LEONARDO CHIAVENTI* | Nella sponda del Tevere compresa nel quartiere romano di Ostiense, il progetto Comidas Criollas del duo artistico catalano Nyamnyam, proposto dal Festival Short Theatre, prende forma tra tutti i suoi sapori e la natura che lo circonda. Il pranzo che Iñaki Alvarez e Ariadna Rodríguez invitano gli spettatori a gustare si svolge infatti nel giardino di Arpjtetto, un’organizzazione di volontariato che supporta donne e minori e che trova la sua casa proprio accanto al Cinodromo di Ponte Marconi.
Il tavolo dove ognuno dei presenti si posiziona è uno dei protagonisti della performance, come in una tavola rotonda dell’epoca di re Artù non esistono gerarchie durante il pasto; in piedi, uno accanto all’altro i presenti aspettano che il piatto venga servito mentre osservano curiosi la sua preparazione. In sottofondo si ascolta una musica che accompagna la voce dell’artista e di chi ha il coraggio di leggere davanti a tutti i testi che spiegano l’idea di questo progetto.
L’armonia pervade ogni momento dello spettacolo, i piatti si susseguono e si comincia a parlare sempre di più con i propri vicini. Il tavolo svolge quindi un duplice ruolo: oltre a quello funzionale, crea anche un senso di comunità e vicinanza tra chi prima era solo un estraneo, annullando le differenze grazie al piacere di mangiare le specialità della cucina creola e il poter condividere l’esperienza con altre persone.

Una particolarità interessante dello spettacolo è la grande attenzione per il coltello, sia come oggetto da cucina sia come simbolo di divisione. Durante la preparazione dei piatti esso è il solo utensile che viene usato, non è poi un coltello scelto senza criterio ma uno tipico della tradizione romana, il ‘Coltello romano’, indicato agli artisti da Eleonora Zoppo, proprietaria di una coltelleria del centro città che appartiene alla sua famiglia da generazioni. Il taglio come cesura è in completo contrasto con la comunità che i sapori dei piatti producono ma la riflessione che Comidas Criollas vuole far arrivare è proprio l’equilibrio che esiste tra l’identità di un singolo o di un insieme di persone e l’elemento straniero, esterno, come può essere un sapore della cucina creola in una tavola del Municipio VIII di Roma.
Le voci che escono dai testi letti durante il pranzo sottolineano tutto ciò: oltre ad alcune considerazioni prese da un saggio sulla cultura culinaria, sono presenti anche testimonianze di tre commercianti romani – Ivan che svolge la professione di pescivendolo, il fruttivendolo Claudio e Bruno il macellaio – riguardo il loro rapporto con il coltello come oggetto di lavoro.
Ciò che si comprende dalle loro parole è l’ambiguità che questo utensile possiede, sempre in equilibrio tra un taglio e una ferita. La materia intesa come natura è il vero filo conduttore di tutto lo spettacolo, essa può causare momenti di serenità e di unione ma anche creare divisioni e un senso d’identità elitario se non si è pronti ad accettare nuove prospettive per vivere la propria realtà.

ph. di Claudia Pajewski e Claudia Borgia

Proseguendo con un’altra rappresentazione, la materia o, per essere più specifici, la sua assenza è il tema cardine dello spettacolo proposto nel Cimitero Verano di Roma da El Conde de Torrefiel, un duo artistico spagnolo composto da Tanya Beyeler e Pablo Gisbert. Il progetto chiamato Cuerpos Celestes, presentato ancora da Short Theatre, si svolge interamente all’interno delle mura del cimitero e si struttura come un’audioguida tra le strade solitarie di quella piccola città.
La voce che accompagna le persone nel percorso è una voce femminile, pacata, gentile, che mostra all’ascoltatore le contraddizioni di un luogo così distante dalla città nonostante si trovi dentro i suoi confini. La morte del corpo e la sua trasformazione in cenere è presente come immagine in ogni parola dell’audioguida, non tanto per dare importanza al ricordo degli uomini e delle donne che ora non ci sono più ma per sottolineare quanto alcune strutture della società si mantengano anche senza gli uomini che le hanno create. Infatti come in qualsiasi realtà urbana, la voce che arriva dalle cuffiette del proprio smartphone evidenzia come esistano tombe monumentali per defunti benestanti, piccole lastre o tombe senza nome per chi non ne ha avuto uno nemmeno in vita.
In un momento significativo dello spettacolo viene proposto a chi ascolta di partecipare attivamente a questo cammino, viene chiesto di scegliere due lapidi di un uomo e di una donna e di pronunciare i loro nomi ad alta voce. La particolarità è l’ingresso dello spettatore come singolo individuo, che rende e percepisce tutto il percorso come proprio, unico rispetto a tutti gli altri.
I passi che risuonano tra le strade, le pause che si prendono per ammirare il cielo sono alcune componenti di un’operazione di vicinanza tra chi è vivo e chi è morto, come se i due artisti spagnoli volessero far svegliare quello spazio da un lungo sonno e portare rumore in luogo dove il silenzio è l’unica musica che è possibile ascoltare.

ph. di Claudia Pajewski e Claudia Borgia

Nell’epilogo la voce chiede all’ascoltatore di pensare alla sua morte, al momento in cui non sarà più un estraneo in quel luogo; poi chiede di ragionare sulle parole che si vorrebbero per il proprio epitaffio, quale frase potrebbe riassumere la propria vita; quindi si prende un foglio e una penna, si pensa un po’ e poi si scrivono le parole. Poi la voce nelle cuffie ricomincia a parlare e prima di salutare e invitare a non guardarsi più indietro, esorta a bruciare il foglio con l’epitaffio e a lasciare i resti della carta in quel posto, una parte della propria vita in un luogo di ceneri.

Tornando sulle sponde del Tevere, Short Theatre ha offerto un altro spettacolo, Ultraficciòn Nr.1, ancora di El Conde De Torrefiel. Nel Parco Tevere del quartiere Marconi viene mostrata la potenza delle parole e del suono senza l’ausilio delle immagini. Infatti gli artisti hanno scelto per la loro performance un grande schermo bianco che – grazie a varie casse di forte risonanza – ha portato con loro gli spettatori in luogo d’ascolto verso le storie raccontate. Mentre il sole scende sulla città, l’inizio dello spettacolo comincia tra ricordi di concerti, incidenti, aneddoti e fatti storici.

ph. di Claudia Pajewski e Claudia Borgia

Se nelle precedenti rappresentazioni si sono potuti incontrare due elementi principali dell’analisi critica come la materia e la sua naturale assenza, in questo momento invece il corpo viene messo da parte scegliendo di ricordare l’importanza dell’immaginazione senza limiti. Per questo motivo viene scelto per lo spettacolo il suono, declinato sia come musica che come racconto, con l’obiettivo di scardinare ogni presupposto di realtà: nemmeno quando arriva in scena un pastore con vere pecore e un cane si riesce a uscire dall’impressione che il tutto sia solamente una proiezione.
Quindi la verità nel palcoscenico assume un valore differente dopo il lavoro  di El Conde De Torrefiel? Ogni suono, ogni azione diviene non solo arte performativa ma parte di uno spazio più ampio, più esteso, in cui lo spettatore può entrare solo lasciando indietro la convinzione di comprendere in che mondo ci si è addentrati.

COMIDAS CRIOLLAS

un progetto di Iñaki Alvarez e Ariadna Rodríguez (nyamnyam) 
produzione esecutiva e sviluppo Helena Fabrés
distribuzione e sviluppo internazionale Alessandra Simeoni 
produzione Coop Ny Ny SCCL 
con la collaborazione di ‘Hablar en Arte’ (Madrid)
e il supporto di Generalitat de Catalunya

CUERPOS CELESTES

ideazione e creazione El Conde de Torrefiel
testo Tanya Beyeler e Pablo Gisbert
sound design Pablo Gisbert, cabosanroque
voce Tanya Beyeler
ph. Lorenza Daverio
accompagnamento e distribuzione Alessandra Simeoni
presentato a Short Theatre 2024 nell’ambito del progetto Eco:frequenze, finanziato dall’Unione europea – Next Generation EU – PNRR Transizione Digitale Organismi Culturali e Creativi
con il sostegno di Insieme Siamo Arte 2024 realizzato da Città Metropolitana di Roma Capitale e ATCL

ULTRAFICCIÒN NR. 1

idea di El Conde de Torrefiel
regia, drammaturgia e testo a cura di Tanya Beyeler e Pablo Gisbert
ambiente sonoro Rebecca Praga e Uriel Ireland
suono Uriel Ireland
coordinamento tecnico Roberto Baldinelli
distribuzione Alessandra Simeoni
ph. Inés Bacher
produzione esecutiva CIELO DRIVE, Santarcangelo Festival – Futuro Fantastico
traduzioni Nika Blazer (English), Tanya Beyeler (Italiano)
con il patrocinio di Roma Capitale – Municipio XI

Short Theatre Roma | 14-15 settembre 2024

PAC LAB è il progetto ideato da PAC Paneacquaculture in collaborazione con docenti e università italiane per permettere la formazione di nuove generazioni attive nella critica dei linguaggi dell’arte dal vivo. Il gruppo di lavoro di Pac accoglie sul sito le recensioni di questi giovani scrittori seguendone la formazione e il percorso di crescita nella pratica della scrittura critica.