MARIA FRANCESCA SACCO* | Il titolo di Kilowatt 2024 (il Festival ideato e diretto da Lucia Franchi e Luca Ricci) è denso: «Contengo moltitudini», tratto da Walt Whitman, richiama una pluralità comunitaria forse dimenticata. Abbandonare il concetto di persona come singolo individuo è l’atto proposto ai partecipanti: sentirsi parte del mondo intero sposta, infatti, l’asticella della consapevolezza più in alto, laddove si dimentica l’io, l’individualità ego-centrata, e ci si muove in direzione dell’universalità. Ci si concede, così, il privilegio di sentirsi infiniti e indefiniti come l’Arte insegna da sempre e come il Festival ricorda in questa XXII edizione.
Nella città natale di Piero della Francesca, a Sansepolcro, in provincia di Arezzo, gli spettacoli si snodano tra diversi, suggestivi luoghi, e gli spettatori si muovono dall’uno all’altro insieme, come in processione, rievocando quel concetto di comunità caro a Kilowatt.

ph Luca Del Pia, AI LOVE, GHOSTS AND UNCANNY VALLEYS<3

Il primo spettacolo che vediamo nella giornata del 15 luglio è una performace digitale nell’oratorio di Santa Maria delle Grazie: AI LOVE, GHOSTS AND UNCANNY VALLEYS <3 // ho rotto con la mia intelligenza artificiale e non la scaricherò mai più. L’amore ai tempi del digitale è una tematica calda, ma il modo in cui MOC, Mara Oscar Cassiani, la presenta, colpisce lo spettatore con crudezza, forse perché la sorta di confessione alla quale si assiste (quasi come testimoni) è, in realtà, il risultato agghiacciante di una ricerca di MOC stessa.
In scena c’è uno schermo sul quale l’artista racconta, in streaming, la sua relazione con un’identità creata dall’intelligenza artificiale (il cui nome è AI Love) e la scoperta sul web di un gruppo di uomini Incel, celibi involontari che, interrotta ogni relazione con donne, hanno deciso di crearsene una come pare a loro, grazie alla AI. Mentre gli spettatori rabbrividiscono, l’artista prosegue il suo racconto dettagliato su come vengano scelti i pezzi di corpi femminili da assemblare per creare avatar paurosamente puerili e provocanti.
Lo streaming si conclude e gli spettatori sono invitati ad avvicinarsi allo spazio in cui vi è lo schermo nel quale è apparsa l’artista, intorno a cui giacciono cuscini a forma di cuore, su cui sono stampate alcune creazioni dell’AI. Si tratta di una sorta di testimonianza con cui si vuole dare un volto alle identità costruite a partire da corpi di donne esistenti, poi cancellate a piacimento dagli utenti, tanto che improvvisamente esse non esistono più.
La struttura della performance risulta intrigante, perché prevede una parte in streaming e una in presenza: l’artista infatti, dopo il racconto online, raggiunge gli spettatori per continuare con loro la conversazione. Purtroppo, a causa di un intoppo comunicativo, in questa seconda parte molti spettatori hanno lasciato la sala prima dell’arrivo di MOC, perdendosi il costruttivo confronto con lei.
Resta, comunque, uno spettacolo che porta con sé la responsabilità di una denuncia e di consapevolezza dei pericoli del web, in cui gli esseri umani sfogano i propri disagi sociali oggettificando i corpi, per poi godere del potere di distruggerli con un clic. La speranza e la richiesta dell’artista alla comunità presente sta nel creare una rete di esseri umani consapevoli e uniti per arginare questo terrificante fenomeno, che potrebbe investire soprattutto le nuove, giovanissime generazioni.

ph. Giacomo Brini, Futuro Anteriore.

Nell’Auditorium di Santa Chiara, Futuro Anteriore di Ferrara Off è un’intima rappresentazione di un avvenire fatto di anzianità. Sulla scena vuota, Gloria Giacopini, con un leggio quasi come in una stand-up comedy, annuncia l’argomento, immaginando sé stessa da vecchia in un mondo «anziano». Si compone un salotto in cui gli attori (Matilde Buzzoni, Antonio De Nitto e Matilde Vigna e Gloria Giacopini) costruiscono la narrazione che corre fluida, raccontando gli acciacchi di un’età fatta di dimenticanze, di frasi ripetute, di dolori. Immagini familiari agli occhi dello spettatore, talvolta amare (ad esempio, la reticenza di un anziano nel chiedere aiuto), ma sempre ammantate di delicatezza e, al contempo, mai prive di ironia.
I movimenti sono tutti piccoli e reiterati, i passettini incerti (ma precisissimi, incredibilmente resi dagli attori), le parole storpiate e tremanti. Il futuro (anteriore) sembra accadere in slow motion: quei movimenti così minimi acquistano, però, una potenza enorme a teatro, tanto da far scordare se vi sia qualcos’altro su cui riflettere, oltre alla vecchiaia stessa.
La vecchiaia coglie tutti indistintamente e questo spettacolo, in cui i ruoli degli attori sono sempre intercambiabili, porta lo spettatore a specchiarsi e identificarsi in uno o nell’altro e, nondimeno, in ciascuno presente in sala, tutti accomunati dal medesimo destino. Si avverte quasi la tentazione di salire sul palco con loro, metafora di vita in cui, alla fine, siamo tutti uguali.

Nello spazio del Chiostro di San Francesco, dove va in scena Photographs della regista Lyto Triantafyllidou, lo spettatore è protagonista di un’asta in cui viene messo in vendita quel che resta di un amore. Il concetto di universalità di questo sentimento, il suo esaurirsi, nello specifico, viene rappresentato attraverso lettere, foto, qualche poesia. Promesse, dichiarazioni e bugie che, a volte, appaiono come cliché sentiti e risentiti. Risuona la disperazione del protagonista, che tira in ballo poeti e filosofi che hanno tentato – invano – di descriverlo, quell’amore mai eterno.
È uno spettacolo che trascina il pubblico nella musicalità della lingua greca, nei movimenti degli attori (Electra Fragiadakis e Dimitris Passas), fatti di allontanamenti e avvicinamenti, contatti e distanze (in uno spazio, forse, troppo dispersivo), descrivendo la relazione a ritroso. Si analizza all’indietro tutta la storia d’amore, fino a individuarne l’inizio, quando i due protagonisti, seduti accanto, si mettono a parlare per la prima volta.
Siamo davanti a una sorta di terapia collettiva in cui si rivive il trauma, questo amore uguale a quello di tutti i presenti, in cui resti sono consegnati nelle mani di un pubblico che se li è accaparrati alzando le palettine ricevute a inizio spettacolo e puntando cifre immaginarie, proprio come si farebbe a un’asta. C’è chi esce dalla perfomance con brandelli di poesie, chi con fotografie, ma ognuno con l’impressione di conoscere bene quell’epilogo, uguale in tutte le lingue del mondo.

ph Luca Del Pia, Quanon Revolution

Il suggestivo Chiostro di Santa Chiara accoglie l’ultimo spettacolo della serata: Qanon Revolution, composto da Riccardo Tabilio per Evoè!. Si parla di complottismo, in particolare di Q, entità anonima che nel 2017 si diceva infiltrato nei luoghi di potere degli Stati Uniti, dichiarando di voler diffondere informazioni utili.
Su uno schermo in scena scorrono le chat di Qanon che si alternano alle storie di tre personaggi, seguaci (insieme a moltissimi altri) di Q e autori di gesti estremi: la storia di Edgar, che assaltò una pizzeria e di Ashil e Jake partecipi dell’effrazione al Campidoglio. Questi tre comuni cittadini decidono di rinunciare alla loro individualità per immedesimarsi nelle idee che ritengono verità: il sacrificio avviene nel nome di un ideale, ma soprattutto per la salvezza della comunità. Ma, affinché l’identificazione accada, è necessario sacrificare una parte di sé per il gruppo, nella speranza di poter così riconoscere/conoscere sé stessi attraverso gli occhi degli altri.
Le vite dei protagonisti, che lo spettatore scopre poco alla volta, accadono alternate: i ritmi incalzanti, i movimenti sincronici degli attori e la loro bravura tecnica (Emanuele Cerra, Alice Conti, Gabriele Matté) sono elementi in grado di catalizzare l’attenzione, mentre la regia di Silvio Peroni, così ben strutturata, permette un’analisi del fenomeno e delle personalità dei protagonisti. Il tema, complesso e attuale, è reso in scena in maniera attenta, accompagnato da musiche elettroniche (sound designer Mattia Nardon) che sottolineano la dimensione drammatica, quasi apocalittica.
In 70 minuti, che volano come quelle chat sullo schermo, si ha l’intenzione di restituire l’influenza di questo fanatismo: non lo si vuole tanto smascherare, quanto mostrarne l’impietoso e insensato effetto conseguente su quei gruppi che qui non sono comunità, bensì massa. E nessuna tematica poteva risultare più contingente.

AI LOVE, GHOSTS AND UNCANNY VALLEYS <3
// ho rotto con la mia intelligenza artificiale e non la scaricherò mai più

di Mara Oscar Cassiani
produzione Re:Humanism 2023, Associazione Culturale Super Bubble

FUTURO ANTERIORE

con Antonio Anzilotti De Nitto, Matilde Buzzoni, Gloria Giacopini, Matilde Vigna
drammaturgia Margherita Mauro
regia Giulio Costa
produzione Ferrara Off

PHOTOGRAPHS

basato sul racconto di Vassilis Vassilikos
regia e adattamento drammaturgico Lyto Triantafyllidou
collaborazione alla drammaturgia Giorgos Kritharas
con Giorgos Kritharas, Electra Fragiadakis, Thanasis Kefalas

QANON REVOLUTION

di Riccardo Tabilio
regia Silvio Peroni
con Emanuele Cerra, Alice Conti, Gabriele Matté

Sansepolcro, Arezzo | 15 luglio 2024

PAC LAB è il progetto ideato da PAC Paneacquaculture in collaborazione con docenti e università italiane per permettere la formazione di nuove generazioni attive nella critica dei linguaggi dell’arte dal vivo. Il gruppo di lavoro di Pac accoglie sul sito le recensioni di questi giovani scrittori seguendone la formazione e il percorso di crescita nella pratica della scrittura critica.