EDGARDO BELLINI | Per celebrare i suoi venticinque anni il Festival dei Tacchi ha radunato una squadra di solisti eccezionali, capaci di far viaggiare il pubblico fra le più insolite terre dell’immaginazione. Organizzato come sempre da Cada Die Teatro, con la direzione artistica di Giancarlo Biffi, quest’anno il festival è dedicato agli esseri sensibili; a coloro cioè che hanno una capacità non comune di osservare la realtà e di ascoltarne il canto oscuro, di percepire la corrente di piccoli segnali che tracciano invisibilmente il destino delle persone e la direzione silenziosa degli eventi.

Occhi speciali, parole speciali, inusuale abilità di muoversi sui sentieri meno frequentati: un tema che gli artisti sanno declinare in modi diversi e da cui ciascuno spettatore, in base al suo punto d’osservazione, può attingere riverberi e colori differenti.

Dal 2 all’8 agosto le sedi principali della rassegna sono state la Stazione dell’arte di Ulàssai e la cantina degli Antichi poderi di Jerzu, nel cuore dell’Ogliastra. Apertura in piazza con Silvestro Ziccardi (nell’organico di Cada Die Teatro) e la banda comunale Giuseppe Verdi di Sinnai che rappresentano la fiaba I musicanti di Brema, metafora buffa sul potere della cooperazione.

Silvestro Ziccardi

Il primo ad abitare la scena nuda fra le cantine è Roberto Mercadini, narratore seduttivo capace di tenere assieme la complessità con la divulgazione. La sua decostruzione dell’enciclopedico romanzo Moby Dick si traduce in un monologo di notevole efficacia, con ripetuti cambi di ritmo: Mercadini riduce all’essenziale la trama dell’opera per poi zumare in modo quasi cinematografico sulle parti eccentriche della storia, là dove si accentua la distanza fra l’immaginario ottocentesco dell’autore e quello del lettore contemporaneo. L’attore si lascia guidare con sapienza dalle parole di Herman Melville per ondeggiare fra la solennità del capitano Achab e la varietà da commedia dei suoi alterni comprimari. Così il racconto si carica del fascino di uno stupore d’altri tempi, e dal contrasto fra lo sguardo di ieri e quello di oggi si accendono perfino tinte comiche.

Roberto Mercadini

Alla memoria di Alessandro Leogrande è dedicato il lavoro di Koreja e Ura Teatro, Alessandro. Del giovane scrittore e giornalista tarantino, scomparso nel 2017 ad appena quarant’anni, e noto per le sue inchieste coraggiose sul caporalato, sulle nuove mafie, sulle multinazionali, sulle migrazioni dall’Africa e dall’est europeo, risuonano sulla scena le parole intessute in un mosaico di bellezza e di rigore morale. Fabrizio Saccomanno è ben attento a restituire il tono pacato e poetico di Leogrande, mentre quattro solisti vocali – Emanuela Pisicchio, Maria Rosaria Ponzetta, Enrico Stefanelli, Andjelka Vulic – intercalano il racconto con audaci polifonie sonore; la più potente durante la cronaca di un’esplorazione subacquea, da cui emergono corpi di migranti come fantasmi degli abissi, accompagna le immagini con le note del Da pacem Domine di Arvo Pärt, nella resa perfetta di una serenità immateriale e sospesa.

Fabrizio Saccomanno

La sorpresa di questa edizione – se così si può dire di un’artista più che affermata – viene dal lavoro di Arianna Scommegna, interprete formidabile del testo E bastava un’inutile carezza a capovolgere il mondo, dedicata alla figura del cantautore livornese “maledetto” Piero Ciampi. Accompagnata sul palco dalla leggiadra fisarmonica di Giulia Bertasi, l’attrice milanese sfodera con talento una varietà straordinaria di colori drammaturgici, ora cesellando con grazia i segni su scala minuta, ora sciogliendo la contraddizione fra gesto e parola, ora lasciando intravedere un dettaglio espressivo rivelatore. La Scommegna non racconta i fatti, ma con una semplice giacca scura e un consistente repertorio espressivo diventa lei stessa personaggio della storia, che procede sinuosamente per immagini e suoni con una centratura interpretativa di rara bellezza.

Arianna Scommegna

Immaginazione e utopia, sogni e piccole gioie si confondono felicemente nel bel lavoro di Luca Radaelli (ritratto nell’immagine di copertina) con la regia di Laura Curino, che ricorda con passione civile i movimenti giovanili e le aspirazioni collettive nella Milano degli anni Settanta. Lottavano così come si gioca – citazione esplicita dalla Storia di un impiegato di Fabrizio De André – è il racconto disincantato degli umori di un’epoca, delle aspirazioni dei ventenni a lottare per un mondo migliore, qualsiasi cosa questo volesse dire: erano giovani e sinceri quelli che difendevano un’idea ma anche quelli che difendevano l’idea opposta, sintetizza oggi Radaelli con la serenità dei suoi anni che gli permette di ricordare sospendendo il giudizio. Dietro la lotta, dietro la violenza si ergeva ogni volta l’ambizione di trasformare le dinamiche di una società non più capace di assicurare la felicità degli uomini. Pasolini avrebbe riletto questo disagio in una prospettiva molto più lunga del suo tempo.

Stefano Massini (ph. Marco Borrelli)

L’esperienza di narratore consente a Stefano Massini di mettere in scena L’alfabeto delle emozioni, un formato ad assetto variabile basato su un meccanismo costruttivo che ricorda le tecniche dell’Oulipo: quel gruppo artistico francese – di cui facevano parte scrittori come Georges Perec e Italo Calvino – secondo cui la creazione è preceduta dall’assunzione di una regola formale entro cui si genera l’opera. In questo caso Massini si presenta in scena con una scatola contenente le 21 lettere dell’alfabeto italiano e ne estrae a vista 7 ogni sera; ciascuna diventa l’iniziale dell’emozione che verrà presentata. In tal modo sarà il caso a definire anche la sequenza dei racconti, mentre è rimessa all’abilità dell’esecutore la capacità di modulare tra le diverse storie, e di costruire nessi ed analogie fra i materiali casualmente selezionati. I testi hanno una linearità quasi pedagogica ed una forza narrativa basata su un linguaggio chiaro ed efficace, che fa un uso incisivo delle anafore; Massini li interpreta con una postura solida ed una gestualità plastica, in modo che le storie, sorprendenti e insolite, accendano dettagli luminosi nella memoria di chi ascolta.

I MUSICANTI DI BREMA
con Silvestro Ziccardi
musiche Banda comunale Giuseppe Verdi di Sinnai
direttore Lorenzo Pusceddu
regia Mauro Mou
produzione Cada Die Teatro e Banda G. Verdi

MOBY DICK
con Roberto Mercadini
produzione Sillaba

ALESSANDRO
di Gianluigi Gherzi e Fabrizio Saccomanno
con Fabrizio Saccomanno, Emanuela Pisicchio, Maria Rosaria Ponzetta, Enrico Stefanelli, Andjelka Vulic
produzione Koreja e Ura Teatro

E BASTAVA UN’INUTILE CAREZZA A CAPOVOLGERE IL MONDO
con Arianna Scommegna
alla fisarmonica Giulia Bertasi
produzione Atir – Teatro Ringhiera

LOTTAVANO COSÌ COME SI GIOCA – anteprima
di e con Luca Radaelli
regia Laura Curino
produzione Teatro invito

L’ALFABETO DELLE EMOZIONI
di e con Stefano Massini
produzione Savà produzioni creative

Festival dei Tacchi, Jerzu e Ulassai | 3-4-5 agosto 2024