MARIA FRANCESCA SACCO * | Nella vita, quello che si va cercando, spesso, è la magia. Si ha la fantasticheria di volerla scovare ovunque, talvolta disperatamente, come se avessimo ben chiaro che le risposte che andiamo setacciando siano custodite in certi luoghi segreti, da stanare con scrupolosità e accuratezza.
Il teatro è uno di quegli spazi dove il magico semplicemente accade e lo spettacolo La Tempesta di Carlo Colla & Figli ne è la prova da oltre dieci anni: un sogno collettivo che per 120 minuti è in grado di disinnescare cervelli saturi e menti appesantite e risucchiare la platea in una dimensione nuova, magica, appunto. Se si aggiunge che la versione della Tempesta di Shakespeare portata in scena è quella tradotta da Eduardo De Filippo e che la sua voce indimenticabile risuona sul palco registrata, allora l’effetto ammaliante risulterà innegabile.
La nota vicenda rappresentata si svolge su un’isola in cui approdano Prospero, duca di Milano e mago, e la figlia Miranda. Prospero, spodestato dal fratello Antonio, traditore alleatosi con il re di Napoli Alonso, è ardente di vendetta e crea una tempesta terribile che fa arrivare all’isola Antonio, Alonso e suo figlio Ferdinando, insieme ad altri personaggi di corte. Qui vi è anche Calibano, figlio della strega Sicorace e reso schiavo da Prospero per aver tentato di violentare Miranda (nel frattempo promessa sposa a Ferdinando).


Un carosello di personaggi che solo Shakespeare poteva «accocchiare» così e ai quali Colla & Figli danno letteralmente la vita con le loro accurate marionette, seguendo gli schizzi di De Filippo stesso. Ariele, ad esempio, non è il folletto dell’aria shakespeariano, ma viene rappresentato come uno scugnizzo discolo con tanto di coppola in testa (i costumi di Eugenio Monti Colla). Oppure Calibano che qui appare come un gigante rozzo, sozzo e «scostumato» ma con degli aspetti comici che lo rendono persino simpatico, come nel momento canoro degno di quell’atmosfera «napulella» che De Filippo voleva ricreare (musiche di Antonio Sinagra). I personaggi hanno l’anima napoletana, basti pensare a quando Prospero e Ariele allestiscono un teatrino di marionette per Ferdinando e Miranda promessi sposi: ricreano un momento di teatro nel teatro in cui vengono inserite le maschere della commedia dell’arte, come Zanni e Sfessania, insieme alle tarantelle.


Il richiamo a Napoli più esplicito sta però nella scelta linguistica attuata da De Filippo: il napoletano, appunto, in grado di accompagnare con la sua musicalità seducente quel mondo favoloso. Colla & Figli adoperano con coraggio la registrazione del Maestro allora ottantaquattrenne, in cui egli interpreta tutti i personaggi eccetto quello di Miranda (Imma Piro). Una scelta che li obbliga a seguire il ritmo della recitazione registrata fatta di pause e cadenze che caratterizzano De Filippo e ne rendono l’interpretazione riconoscibile e musicalmente gradevole.
Anche la scenografia è studiata in modo da essere adeguata a questa atmosfera sognante e partenopea: il boccascena rappresenta infatti una città, forse Napoli, con dietro una grotta coloratissima e cangiante, viola, lilla, marrone dove si introducono i personaggi (le scenografie e le luci di Franco Citterio). Si alternano scene di vegetazione amene e antri più scuri, l’unico elemento che ricorda il bardo è la scritta: «siamo fatti della stessa stoffa dei sogni»: e anziché sostanza, appare la parola stoffa a ricordare la materialità delle marionette e degli effetti scenici (ad esempio durante la tempesta).
Del resto, l’impossibilità di adoperate la mimica facciale porta a cercare l’espressività altrove, come nei movimenti che assumono una valenza quasi allegorica e la tecnica, l’abilità del marionettista si unisce alla forgia degli abiti e dei materiali usati. Infatti la compagnia Colla & figli vanta più di un secolo di storia e tradizione. Grazie all’ultimo esponente, Eugenio Monti Colla, nel 1984 è nata l‘Associazione Grupporiani che dà modo ai giovani marionettisti di esplorare il teatro di figura con laboratori artigiani per la creazione e manutenzione della tradizione marionettistica e i nuovi spettacoli. Tra quelli da ricordare, il Macbeth del 2007, in coproduzione con il Chicago Shakespeare Theater, presentato a Chicago e al New Victory Theater di New York.


Nella Tempesta, benché la fonte originaria sia Shakespeare, il vero riferimento è Eduardo che intende rievocare la bellezza della favola e rappresentare un mondo incantato e folcloristico che pulsa come solo Napulè può fare e dove tutto, benché nel dramma, conserva uno sguardo fatato. Sotto gli occhi dello spettatore è come se un libro illustrato prendesse vita.
La magia non si perde nemmeno quando nel finale è svelato il trucco dello spettacolo: sul ponte di manovra appaiono i marionettisti intenti a gestire quei personaggi e a dare loro la vita attraverso i fili. Il sipario si chiude proprio sulla marionetta di Eduardo che entra in scena a prendersi gli applausi.
La magia è finita, ma solo per il momento.


LA TEMPESTA
di Shakespeare
tradotta e interpretata da Eduardo De Filippo

musica Antonio Sinagra
scene e Luci Franco Citterio
costumi Eugenio Monti Colla, realizzati dalla sartoria dell’Associazione Grupporiani
i marionettisti Franco Citterio, Maria Grazia Citterio, Piero Corbella, Camillo Cosulich, Debora Coviello, Carlo Decio, Cecilia Di Marco, Michela Mantegazza, Tiziano Marcolegio, Pietro Monti, Giovanni Schiavolin, Paolo Sette
registrazione musicale Gianfranco Cabiddu
voce di Miranda Imma Piro
canzoni interpretate da Antonio Murro
direzione tecnica Tiziano Marcolegio
regia Eugenio Monti Colla
produzione ASSOCIAZIONE GRUPPORIANI – Milano

Piccolo Teatro Grassi | 23 giugno 2024

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