MARIA FRANCESCA SACCO* | Quello che accade il giorno dello spettacolo della Compagnia della Fortezza, all’interno del carcere di Volterra, è rito. La fila per la consegna degli oggetti personali, l’attesa nel cortile antistante il bar, il sole che picchia forte, il cenno delle guardie carcerarie che invitano, finalmente, a entrare.
L’ingresso all’interno dell’istituto penitenziario è come un portale che conduce lo spettatore in un mondo nuovo, è come la tana del coniglio bianco dell’Alice di Lewis Carroll, nella quale ci si avventura con l’emozione e la febbre della curiosità.
Armando Punzo, fresco di un Leone d’oro alla carriera alla Biennale di Venezia (nel 2023), presenta Atlantis-capitolo 2, il seguito dello spettacolo dell’anno scorso Atlantis cap. 1 – La permanenza, da cui molti elementi vengono ripresi e sviluppati, pur mantenendo il concetto centrale, l’utopia, e la struttura, l’itineranza.
Lo spettatore si incammina nel primo cortile seguendo la musica di Andreino Salvadori, sempre in grado di creare un’atmosfera sospesa e ammaliante; le sue note sono l’anticamera del luogo in cui l’azione è già in atto e in cui si riconosce la scenografia di Alessandro Marzetti, che richiama anch’essa lo spettacolo precedente per i pannelli circolari come quadranti di orologi. I colori, anche per i costumi di Emanuela Dall’Aglio, grotteschi e favolistici insieme, sono solo due: bianco e nero, come lo ying e yang, come la luce del sole che infuoca una parte del cortile e l’ombra che ne ristora l’altra.
«L’utopia ha il suo orario» è la frase che esplicita il tema ed è lo spunto di riflessione di questo lavoro pieno di simboli e allegorie che non ha un solo autore di riferimento, ma che attinge a testi diversi. Il maggiore è Ernst Bloch con il suo Principio Speranza, in cui il filosofo tedesco riflette sull’utopia come occasione per l’uomo di uscire dalla sua dimensione finita. E infatti, sin da principio, in scena si avverte l’altrove come una possibilità, accentuata dalla perfetta fusione tra le note musicali e le partiture sceniche e già suggerita dal titolo stesso, Atlantis, misterioso regno narrato da Platone nel Timeo.
Non sono da meno gli attori che sembrano personaggi di un quadro di Magritte (per il cilindro e il frac) e i cui movimenti sono emblema di quella precisione coreografica ed estetica che è cifra stilistica di Punzo. Così come la presenza costante in scena di quest’ultimo, che si muove veloce da una parte all’altra a un ritmo tutto diverso dagli altri che, al contrario, sembrano statuette di un carillon per la gestualità lenta e misurata. Il regista tiene le redini dello spettacolo, lo crea e lo osserva nello stesso istante.
Ci si sposta all’interno dove, su uno stretto corridoio, si aprono lentamente delle porticine bianche in cui si svolgono rappresentazioni diverse. Si è accolti in una di esse, nel mio caso, da un personaggio che ricorda un po’ il Cappellaio Matto, impellicciato e contornato da altri due che, con le loro mosse, accompagnano le parole del protagonista. La sensazione iniziale di vivere un’atmosfera surreale si acuisce con l’incontro di queste figure trasognate, tutte dotate di un baffo alla Dalì, scelta forse non così casuale. L’attore al centro della stanza, tuttavia, recita un testo che irreale non è: parla, infatti, di matematica, calcoli e radici quadrate che riportano alla memoria la performance dell’anno precedente in cui alle pareti apparivano testi di Tesla o Einstein, con tanto di formule. La dimensione filosofica e la logica si incontrano: anche l’utopia ha in sé il principio di realtà e consiste, lo sostiene Bloch e lo si ripete nello spettacolo, nel mettere in luce le possibilità oggettive del reale per poterle realizzare.
Quel che viene recitato nelle altre stanze non lo si può vedere, anche se sarebbe stato bello respirare un ulteriore momento di intimità all’interno di una performance così gremita, ma la dimensione scelta nella narrazione è la coralità ed il ritorno a essa è necessario. Questa, del resto, è l’elemento costante nei lavori di Punzo che diventano una preghiera collettiva, come sembra confermare l’idea della chiesetta come location per una scena e la ripetizione continua di frasi e concetti, oltre alla rituale conclusione nel cortile. Qui, il pubblico e i personaggi che lo hanno accompagnato in questo viaggio verso l’utopia, assistono alla danza liberatoria di una donna vestita di nero, mentre il regista contamina i pannelli neri con vernice bianca e un maestro d’orchestra dirige i movimenti. «Nulla è più umano di superare ciò che è»: l’uomo che tende al sogno possiede anche la capacità per raggiungerlo, se riesce a oltrepassare se stesso. Così, si incontrano, alla fine, i due gruppi, uno di fronte all’altro: gli attori e gli spettatori, ma non come due schieramenti distinti, bensì come portatori, ognuno nel suo unico modo, di utopie raggiungibili con quel principio speranza che permette all’uomo di andare oltre se stesso e divenire infinito.
ATLANTIS-CAPITOLO 2
direzione artistica Armando Punzo
direzione organizzativa e cura dei progetti Cinzia de Felice
drammaturgia e regia Armando Punzo
musiche originali e disegno sonoro Andreino Salvadori
scene Alessandro Marzetti, Armando Punzo
costumi Emanuela Dall’Aglio
movimenti Pascale Piscina
in scena Luca Abate, Ciro Afeltra, Isabella Brogi, Luigi Ammendola, Abd Al Monsiff Abd Arahman, Wissem Azizi, Khalif Bashik, Elisa Betti, Valentin Bucur, Salvatore Buffone, Daniel Chukwuka,Biagio Cipparano, Paul Caocian, Giovanni Colombo, Pasquale Concas, Salvatore Costantino, Maurizio Di Bella, Lucio Di Iorio, Maurizio Diotallevi, Paolo Dori, Romeo Bogdan Erdei, Francesco Esposito, Francesco Paolo Ferraro, Luigi Fontana, Carmine Fratepietro, FedericoFurlan, Giulia Guastalegname, Francesco Guardo, Domenico Giorgi, Antonio Iazzetta, NikKodra, Urim Laci, Patrik Lacomare, Matteo Ladogana, Antonio Lanzano, Jie Lin Jin, AlessandroLorena, Davide Mannarà, Luca Matarrazzo, Bustos Tunoo Nay, Toni Nezahay losifMarian Petru,Mirco Pettinelli, Fernando Poruthotage, Michele Privitera, Armando Punzo, MassimilianoQuartarone, Andreino Salvadori, Ivan Savic, Samir Serjani, Salvatore Stendardo,TimonTarantino, Dritan Ternovo, Giuseppe Terzo, Francesca Tisano, Fabio Valentino, Kuitin Vello, Alessandro Ventriglia, Tommaso Vaja, Stefano Vezzani
con il sostegno di MIC-Ministero della Cultura,Regione Toscana,Fondazione Cassa di Risparmio di Volterra,ACRI–Associazione di Fondazioni e Casse di Risparmio Spa,Comune di Volterra,Ministero della Giustizia Casa di Reclusione di Volterra
Fortezza Medicea/Casa di Reclusione di Volterra | 30 luglio 2024
* PAC LAB è il progetto ideato da PAC Paneacquaculture in collaborazione con docenti e università italiane per permettere la formazione di nuove generazioni attive nella critica dei linguaggi dell’arte dal vivo. Il gruppo di lavoro di Pac accoglie sul sito le recensioni di questi giovani scrittori seguendone la formazione e il percorso di crescita nella pratica della scrittura critica