e Giovanfrancesco Giannini
collaborazione artistica Giancarlo Stagni
musica Aurora Bauzà e Pere Jou (Telemann Rec.)
abiti Ettore Lombardi
direzione tecnica Valeria Foti
tecnico di tournée Cosimo Maggini
promozione, consiglio, sviluppo Lisa Gilardino
amministrazione, produzione esecutiva Chiara Fava
comunicazione Pierpaolo Ferlaino
produzione corpoceleste_C.C.00#, Marche Teatro Teatro di Rilevante Interesse Culturale | coproduzione: Santarcangelo Festival, B.Motion, Festival Danza Urbana
4 SEASON (JUBILEUM VERSION)
coreografia e concept Samir Calixto
danzatori Samir Calixto, Camilla Montesi
musica “Le Quattro Stagioni” di Antonio Vivaldi, eseguita dal vivo dall’Ensemble d’Archi del Teatro Massimo Bellini
violino solo Dino De Palma
costumi Jookje Zweedijk
produzione/ ripresa 2024 Scenario Pubblico Centro di Rilevante Interesse Nazionale (IT) e Matter Affects (NL) in collaborazione con Teatro Massimo Bellini | prodotto originariamente nel 2013 da Korzo Productions (NL)
* PAC LAB è il progetto ideato da PAC Paneacquaculture in collaborazione con docenti e università italiane per permettere la formazione di nuove generazioni attive nella critica dei linguaggi dell’arte dal vivo. Il gruppo di lavoro di Pac accoglie sul sito le recensioni di questi giovani scrittori seguendone la formazione e il percorso di crescita nella pratica della scrittura critica.