RITA CIRRINCIONE | Un enorme portale sovrasta la strada che conduce a Gibellina Nuova e sembra dare il benvenuto a chi entra nella Valle del Belice: è La stella del Belice di Pietro Consagra, la prima di una serie di opere di arte contemporanea en plein air che via via si incontrano per raggiungere i luoghi del Festival delle Orestiadi comprese le sue due sedi storiche: il Baglio Di Stefano con La Montagna di Sale, la monumentale e iconica installazione di Mimmo Paladino costellata dei suoi inconfondibili cavalli arcaici e il Cretto di Burri, uno dei rari esempi di land art in Italia, tra le più estese al mondo, realizzata da Alberto Burri sulle macerie della vecchia Gibellina ricoperte da uno strato di cemento imbiancato e tagliate in blocchi che riproducono la pianta della città scomparsa.

Fondatore del Festival e artefice di questo grande museo a cielo aperto, l’allora sindaco di Gibellina Ludovico Corrao il quale, con la sua grandezza visionaria, davanti alla città rasa al suolo dopo il devastante terremoto del ’68, non si limitò a dare impulso alla ricostruzione di una Nuova Gibellina ma immaginò una sorta di rinascimento di quel territorio e di quella comunità senza storia e senza identità in nome dell’Arte chiamando a raccolta artisti da tutto il mondo.

La menzogna di Claudio Fava con David Coco – Baglio Di Stefano

La forza delle parole: questa l’idea guida che Alfio Scuderi, direttore artistico del Festival delle Orestiadi, ha scelto per comporre il programma di questa quarantatreesima edizione svoltasi dal 5 luglio al 10 agosto e realizzato dalla Fondazione Orestiadi con il sostegno dell’Assessorato al Turismo della Regione Siciliana e, per il progetto speciale al Cretto di Burri, dell’Assessorato ai Beni Culturali e dell’identità siciliana della Regione Sicilia.

“Sono partito dal contenuto, che diviene esso stessa forma, per raccontare, attraverso i diversi linguaggi dell’arte, un momento storico molto particolare, in cui spesso le parole invece perdono il loro senso. Noi oggi a Gibellina, nel segno di un Festival immaginato per salvare un territorio grazie all’arte, ripartiamo proprio dalla forza delle parole e da autori che hanno dato alle parole peso, valore sociale, a volte maieutico, rivoluzionario, parole che hanno fatto spesso da guida a generazioni, autori e poeti che hanno segnato la storia del nostro paese, a diverso titolo”, ha dichiarato Alfio Scuderi presentando le Orestiadi 2024.

Oltre il sole c’è la luna e le stelle – Cantazione clandestina per Danilo Dolci – Teatri Alchemici

Il Mediterraneo, la forza della poesia, omaggio poetico a Ludovico Corrao con letture di Enrico Stassi e Mara Teresa Coraci; Lettura Clandestina, parole di Ennio Flaiano, lette da Fabrizio Bentivoglio e musicate dal vivo da Ferruccio Spinetti; T.S.E. 1994/2014 per i trent’anni dallo storico spettacolo di Bob Wilson e Philip Glass a Gibellina; La Grande Menzogna, scritto e diretto da Claudio Fava con David Coco, in ricordo di Paolo Borsellino nel giorno della sua morte; Canzuna segreta da “La Nuit juste avant les forêts” di Bernard-Marie Koltès, di e con Giuseppe Massa, con Dario Mangiaracina, Roberto Calabrese e Carmelo Drago, musiche di Dario Mangiaracina; Oltre il sole e la luna c’è le stelle – Cantazione Clandestina per Danilo Dolci, performance dei Teatri Alchemici con Ugo Giacomazzi e Luigi Di Ganci; Cetti, testo e regia di Domenico Ciaramitaro con Chiara Gambino, spettacolo vincitore del Premio under 35 #gibellinacittàlaboratorio2024: tra teatro, musica e arte visive, nel segno del recupero della memoria e dell’impegno civile, questi alcuni degli artisti e degli spettacoli della rassegna andati in scena al Baglio Di Stefano.

Nelle serate finali, due i progetti site specific immaginati per il Cretto di Burri: La Scomparsa, drammaturgia di Davide Enia, musiche di Serena Ganci con Davide Enia, Serena Ganci e Olivier Dubois – una riflessione sulla grave perdita del patrimonio di ricordi e di sogni che la scomparsa, a causa di guerre o di calamità naturali, di interi centri e di intere comunità, comporta – e Radio libera Sicilia, poesie, racconti e riflessioni di Danilo Dolci letti da Claudio Gioè e Vincenzo Pirrotta che hanno ridato voce e corpo a questo Gandhi italiano che ha dedicato la sua vita al riscatto degli oppressi e dei diseredati di questa parte della Sicilia.

Facciamo nostro il focus che Le Orestiadi ’24 ha dedicato a Danilo Dolci nel centenario della sua nascita per ricordare una figura scomoda e fuori dagli schemi, forse oggi in parte dimenticata.

Radio libera Sicilia – Claudio Gioè

Sociologo, poeta, pedagogista e attivista, Dolci era nato a Sesana, Trieste, ora territorio sloveno e, dopo studi di architettura tra Milano e Roma e pratiche di attivismo sociale e politico all’insegna dell’antifascismo e della nonviolenza con una marcata impronta religiosa (per un periodo aderì all’esperienza utopica di Nomadelfia di don Zeno Saltini), nel primo dopoguerra era approdato nella Sicilia Occidentale, tra Partinico e Trappeto, dove il suo sguardo “nuovo” e la sua sensibilità sociale seppero vedere quello che era sotto gli occhi di tutti: una miseria assoluta fatta di mancanza di lavoro, analfabetismo, fame endemica, assenza di strutture sociali e abitative e persino di fogne. In quel territorio scelse di avviare la sua lunga e difficile battaglia facendosi promotore di una serie di inedite e creative esperienze di lotta e di denuncia basate sulla non violenza, spesso tacciate di illegalità e seguite dalla risposta repressiva dello Stato.

Nel ’52, quando vide morire letteralmente di fame l’ennesimo bambino, Dolci si stese sullo stesso letto in cui era spirato e iniziò un digiuno a oltranza, deciso ad arrivare fino in fondo finché non giunsero i primi risultati con l’arrivo dell’acqua potabile e l’inizio della costruzione delle prime strade e delle fogne. Nel ’56 sulla spiaggia di San Cataldo organizzò un digiuno collettivo che coinvolse mille persone per protestare contro la pesca di frodo praticata dalla cosiddetta mafia del mare e tollerata dalle autorità locali a scapito dei piccoli pescatori. In quel caso fu accusato di illegalità perché “il digiuno pubblico è illegale”.
Lo stesso anno venne arrestato mentre guidava un gruppo di braccianti disoccupati nei lavori di rifacimento di una vecchia strada demaniale divenuta intransitabile per l’incuria dell’amministrazione. I manifestanti che parteciparono a questa forma di sciopero alla rovescia furono dispersi dalle forze dell’ordine e Dolci, insieme ad alcuni collaboratori, arrestato e processato con l’accusa di occupazione di suolo pubblico e resistenza a pubblico ufficiale.

Radio libera Sicilia prende spunto proprio da una di queste sue iniziative di disobbedienza civile: il 25 marzo 1970, in violazione del monopolio di Stato sulle trasmissioni via etere, Radio libera Partinico, la “radio dei poveri cristi”, prima radio libera italiana, riuscì a trasmettere per sole 27 ore per lanciare un appello in favore della gente del Belice che a due anni dal terremoto viveva ancora nelle baracche.
«Si marcisce di chiacchiere e di ingiustizie, la Sicilia muore», aveva denunciato Dolci contravvenendo alla legge non scritta di tenere nascosti i poveri e la loro assoluta mancanza di diritti. Ben presto un’imponente operazione dei carabinieri smantellò la radio soffocando quella voce libera ma la forza di quelle parole scosse la coscienza del paese e raccolse solidarietà in tutto il mondo.

Questo era il metodo Dolci: conoscere i poveri in modo diretto, vivere come loro, “porsi nel loro stesso destino”, ascoltarli senza giudicarli, dare loro voce. Come scrisse nel 1955 Noberto Bobbio nella prefazione di Banditi a Partinico, Dolci non accettava “la distinzione tra il predicare e l’agire” ma faceva proposte concrete e operative per dare corpo e sostanza alle sue idee e “non lasciare agli altri la cura di provvedere ma di cominciare a pagare di persona”.
Nella sua pratica sociale ed educativa, pur lavorando a stretto contatto con le fasce più disagiate e oppresse della Sicilia occidentale, Danilo Dolci utilizzò sempre l’approccio maieutico reciproco, un processo orizzontale fondato non sulla trasmissione di verità preconfezionate ma sulla partecipazione diretta degli interessati per arrivare a una risoluzione comune dei problemi e sul creare condiviso per liberare la creatività nascosta in ogni persona, qualsiasi persona, anche la più deprivata.

“Ciascuno cresce solo se sognato” – recita l’ultimo verso di una delle più belle poesie di Danilo Dolci – felice sintesi di una visione non solo pedagogica in cui la crescita è immaginata sotto lo sguardo fiducioso dell’adulto ma rivolta anche a un’umanità che ha bisogno di sognare un futuro.

Pensata e realizzata come performance site specific per il Cretto di Burri, luogo sicuramente appropriato per far risuonare le parole di Dolci che per quel territorio si spese e lottò, ma forse sarebbe stato più consono accostarsi a quello spazio scenico unico mettendosi in ascolto e lasciandosi attraversare dall’energia di quel sacrario denso di memorie per abitarlo nella sua specificità, anche in modo più sintonico allo spirito dolciano, piuttosto che utilizzarlo come suggestivo palcoscenico.

RADIO LIBERA SICILIA
Omaggio a Danilo Dolci a cento anni dalla sua nascita

con Claudio Gioè e Vincenzo Pirrotta
paesaggi sonori a cura di N.A.I.P.
con la partecipazione musicale di Lello Analfino
in collaborazione con il Centro Sviluppo Creativo Danilo Dolci

Gibellina, Trapani | 10 agosto 2024