OLINDO RAMPIN | «Asini di tutti i Paesi, unitevi!» La citazione, a un certo punto di asses.masses, dell’irrealizzata invocazione marx-engelsiana ai lavoratori, si presta a una duplice arguta interpretazione, come l’intera operazione degli autori, Patrick Blenkarn e Milton Lim, due giovani sviluppatori e artisti concettuali canadesi, che hanno concepito un video-game progettandolo specificamente per far giocare nello spazio teatrale il pubblico dal vivo, uno spettatore per volta.

L’impronta umoristica di asses.masses è già nel titolo polisenso, in cui l’omofonia dell’originale è impercettibile nell’italiano asini.masse, ma anche nel secondo significato possibile, culi.masse, tanto più che sul gadget a forma di asinello pixellato è scandito un esplicito «get your ass to the theatre». Volendo è possibile anche un blasfemo culi.messe, dato che mass in inglese è anche la Messa come cerimonia religiosa. Il fatto curioso è che asses.masses è un “binge-gaming”, una di quelle pratiche che sollevano retorici e retrivi allarmi nei media perché sempre più diffuse tra i giovani nella fascia 18-25. Solo che questa scorpacciata di videogiochi che dura più di sette ore mette in scena, con una trama più complessa dell’Odissea, un’avanguardia rivoluzionaria di asini disoccupati che rivuole indietro il posto di lavoro, sottrattogli dalla diffusione delle macchine. Bene ha fatto quindi il Festival Inteatro diretto da Velia Papa a non derogare al suo pluridecennale coraggio aprendo il programma della stimolante edizione 45, Umano non umano, con questo progetto atipico firmato a più mani da un team internazionale di giovani artisti, coordinato dai due canadesi e già presentato in vari Paesi del mondo, prima di approdare al Ridotto del Teatro delle Muse di Ancona in esclusiva europea.

ph Giulia Di Vitantonio

Sotto il travestimento da gustoso entertainment, da mero fun emblematico della faccia sorridente che ha assunto il Leviatano nell’era globale, questa tecno-abbuffata intervallata da molti break con cibo e bevande corroboranti – parti integranti del contratto con gli spettatori-giocatori – è in realtà un post-romanzo tecno-politico-filosofico a più strati, un ingegnoso rompicapo in cui già il primo livello di fruizione è degno di riflessione. Basta un primo sguardo alla platea per chiarire subito che questo game da condividere a teatro attira un pubblico molto più giovane del consueto, trasformandolo di ora in ora in una divertita assemblea di animosi affiliati in perpetuo dialogo tra loro; una comunità di affiatati e solidali giocatori che reinterpreta e ridefinisce, come momento di vita collettiva e pubblica, quel che solitamente avviene tra amici dentro le private stanze di un appartamento.

Lo spettacolo si sdoppia, o meglio raddoppia, perché avviene sincronicamente sui due fronti dello spazio teatrale: sullo schermo dove viene proiettato il game e in platea, tra gli spettatori che muovono continuamente occhi e bocche dal videogioco agli altri spettatori e al controller posto sotto il proscenio, dove i “brave players” che si avvicendano al ponte di comando devono anche leggere le parti del copione, improvvisandosi così attori e interpreti partecipi delle sorti asinine, mentre il pubblico si trasforma in un inedito e rumoroso corteo di suggeritori, incitatori, motivatori (in Italia più loquaci che altrove, ci dice in una pausa l’affabilissimo Blenkarn).

ph Francisco Castro Pizzo

È vero che i personaggi di questa avvincente tecno-epopea non sono umani, ma è immediato il ricordo della grande allegoria orwelliana, anche se la Animal Farm è qui popolata interamente da quindici adorabili asini ed è dominata da un design e da un’estetica contemporanea debitrici di celebri videogiochi come Pokemon e Final Fantasy. Del resto è da tempo urgente una rifondazione meno crudelmente antropocentrica del rapporto tra i viventi, umani e non umani, e asses.masses, sotto il velo ludico, pare alludervi; tanto più che in ognuno dei loro tour puntano a sponsorizzare per conto di donatori e partner produttivi un asino del Donkey Sanctuary of Canada, un rifugio in cui sono accuditi asini abbandonati e maltrattati. Gli orecchiuti eroi quadrupedi di questa saga, Slow Ass, Smart Ass, Sad Ass, Nice Ass, Lazy Ass e gli altri Asses loro Compagni, vivono mille avventure per superare le violenze, gli imbrogli, gli inganni della società post-industriale, che vede in loro solo una merce da sfruttare. I colpi di scena, i tradimenti, gli amori, le delusioni, il sesso, la violenza, l’assassinio, le vittorie, si succedono in un avvincente epos in cui gli episodi 2D si alternano con paesaggi e scenari 3D di ispirazione fantastica, tra montagne e radure, immersi in un ambiente sonoro ben calibrato, in cui assoli suadenti di chitarra elettrica si intrecciano a fasi di concitazione ad alto tasso emotivo.

L’operazione, agli inguaribili ottimisti che siamo, può sembrare la riedizione moderna dell’antico stratagemma con cui gli autori di poemi epici dei secoli passati abbellivano la medicina amara ma istruttiva della verità, condendo il vero in molli versi. Non sorprende che Blenkarn e Lim si autodescrivano come artisti che «esplorano domande sul valore sociale dell’arte, sul potenziale politico dei videogiochi», mescolando le loro formazioni filosofiche e psicologiche con quella performativa nei media digitali. Come dire: attenzione, non sono solo videogiochi. D’altronde i due artisti mettono in rassegna stampa una apocrifa boutade firmata Karl Marx che definisce lo spettacolo «the most radical rupture with traditional [theatrical] property relations».
Ma sotto lo scherzo goliardico lo spettacolo reinterpreta e attualizza l’intuizione marxista che individua nel progresso tecnologico un fenomeno di trasformazione incessante del capitalismo, che ha sempre conseguenze negative su chi non possiede nient’altro che la propria forza lavoro. Lungi dall’essere luddisti – cosa improbabile per due sviluppatori – Blenkarn e Lim sono tuttavia due tecno-socio-filosofi desiderosi di porsi domande critiche sulla tecnologia, sulla tecnofobia, sulla nostalgia per l’era premoderna, sulla mutazione cognitiva e delle relazioni interpersonali implicate dall’era digitale.

 

asses.masses

co-regia, testo, programmazione, pixel art, animazione 2D Patrick Blenkarn
co-regia, testo, sound design, video, effetti visivi 3D Milton Lim
drammaturgia, testo, produttore di tournée Laurel Green
musica originale, sound design, implementazione audio David Mesiha
pixel art, animazione, traduzione portoghese Clarissa Picolo
pixel art, animazione William Roth
ambienti 3D Ariadne Sage
programmazione aggiuntiva Samuel Reinhart
traduzione italiana Julius De Michelis

esclusiva europea
v.m. di 14 anni

Ridotto del Teatro delle Muse, Ancona | 18 giugno 2024