ILENA AMBROSIO | Si diceva (qui) di Primavera dei Teatri. Un’edizione, quella di quest’anno, che ha offerto la scena a più di un debutto.
Nella giornata del primo giugno quelli di Mariano Dammacco e Serena Balivo con La morte ovvero il pranzo della domenica e di Pier Lorenzo Pisano con Totale.
Nello spazio intimo del Capannone, una scena tagliata per la larghezza da un velo. Davanti, un tavolo con una bottiglia di vetro, dei bicchieri di cui uno rovesciato, noccioline americane, un pacchetto di sigarette. È lo spazio che accoglie una donna (Serena Balivo) in nero, capello corto brizzolato, andatura incerta. La domenica vado a pranzo dai miei genitori, / tutte le domeniche, / non faccio un’assenza da un anno e otto mesi. Esordisce così la donna, dopo aver preso la sigaretta che terrà tra le dita per tutto il tempo e parla con calma, con precisione, lasciando già intuire che quell’irrinunciabile appuntamento è qualcosa di più di un semplice pranzo in famiglia.
Attraverso dieci sezioni drammaturgiche intervallate da variopinti – seppur ancora migliorabili – giochi di luce e dalle toccanti melodie di Marcello Gori, la donna racconta nei minimi dettagli lo svolgimento del rito domenicale: l’accoglienza in casa, l’arrivo della prima portata – preferibilmente un piatto tipico della rimpianta e amatissima città natale – la seconda – quasi sempre di carne / rarissimo il pesce; il fatidico e agognato momento delle patatine fritte, quello delle paste; ancora, gli “intermezzi” musicali voluti dal padre, i gesti della madre tra i fornelli. Ogni cosa, fino ai saluti finali.
Insomma, il resoconto di un momento tipico e topico delle famiglie italiane ma, lo si anticipava, non solo. La gioia e l’entusiasmo di parteciparvi, ci dice infatti la donna, non sono comuni perché i suoi genitori, pur lucidi e in salute hanno superato i novant’anni… novanta! – specifica fiera ma con la voce che un po’ trema – E sanno che il loro prossimo appuntamento / è con la morte / e così ogni loro pensiero, / ogni loro parola / e ogni loro conversazione verte sul pensiero della morte. / La domenica noi, in famiglia, a pranzo, non parliamo d’altro.
È proprio così: ogni discorso, ogni gesto, ogni ricordo o progetto di questa anziana coppia si staglia sullo sfondo della morte, dell’attesa della morte, finanche della sua certosina organizzazione: la sepoltura, il loculo, la cappella… che poi, dice la madre, basta che stiamo insieme.
Morboso? Tetro? Angosciante? Niente affatto. La parola di Mariano Dammacco, sempre soavemente sospesa tra poesia e narrazione, si affida a una tenera ironia che, catarticamente, esorcizza il più grande tabù dell’esistenza umana. Non un’espressione, non una frase scadono nel prevedibile patetismo; tutto è perfettamente coeso in un confortante equilibrio.
Dal canto suo, Serena Balivo si conferma come incarnazione perfetta di quella parola, di quella soavità e di quella ironia. Le ormai note – mai affettate o frutto di pura “cifra” – inflessioni della voce ne porgono il senso con cura e come chiedendo partecipazione a chi le ascolta. Non, tuttavia, una richiesta di aderire al dolore della morte, alla paura, alla soffocante oppressione che genera il pensiero di lei. Questo lavoro rende partecipi, piuttosto, dell’amore, precisamente quello che, sì, proprio la consapevolezza della perdita può far scaturire, nitido e potente. Di fronte a noi una donna anziana, già in lutto o forse già pronta al lutto, eppure vibrante dell’energia fanciullesca che solo il legame con i genitori può tenere viva; e nel suo racconto una coppia di genitori che, a loro volta, la accolgono e ne hanno cura come fosse ancora una bambina. Anzi, ora che la fine è vicina, più che mai.
La morte ovvero il pranzo della domenica è una costruzione, e drammaturgica e interpretativa, priva di sbavature, meticolosamente calibrata in tutte le sue sfaccettature e anche – cosa rara in un tempo di racconti di disfunzionalità e nevrosi – il ritratto di una famiglia di persone per bene, che si amano e si curano l’un l’altra. Davvero un gioiello.
Così, con l’animo ancora colmo e un po’ spossato, ci si sposta al Teatro Vittoria per il debutto del lavoro scritto e diretto da Pier Lorenzo Pisano, Totale.
Anche qui si parla di amore, ma quello di coppia e che, purtroppo, è finito. In scena Gioia Salvatori e Andrea Cosentino si presentano, in una anonima tuta nera, come una lei e un lui generici, iniziando a parlare di Mesozoico, denti da latte, del Settecento, di trilobiti. Facciamo che… ripetono di continuo: facciamo che io ero questo, che tu eri quello, che ci conoscevamo in questo modo o in quell’altro, in questa epoca o in un’altra. Fanno, insomma, ipotesi – più o meno verosimili – di come sarebbe potuta iniziare la loro storia. Poi decidono: a una festa, su un terrazzo. Via le tute nere per vestire i panni simil cartonati (ideati da Raffaella Toni) di un certo Mauro e di una certa Chiara. Da questo momento si srotolerà la pellicola – ha molto di cinematografico, questo lavoro – della loro storia: dopo la conoscenza, il primo caffè, la prima notte insieme, la prima vacanza, la convivenza, i primi litigi sino alla fine.
Tra un momento e l’altro, però, i due escono dalla storia e la osservano da fuori, dal punto di vista del senno di poi: ecco, qui abbiamo sbagliato a dire questa cosa, avremmo potuto… avremmo dovuto…
I due interpreti, dopo qualche momento di rodaggio iniziale, danno prova di una bella sintonia e restituiscono con piacevole leggerezza questa originale dinamica drammaturgica che, più che metateatrale si potrebbe definire metacognitiva e che allontana il testo dal rischio di svilupparsi come semplice racconto di una storia d’amore finita. Pisano lo scansa con abilità, costruendo un dispositivo testuale ironico, capace di divertire ma anche di alimentare una riflessione puntuale e non banale sui meccanismi che sottendono alle relazioni.
Questo dispositivo che procede per fasi e stagioni – visibili anche dai piccoli accessori aggiunti ai costumi – ricade sulla scena grazie alla intelligente costruzione di Rosita Vallefuoco: due grandi tende ai lati dello “spazio metacognitivo” centrale e che, spostate dagli stessi interpreti a più riprese verso il fondale, svelano di volta in volta nuovi oggetti, anch’essi dall’aspetto cartonato come i costumi: il tavolino del bar del primo caffè, poi il letto dell’abitazione di lei, la cucina della colazione; poi i mobili della casa in comune e così via.
Pezzo dopo pezzo si costruisce la scena così come si costruisce una storia, anch’essa fatta di oggetti, cianfrusaglie che si spostano, si conservano o si gettano via, che sembrano insignificanti, banali cosucce quotidiane ma che, invece, solo alla fine si rivelano essere quelle cose che raccontano l’amore che è stato: i biglietti dei concerti visti insieme, il ticket di un pedaggio autostradale per incontrarsi, un caricabatterie d’emergenza per telefonarsi dopo un litigio, l’abbonamento condiviso di Netflix… Insomma le cose che, alla fine, fanno il totale di una storia.
Anche questo un testo ben costruito e che, tuttavia, mostra ancora una certa dose di incertezza nel ritmo della trasposizione scenica. Un aspetto che andrà certamente a migliorare nel corso delle repliche e dell’intensificarsi della familiarità tra i due interpreti e tra loro e la articolata materialità della scena.
Due belle prime che confermano la generale sensazione di aver partecipato a un’edizione curatissima di Primavera dei Teatri, variegata nella proposta artistica e contraddistinta da una speciale apertura alla scena contemporanea ma anche al pubblico e che desidera fruirla.
Ua bellissima due giorni.
LA MORTE OVVERO IL PRANZO DELLA DOMENICA
compagnia Diaghilev – Dammacco/Balivo
uno spettacolo con Serena Balivo
ideazione, drammaturgia, regia Mariano Dammacco
musiche originali Marcello Gori
tecnico Erica Galante
ufficio stampa Maddalena Peluso
produzione Compagnia Diaghilev
con il sostegno di Spazio Franco (Palermo) | Casa della Cultura Italo Calvino (Calderara di Reno)
TOTALE
drammaturgia e regia Pier Lorenzo Pisano
con Gioia Salvatori, Andrea Cosentino
luci Raffaella Vitiello
scene Rosita Vallefuoco
musiche originali Francesco Leineri
costumi Raffaella Toni
aiuto regia Valeria Patota
ufficio stampa Linee Relations
produzione Cranpi
con il contributo di MiC – Ministero della Cultura
in collaborazione con Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa
con il sostegno di Teatro Biblioteca Quarticciolo | Gruppo della Creta
Foto di Angelo Maggio