RENZO FRANCABANDERA | Chi a teatro ha visto qualche spettacolo che portava in scena un testo di Ionesco, sono sicuro ne ricordi bene la sensazione, se possibile ancora più estrema, feroce, distillata rispetto alle testualità beckettiane, pur prive di un filo drammaturgico robusto e che abbia dentro di sé davvero un inizio e una fine. Lo spettatore viene catapultato in un ambito di pressoché totale inappagamento del proprio bisogno di svago, inteso in senso letterale: in effetti non si è davanti a testi incomprensibili di per sé, di solito, anzi.
Il tema è che, pur nella facilità di comprensione delle battute, a volte anche di testi dal contenuto poetico povero, la reiterazione delle frasi, l’assillante incaponimento con cui i protagonisti si confrontano tra di loro su temi banali, il non incedere della vicenda in nessuna realistica direzione in ragione della quale da un’azione ne discenda un’altra, lo spettatore arriva al cospetto del grande mostro dell’era contemporanea: la noia.
È anche quello che fa, nello spettacolo Signal to noise, lo storico gruppo teatrale inglese Forced Entertainment. Si tratta di una delle compagnie centrali nelle poetiche del teatro postdrammatico, che da sempre lavora su esperienze sceniche sperimentali, in un rapporto sfidante e spiazzante con lo spettatore, mai coccolato nel suo bisogno di tranquillità, ma sempre portato in una posizione scomoda. Quest’anno Forced Entertainment festeggia un record straordinario: i sei artisti che compongono il nucleo storico (Tim Etchells (direttore artistico), Robin Arthur, Richard Lowdon (designer), Claire Marshall, Cathy Naden, Terry O’Connor) portano infatti avanti la loro collaborazione da 40 anni.

Per festeggiare questo anniversario, la compagnia ha deciso di realizzare un progetto online fatto di immagini, registrazioni video integrali degli spettacoli, riflessioni e materiali di repertorio, presentate in tour in Regno Unito e nei maggiori festival internazionali: si tratta di FE Recall, di cui forniamo qui il link per permettere a tutti gli appassionati di approfondire questo straordinario percorso che dura dal 1984. Considerano il teatro come qualcosa di vivo, che genera energia capace di interpretare il mondo contemporaneo, stimolando, sfidando, intrattenendo altre persone e oltre a opere performative, Forced Entertainment ha realizzato installazioni site-specific, libri, collaborazioni fotografiche, video, tutte con un forte legame tra forma e contenuto.
Qui a Polverigi, ospiti straordinari dell’edizione 2024 dello storico festival Inteatro con la direzione artistica di Velia Papa, ci accolgono al Teatro della Luna mostrando già ai bordi del palcoscenico quattro appendiabiti pieni zeppi di costumi di ogni foggia e colore. Ci sono anche moltissimi oggetti che entreranno nello spazio scenico: piccoli, di uso quotidiano o comune, come piante da arredamento, tavolini, sedie, sdraio, scale da operaio, bottiglie di vino, per non parlare di una serie pressoché infinita di parrucche. Combinando in maniera permutante le parrucche e gli abiti, gli attori, nell’ora e venti di recita circa, daranno vita a un numero impressionante di figure che popoleranno lo spazio a cui lo spettatore volge lo sguardo.
Il fondale è in legno ruvido chiaro, come se fossero delle quinte girate, mentre in alto, il disegno luci crea, come tutti gli oggetti finti che vengono usati dagli attori, un’atmosfera da sit-com, da finzione, sorretta anche da finti applausi o intermezzi sonori che esasperano la sensazione di rappresentazione.
In realtà non c’è nessuna vicenda a cui viene dato corpo. Nessuna narrazione. La prima sequenza, che è semplicemente il loro entrare in scena e chiedere se il microfono funzioni, prende di fatto dieci minuti, con ciascuno di loro che, accedendo da fondo palco, entra e inizia a ripetere queste battute, mentre inizia a dedicarsi a frenetiche attività di spostamento oggetti. Si capisce subito che qualcosa non torna, le voci sono un po’ strane come anche i movimenti, iper frenetici, con cui gli attori si accingono alle più svariate faccende in modo instancabile.

Sembra di essere dentro un formicaio in cui non c’è mai requie: tutto avviene in sequenza, senza che ci sia respiro. Guardiamo quindi prendere e portar via, nel giro di pochi secondi, una pianta o qualche altro insignificante oggetto, oppure qualcuno accingersi a fare delle pulizie, ovvero a stendere e riarrotolare un tappetino, a portare in proscenio una sedia a sdraio; a montare su una scala, a sedere su un divanetto: azioni nella sostanza banali ma tutte svolte con una frenesia totale, mentre le battute di tono assurdo e ripetuto continuano a circolare di bocca in bocca fino a quando gli uni iniziano a parlare con la voce degli altri; dal che si capisce che fino a quel momento hanno semplicemente mosso in modo perfetto le labbra, ma recitando a conti fatti in playback.

Questa cosa continuerà per tutta l’ora successiva, con loro bravissimi a recitare in una modalità fisicamente sfiancante, per via del numero di azioni a cui si dà luogo sul palco e di questo mimo labiale sincrono.
Sono interpreti esperti, attori storici della compagnia, dall’anagrafe scenica importante. Sanno quindi come mantenere lo sguardo dello spettatore pur nel delirio verbale, anche se qui l’idea è proprio quella di esasperare, di portare lo sguardo allo sfinimento dentro il turbinare insensato, senza capo né coda, come la vita dell’uomo contemporaneo, preso da una inarrestabile frenesia senza senso. Il modulo spettacolare non fa che ripetere la sequenza originale, mentre la voce off si inciampa e il bug informatico fa la sua comparsa. Siamo nell’era delle macchine, e la vita umana perde di senso.
Si esce provati. Alcuni registrano il loro fastidio. Non c’è più spazio per la noia. Tutto deve durare poco, come lo scroll sul cellulare. La pazienza è arma che l’umano non ha più. Per questo non ci potremo salvare.

Sulla corda del nonsense, dell’azione turbinante e legata al movimento è anche Hammamturgia proposta negli spazi del cortile di Villa Nappi, e creazione di Societat Doctor Alonso, diretta da Tomas Aragay (regista e drammaturgo teatrale) e Sofia Asencio (danzatrice e coreografa): una poetica, la loro, che ha trovato uno dei suoi elementi chiave nel concetto di movimento, ponendo qualsiasi cosa al di fuori del luogo di originaria appartenenza, per vedere come questo movimento modifichi il linguaggio sia rispetto alla sua grammatica costitutiva sia rispetto alla lettura fatta da un osservatore. Volano buste e teloni di plastica, che avvolgono gli interpreti, presi anche loro in un turbine di gesti e azioni.

Secondo gli artisti l’hammamturgia è l’altra parte della drammaturgia. Se la drammaturgia è l’azione di creare, comporre e rappresentare un’opera, l’hammamturgia allude alle condizioni ambientali capaci di generare la trasformazione della forma/opera, spesse volte invisibile agli occhi. È quello che succede quando portano in scena un cavalletto con tela che però è sonorizzata, e ogni gesto del pittore diventa suono, e il suono diventa movimento degli altri. Insomma, un modo per farci vedere e sentire l’aria che si muove, il suono che si genera, quello che c’è ma non si vede e non si sente di solito.

Alcune idee funzionano e risultano più leggibili di altre, e anche in questo caso lo spettatore è a confronto proprio con l’altro lato della luna, quello oscuro, che non può aggrapparsi alla tranquillità della drammaturgia. È il bello della hammamturgia, bellezza! Ma in fondo, noi della realtà fenomenica di questa parte dell’universo, che cosa conosciamo? Niente. Anche se crediamo di sapere tutto. E ci infastidisce essere messi al cospetto di qualcosa che non abbia già la strada segnata, che non assomigli a ciò che già conosciamo. Che noiosi siamo anche noi, da questa parte del palcoscenico!

 

SIGNAL TO NOISE

regia Tim Etchells
ideato e interpretato da Robin Arthur, Seke Chimuten- gwende, Richard Lowdon, Claire Marshall, Cathy Naden e Terry O’Connor
drammaturgia Tyrone Huggins
disegno luci Nigel Edwards
testo Tim Etchells
musica e suono Tim Etchells
design Richard Lowdon
direzione di produzione Jim Harrison
responsabile tecnico della tournée Alex Fernandes
produzione Forced Entertainment

 

HAMMAMTURGIA

di Societat doctor Alonso
drammaturgia Tomàs Aragay e Sofia Asencio
direzione scenica Tomàs Aragay
creazione e interpretazione Sofia Asencio, Beatriz Lobo, Ana Cortés, Kidows Kim
consulenza per lo spazio scenico Cube.bz e Serrucho disegno luci Cube.bz
spazio sonoro Maties Palau
design e realizzazione costumi Jorge Dutor
macchinista Celina Chavat
comunicazione Sofia Asencio
distribuzione Alessandra Simeoni
produzione esecutiva Imma Bové
con la coproduzione di Le Grütli, Centre de production et de difusión des Arts Vivants, Teatre Nacional de Catalunya, La Mutant, espai d’Arts Vives, Auditorio de Tenerife, Azkunazentroa in collaborazione con ICEC, Institut Català de les Empreses Culturals, INAEM, Instituto Nacional de las Artes Escénicas y de la Música
con il sostegno di Institut Ramon Llull

Inteatro Festival, Ancona | 20-21 giugno 2024