GIANNA VALENTI | Bill Viola ci ha lasciati. Un istante ha segnato il suo distacco, con un prima, un dopo e una sincronicità che non ci è dato conoscere. Un istante, un punto nel tempo all’interno di quel flusso inarrestabile che l’artista chiamava life field. Il punto d’entrata di questo campo, un mistero per lui insondabile, il punto d’uscita, come ci raccontano alcuni titoli delle sue opere — The Crossing, Tiny Deaths, Ascension, Tristan’s Ascension, The Martyrs, The Transfiguration Series — un terreno che lo ha impegnato in un dialogo costante con il trapassare e il trasmutare. Il suo fare arte, attraverso la tecnologia video come riflessione sullo spazio per modellare e modificare la forma del tempo: “La mia comprensione della realtà è il tempo nella scena, non l’immagine, è lì che si trova la scultura, è lì che si trova la forma.” *

Bill Viola, Three Women, 2008

Riascoltarlo e guardarlo parlare nelle diverse registrazioni video disponibili è ricevere in regalo un corpo che si esprime come pensiero in movimento, con gesti di grande forza e precisione che incidono lo spazio creando punti, coordinate, distanze, vicinanze e profondità e che ricostruiscono nel vuoto i percorsi, i volumi e le dimensioni di un pensiero che prende forma negli spazi del corpo e che, attraversandoli, si carica di emozioni e sensazioni per modellare concetti e visioni (se vi incuriosisce, guardate la prima parte della registrazione del suo incontro del 2001 alla Normale di Pisa*).
Ed è proprio lì il cuore del suo viaggio artistico: riconciliare l’intangibile con il mondo materiale, far transitare un’idea, un pensiero, un sentimento o una sensazione in una forma che possa rendersi visibile nel mondo: “come trasferire — si chiedeva — tutto ciò che è completamente eterico in una forma fisica?”. *
Una domanda che distillava il senso di una vita e di un percorso artistico e che incontrava nella tecnologia video il mezzo perfetto per cercare risposte e creare forme. Una domanda che gli permetteva anche di far convergere una vicinanza teorica, pratica e filosofica tra la tecnologia e il corpo umano e di mettere al centro della sua ricerca il corpo e le sue possibili trasformazioni.
“Il video — condivideva in un’intervista dal titolo Cameras are Keepers of the Soul — è una specie di acqua elettronica, fluisce, così come gli elettroni fluiscono in circuiti […] e anche le onde elettriche che attraversano il mio corpo, generate dall’azione del mio cuore, sono elettroni che fluiscono, che stanno fluendo […] e poi c’è lo spazio tra gli elettroni: questa è la cosa reale, lo spazio tra gli oggetti fisici, è lì che noi esistiamo… noi esistiamo tra gli spazi vuoti della realtà.” **

Bill Viola, Martyrs, 2014

Il fluire come condivisione di uno stato tra la tecnologia e il corpo umano e l’uso della tecnologia stessa per parlare di quel vuoto che solo una forma può trasmettere. La ricerca di una forma che l’artista nutriva con letture e indagini nella filosofia e nella scienza, nel misticismo islamico, nel taoismo e nell’induismo e nella mistica cristiana. Una ricerca che si avvaleva, oltre che della registrazione del reale, del montaggio per modificare e regolare l’immagine, i livelli di luce e la forma del tempo, come per esempio nell’uso estremo del ralenti e nella tecnica del reverse play, in una ricerca costante per rendere tangibile ciò che ci sfugge e viaggia nell’invisibile.
L’immagine, del resto — come spiegava alla Normale di Pisa — “è un segnale elettrico che vibra; è vivente… è malleabile, la puoi modificare, cambiare, le puoi dare forma; non è fissa, è qualcosa di completamente flessibile.” *
Ai corpi, registrati nelle sue opere, appartiene il fluire e il vibrare. Corpi di performers, attori e anche danzatori che raccontano del suo viaggio inarrestabile per dare forma al tempo di un pensiero, di un’epifania, di un’emozione. Corpi che si trasfigurano, che si atomizzano o che spariscono. L’acqua e la luce come elementi principali per una loro trasmutazione ma anche la terra, l’aria, il fuoco. Corpi fisici realmente presenti davanti all’occhio della videocamera, chiamati ad agire una loro realtà interna o a incontrare uno stato della materia per una loro trasformazione o smaterializzazione. Corpi chiamati a rappresentare lo scorrere del tempo, delle stagioni e delle età della vita, sino al buio, al silenzio o al permanere della luce.

Ecco alcune tracce video per incontrare l’artista e alcuni di questi corpi:
The Crossing, 1996, breve estratto dall’opera video di circa undici minuti
The Crossing,1996, video di cinque minuti da Visioni Interiori,  Roma, 2009
Tristan’s Ascension, 2005, opera video completa di dieci minuti
Ocean Without a Shore, Biennale 2007, Bill Viola presenta la propria installazione per la Chiesa di San Gallo a Venezia.
Ocean Without a Shore, video di cinque minuti dall’interno della chiesa di San Gallo.
Three Women, Transfigurations Series, 2008, breve estratto dall’opera video di nove minuti.
Martyrs, 2014, un video di sette minuti, commentato da Viola, sulla produzione per la Cattedrale di St.Paul a Londra, con brevi estratti dal lavoro.

Bill Viola, Ascension, 2000

A un certo punto della sua ricerca, Viola aveva scelto di lavorare sull’istante, su un punto dello spazio-tempo e sulla sua dilatazione, un punto come ricerca ostinata sul permanere dell’attimo (riguardiamo insieme Ascension, qui in un estratto di circa due minuti dall’opera di dieci minuti del 2000). Un istante che l’uso della tecnologia proietta in un oltre dimensionale e in un tempo circolare: “Mi sto interessando sempre di più all’idea di un tempo continuo — raccontava — una specie di momento eterno, qualcosa che si evolve gradualmente e cambia, gira e scorre nel tempo, nello stesso modo in cui l’acqua scende da una montagna e scorre su una roccia e continua a scorrere. Andando. Quando guardo è in un certo modo e un attimo dopo è completamente diverso…” * ed è così, nella permanenza nello spazio tempo, che desideriamo ricordarlo.

* * Bill Viola Interview: Cameras are Keepers of the Souls — 2019 — video 28’ 

Qui la sua biografia completa.