MATTEO BRIGHENTI | Definire è dichiarare un limite. Dividere caratteri, distinguere esperienze, determinare confini. Si stabilisce una regola: da un lato ciò che è comune, normale, naturale e, dall’altro, ciò che è anomalo, diverso, innaturale.
Così, è accettato che per vedere servono gli occhi. E, ugualmente, per sentire servono le orecchie. Se pensi di poter (far) “sentire” con gli occhi, significa che la regola per te non vale. Perché definisce, appunto, un mondo che non è il tuo.
Quel mondo, allora, te lo ricostruisci come vuoi. E non ti fermi a quello che puoi o non puoi fare. Lo ri-definisci comunque: trovi una sua nuova definizione, che parli la tua stessa lingua. Proprio come fa Monumentum DA di Cristina Kristal Rizzo e Diana Anselmo.

L’esterno del Castello Pasquini di Castiglioncello allestito quest’anno come una Pop Agorà. Foto di Dorin Mihai

È il primo spettacolo che ho visto nel primo fine settimana (29 – 30 giugno) di Inequilibrio Festival di Fondazione Armunia, giunto quest’anno alla ventisettesima edizione, la seconda con la direzione unica di Angela Fumarola. Mi è rimasto così impresso nello sguardo e nell’animo, che mi ha spinto a ricercare e a riportarvi questo dai tanti teatri tra Castiglioncello, Rosignano Marittimo e la Costa degli Etruschi (Livorno): la capacità di ridefinire il mondo. Sia nella parola del silenzio, come Chamber Music di Habillé d’Eau e CRE_PA di Sara Sguotti e Arianna Ulian, sia nel silenzio della parola, come Giulietta e Romeo di Roberto Latini. Una pratica di reimmaginazione della realtà che non ha paura di ritenere possibile l’impossibile e che sta alla base, peraltro, della traiettoria artistica del festival di quest’anno.

“Monumentum” è latino e sta per “memoria”, ma anche per “testimonianza”. DA sono le iniziali di Diana Anselmo. Monumentum DA è la testimonianza della singolarità di Anselmo. Performer sordǝ bilingue in italiano e LIS e attivista/co-founder dell’associazione Al.Di.Qua.Artists porta quindi in scena la memoria di quanto tutto accada e cominci con il corpo, dal corpo e nel corpo. Per una persona sorda, ma anche per tutte le altre.
Il suono è una vibrazione, un’onda. Ha una forma. Per questo, può essere restituito danzando. La musica qui è nei movimenti, prima ancora che nelle registrazioni in audio, mentre sul fondo scorrono frasi come “io sono qui, non c’è nulla da dire” oppure “non ho nulla da dire e lo sto dicendo, questa è la poesia che mi serve” (il testo è a cura di Rizzo e Anselmo stessɜ insieme a Laura Pante su scritture di Yvonne Rainer, John Cage, Simone Weil, Ilya Kaminsky e CKR).

“Monumentum DA” di e con Cristina Kristal Rizzo, Diana Anselmo. Foto di Dorin Mihai

Due sono i piani: la danza e la parola. Tenuti insieme dal gesto, dalla presenza sulla scena del Teatro Solvay di Rosignano Solvay. È la chiave che ci permette di entrare nella testa di chi non è udente come noi e di cercare di abitarla, di provare, anche solo per un attimo, a “vedere” come non sentono le sue orecchie e come, di conseguenza, ci si sente. Del resto, sostiene Diana Anselmo nel momento intervista con Cristina Kristal Rizzo, c’è stato un tempo in cui non avevamo sviluppato le corde vocali, e per parlare usavamo le mani. Prova ne sono le pitture rupestri.
Allora, l’uso in scena della lingua dei segni fa di Monumentum DA una creazione di lingua viva, una partitura corporea che non parla di margini, ma di nuove possibilità, che riconnettono memoria, politica e storia. Accessibile a tuttɜ per davvero, è la dimostrazione che il silenzio che conosciamo è «un’invenzione deglɜ udentɜ». Il silenzio vero è l’assenza del corpo, quel corpo in grado di tradurre l’inaudito nella realtà concreta di gambe, testa e cuore.

Il corpo suona e si fa racconto nel silenzio anche in Chamber Music di Habillé d’Eau, il progetto di ricerca performativa fondato nel 2002 da Silvia Rampelli e di cui fanno parte Alessandra Cristiani, Eleonora Chiocchini, Valerio Sirna e, nel tempo, Gianni Staropoli. La “musica da camera” richiamata nel titolo, infatti, segnala un’indicazione puramente compositiva: la ridotta dimensione dell’ensemble e il ruolo delǝ singolǝ danzatorǝ, al pari di uno strumento, sempre individuale. È raro che due diversɜ procedano insieme, eccetto il momento in cui l’unǝ lascia lo spazio nella disponibilità dell’altrǝ.
Con il pubblico al buio e la scena illuminata dalla luce naturale che proviene da due bifore, poi ridotte a una sola, assistiamo a tre dialoghi muti nella Sala del Ricamo del Castello Pasquini di Castiglioncello, raccoglimenti per preparazioni solitarie davanti a specchi invisibili, concepite inizialmente come episodio unico per Buffalo 2022.
Sirna inizia steso come una statua a cui manchi il basamento, come un prete il giorno dell’ordinazione, contro un treno che fischia il suo passaggio dalla vicina stazione, poco al di là delle mura del castello. Si alza in piedi per scatti, per lampi, per pensieri che lo portano via, lo portano alla finestra, lo mettono nell’angolo. Ci invita a restare dentro, ma a guardare, ogni tanto, anche fuori.
È un passo agitato come un sonno senza riposo, che Chiocchini raccoglie e rilancia disegnando trame con i suoi capelli sugli occhi. Pare di spalle, pur stando di fronte, e si orienta seguendo le fughe del pavimento in cotto.
Finché il nudo lucente di Cristiani non sprigiona la sua straordinaria potenza trasfigurativa. Ci guarda e sta nel sentire lo spazio con il corpo. Si avvita, si contorce, si distorce. È un corpo che custodisce e, a un tempo, trascende sé stesso, nell’instabilità di un oltre mai conquistato una volta per tutte.

La semplice forza dell’esserci è il cammino di Sara Sguotti e Arianna Ulian nell’ambiente sonoro composto per loro da Spartaco Cortesi. CRE_PA è la scomposizione della forma nel costante incontro di sguardi e movimenti. Un montaggio di gesti, suoni e parole che interpretano la crepa come cedimento, ma anche resistenza, come ferita eppure varco per due presenze che si accostano, differenti, ma fatte della stessa sostanza della volontà. Ognuna sostenendo e attraversando l’ampiezza e la consistenza possibili del proprio corpo: la coreografa e danzatrice Sguotti, come lo scrittore e performer Ulian (suoi i testi), dancer con Parkinson di Dance Well – Movement Research for Parkinson, il progetto vincitore del Premio Rete Critica 2023.

Sara Sguotti e Arianna Ulian in CRE_PA. Foto di Dorin Mihai

Si inseguono, si sfiorano, si compenetrano, eseguendo lungo un corridoio del Castello Pasquini una promenade di piccoli tocchi. Paiono dire e dirsi: “io ci sono per te”, “io non ti lascio andare, perché ovunque tu andrai io andrò, ovunque tu sarai, io sarò”. È un essere o, meglio, uno stare nel divenire, senza mai perdere il contatto.
Si scambiano continuamente un’accoglienza che passa dalla porta del respiro, una gioia controllata dall’attenzione. Alla fine del percorso, dalla parte opposta dell’inizio, e dunque dall’altra parte in tutti i sensi, Sara Sguotti prende in braccio Arianna Ulian. La culla, la accompagna, la depone, la salva – e si salva. «Per avere luce – scrive la poeta Chandra Livia Candiani ne La bambina pugile ovvero La precisione dell’amore – bisogna farsi crepa, / spaccarsi, / sminuzzarsi, / offrire».

Offrirsi alla pienezza dell’essere due è la misura a cui si vota Giulietta e Romeo di Roberto Latini, anche interprete con Federica Carra. Due, il primo numero che apre all’altrǝ, due come le mani che pregano e le labbra che ne esaudiscono la preghiera. Due come l’amore che si fa. Due è insieme. E qui, sul palco del Teatro Nardini di Rosignano Marittimo, ci sono solo Romeo e Giulietta. Non c’è nessun altrǝ del dramma di William Shakespeare. Soltanto loro e le loro parole in cinque quadri suonati con un “concerto scenico”, nato l’autunno scorso come dittico, tra abbandono e furore, ripetizione e perdizione.
A sinistra, sotto una natura morta, sta Latini al microfono: è camuffato da Elvis Presley, il ciuffo vertiginoso e la chitarra elettrica a tracolla. A destra, sotto un’insegna con la scritta al neon “Rose”, sta Carra al microfono: è vestita casual, prima di indossare, anche lei, i panni di una musicista, diciamo Amy Winehouse. In mezzo a loro, un vecchio registratore a bobine. Il set da studio di registrazione non deve trarre in inganno: né l’uno né l’altra propriamente suona o canta. È un trucco o, meglio, un gioco sensuale di maschere, che prolunga il momento dell’incontro tra Romeo e Giulietta: la festa in casa Capuleti.

Roberto Latini e Federica Carra in Giulietta e Romeo. Foto di Dorin Mihai

Tenendo dietro a una simile interpretazione, il loro amore, e forse l’Amore, è sempre nell’inizio, continua la forza e lo slancio dell’inizio. Perciò, è sempre giovane. Di più: è adolescente. Perfino da adulti, quali sono Roberto Latini e Federica Carra. Un’unione, la loro, che dal palcoscenico è tracimata nella vita, tanto che in Giulietta e Romeo non si può non vedere, almeno in controluce, pure la celebrazione del loro incontro.
L’incedere da spoken word riporta la parola di Shakespeare nel corpo teso dell’azione. La lingua poetica ritrova il contatto con il parlato della realtà. Merito anche delle testimonianze in primo e primissimo piano raccolte da L’amore ist nicht une chose for everybody (loving kills). I volti, gli occhi, le lacrime nel video del Collettivo Treppenwitz fanno da commento e contraltare alla costruzione dell’amore di Romeo e Giulietta e alla sua (auto)distruzione.
È una moltiplicazione di prospettive che rende effettivamente universale, di tutte e tutti, questa storia delle storie. Consuma chi brucia per lui, l’amore. Ma Giulietta e Romeo dà «aria all’aria» che a morire è chi non l’ha mai provato. E che muore non un giorno solo: per una vita intera.

MONUMENTUM DA

di Cristina Kristal Rizzo e Diana Anselmo
coreografia Cristina Kristal Rizzo
performance Diana Anselmo e Cristina Kristal Rizzo
testo a cura di Cristina Kristal Rizzo, Diana Anselmo e Laura Pante su scritture di Yvonne Rainer, John Cage, Simone Weil, Ilya Kaminsky e CKR
accompagnamento teorico Laura PanteSergio Lo Gatto
produzione Fuorimargine Centro di Produzione di danza e Arti Performative della Sardegna TIR Danza
con il sostegno di MilanOltre Festival e Oriente Occidente
residenze artistiche PARC – Performing Arts Research Centre, Kilowatt, Armunia

Teatro Solvay, Rosignano Solvay (Livorno) | 29 giugno 2024

CHAMBER MUSIC

ideazione e regia Silvia Rampelli
danza Alessandra Cristiani, Eleonora Chiocchini, Valerio Sirna
luce Marco Guarrera
accompagnamento Gianni Staropoli
produzione Tir Danza
sostegno alla produzione Armunia/Festival Inequilibrio
azienda speciale Palaexpo – Mattatoio | Progetto Prender-si cura
con il supporto di Vera Stasi/Progetti per la Scena
azione per Buffalo 2022, Macro – Museo per l’Immaginazione Preventiva, Roma

Castello Pasquini, Castiglioncello (Livorno) | 29 giugno 2024

CRE_PA (Short Version)

di e con Sara Sguotti e Arianna Ulian
testi Arianna Ulian
ambiente sonoro Spartaco Cortesi
accompagnamento drammaturgico Giovanni Sabelli Fioretti
PR e media relations Giuseppe Esposito
produzione Perypezye Urbane
co-produzione OperaEstateFestival \ CSC centro per la scena contemporanea di Bassano del Grappa, MilanoOltre
con il supporto di Santarcangelo Festival, IIC Zurigo, Tanzhaus Zurich, Passages Transfestival, IIC Strasburgo, Centro di Rilevante Interesse per la Danza Virgilio Sieni, Théâtre Sévelin 36, Fondazione Armunia
un ringraziamento speciale a Simona Bertozzi per il suo sguardo

Castello Pasquini, Castiglioncello (Livorno) | 29 giugno 2024

GIULIETTA E ROMEO

drammaturgia e regia Roberto Latini
con Roberto Latini e Federica Carra
musiche e suono Gianluca Misiti
luci e direzione tecnica Max Mugnai
costumi Daria Latini
video Collettivo Treppenwitz da L’amore ist nicht une chose for everybody (loving kills)
produzione Compagnia Lombardi Tiezzi
Prima Nazionale

Teatro Nardini, Rosignano Marittimo (Livorno) | 30 giugno 2024