GIANNA VALENTI | Farsi attraversare dal tempo è per Gabriela Carrizo immettere nel lavoro coreografico la totalità dello spazio-tempo che il corpo ha assorbito nella propria incarnazione, è nutrire il lavoro con la totalità dei pensieri e delle emozioni che lo abitano a livello conscio o inconscio, ma anche con capacità visionarie di immaginazione che nascono da un tempo dedicato all’osservazione di altre umanità, di altre esistenze e di altre relazioni.
Farsi attraversare dal tempo è anche abitare uno spazio scelto, vivendolo e scuotendolo per provocare la formazione di una griglia di lavoro, una prima architettura drammaturgica su cui si radicano e scivolano relazioni, pensieri ed emozioni. È accogliere nel proprio corpo di coreografa i materiali che hanno preso spazio nel tempo del lavoro e attivare la propria intelligenza fisica per riconoscere e isolare aree di senso che Carrizo chiama e ricondisce come essenze. Momenti, movimenti o brevi accadimenti, frammenti che contengono una potenzialità di espansione che li apre a evoluzioni successive anche attraverso giustapposizioni e contraddizioni.
Farsi attraversare dal tempo è per la coreografa modificare quel flusso successivo di materiali, incidendo e plasmando i tempi dei corpi attraverso rallentamenti, accelerazioni, sospensioni, congelamenti, reiterazioni, frantumazioni, sottrazioni, ma è anche chiedere ai corpi di agire le trasformazioni temporali mentre si sciolgono, si irrigidiscono, si spezzano, rimbalzano, scivolano o fluiscono come plasma. Stati temporali, spaziali e qualitativi che, sia per chi agisce che per chi osserva, modificano la percezione dello spazio così come dello scorrere del tempo, flettendo, schiacciando, dilatando, spostando o sospendendo lo spazio-tempo.
Iniziare dunque da uno spazio che conduce e suggerisce pensieri, emozioni, azioni e relazioni e su cui radicare le prime esplorazioni, racconta Carrizo. Esplorazioni da “situazioni piccole, banali o realistiche” per incontrare “un’essenza di realismo”, per “attraversare una visione e trasformare le cose poco alla volta” così da farle diventare “irreali, fantastiche, strane”: questi due brevi video di prova con il NDT Nederlands Dans Theater per la creazione di The Missing Door nel 2013 mostrano la coreografa al lavoro su alcune esplorazioni di azioni e su successive trasformazioni dei materiali di movimento: video.1 e video.2
Arrivare a isolare un’essenza, racconta la coreografa nella video intervista alla Biennale Teatro del 2012, è saper togliere tutto ciò che disturba e non permette di dare luce e rendere visibile in scena la persona nella sua verità di presenza come pensiero in movimento, perché “il pensiero va trasposto in immagini e in movimento”: “si entra nella persona e si mostra com’è… la realtà del corpo e di quella persona.” E sempre alla Biennale due anni dopo raccontava: “Ho bisogno di tempo, per trovare i dettagli giusti sui quali soffermarmi. È come uno studio archeologico, bisogna cogliere solo alcuni particolari e svilupparli, è un’azione di pulizia.”
Lavorare per dare forma a un pensiero che si manifesta nella realtà corporea, lavorarci prima per sottrazione e poi per trasformazione attraverso variabili temporali, qualitative e spaziali è chiedere ai danzatori, agli attori, o ad artisti di altra provenienza, di accettare di immettersi con presenza e vulnerabilità nel lungo processo di lavoro, accettando anche di farsi in parte cancellare in quello a cui hanno dato forma, lasciandosi plasmare e modificare.
Farsi plasmare e modificare è farsi attraversare da dinamiche temporali e qualitative che hanno un impatto drammaturgico potente e riescono a trasferire allo spazio le qualità dei corpi, rendendolo vivo, flessuoso, sprofondabile, spostabile, rimbalzabile, slittabile, uno spazio che assume dai corpi una presenza oltre la tridimensionalità: questi brevi video del 2022 del Nederlands Dans Theater sulla produzione di Carrizo La Ruta — video.1, video.2, video.3, video4 — sono una buona apertura di sguardo sul suo lavoro sui corpi e gli spazi. La Ruta ha tra l’altro vinto lo scorso aprile il Best New Dance Production agli Olivier Awards del 2024.
Il lavoro sui corpi e sullo spazio rimanda costantemente a un invisibile non incarnato ed è questo uno degli aspetti più peculiare della sitassi di movimento di Carrizo. La sua costruzione di pensieri in movimento segna sulla scena una tensione costante e mai rilasciata verso la presenza di una materia non visibile che viaggia, si aggrappa ed emana dalla realtà fisica dei corpi.
Farsi attraversare dal tempo diventa così accogliere il tempo degli antenati, di chi sta nell’oltre, di forze come presenze spaziali percepibili e riconoscibili attraverso le modificazioni della vicina materia visibile. Questa la cifra stilistica e drammaturgica più potente del lavoro di Carrizo nella costruzione dei tracciati spaziali del movimento e il suo fare coreografia come guida di corpi in movimento che sanno modificare ambienti e spazi, dando vita al tempo della scena ma in una costante tensione verso altre dimensioni.
Nota
Benché Gabriela Carrizo sia direttrice artistica della compagnia Peeping Tom insieme a Franck Chartier, ininterrottamente dalla sua fondazione nel 2000, con questo scritto ho voluto tracciare una sua specificità coreografica di forte attenzione ai dettagli nel lavoro sui corpi dei danzatori, rintracciando le sue dirette testimonianze nelle tantissime interviste rilasciate sia in Italia che all’estero e ho voluto dare attenzione al suo lavoro didattico sulla composizione del pensiero fisico e sulla sintassi del movimento. Di questa sua specificità all’interno del lavoro di Peeping Tom, Carrizo parla anche nell’intervista di Renzo Francabandera del 2022 qui su PAC. Tra le tante altre importanti testimonianze, quella alla Biennale Teatro del 2012 e 2014, quella con i danzatori del Nederlands Dans Theater per The Missing Door nel 2013 e, sempre con la stessa compagnia, per La Ruta nel 2022. Aggiungo anche, come punto di attenzione, il suo lavoro pedagogico all’Institute of the Arts di Barcellona nel 2021.