RENZO FRANCABANDERA | Tra Piacenza, Bobbio e Veleia si è creata un’area geografico-culturale nuova e attrattiva grazie alla disseminazione virtuosa di progetti intorno al cinema e al teatro. La Fondazione Fare Cinema presieduta da Marco Bellocchio e diretta da Paola Pedrazzini, che guida anche XNL Cinema e Teatro di Piacenza, sta tessendo questo reticolo di operosità che si rafforza di anno in anno su più livelli, anche con progetti di alta formazione.

È il caso del corso di drammaturgia, giunto quest’anno alla seconda edizione e in procinto di partire, che viaggia insieme a quello già esistente di sceneggiatura cinematografica. Si intitola Il drammaturgo. Scrivere per il teatro: dall’idea alla scena e a condurlo, da fine ottobre 2024 a fine marzo 2025, sono due protagonisti della scena teatrale contemporanea: Letizia Russo e Renato Sarti.
Focalizzato sull’acquisizione di un metodo e di una pratica viva e continua della scrittura, il laboratorio comprenderà un lavoro di riscrittura e di verifica operato direttamente sul testo. Il corso vuole creare professionisti competenti nell’ambito della scrittura per il teatro. Le aree tematiche ruoteranno intorno alla scrittura drammaturgica, alla ricerca e analisi delle fonti per ambientazione e personaggi, all’adattamento drammaturgico, al passaggio dalla parola scritta alla parola “incarnata”. (Per partecipare occorre candidarsi al link di cui diamo indicazioni a fondo articolo).

Abbiamo parlato con Letizia Russo per approfondire obiettivi e metodologie di questo corso.

Quale tipo di corso hai deciso di impostare e cosa significa secondo te scrivere per il teatro?

Sarà un percorso allo stesso tempo collettivo e individuale: ogni partecipante lavorerà su un tema o un’idea che gli/le sta a cuore, senza imposizioni da parte mia, e tutto il gruppo lavorerà sia a favore della propria idea sia a favore di quella delle altre persone. È importante che il primo spunto appartenga al singolo individuo: non c’è possibilità di racconto se all’origine non c’è anche un piccolo fuoco del tutto personale. Allenare il proprio immaginario ma anche la capacità di entrare nell’immaginario altrui sono due strumenti molto utili per chi desidera affrontare la scrittura: nessuno si salva da solo.
Scrivere per il teatro per me significa esplorare l’umanità e le sue contraddizioni. Parte della bellezza è per me nella sua natura “incompleta”: a differenza di altre forme di racconto, il teatro ha bisogno di corpi, e includerli nell’atto di immaginare, strutturare e scrivere è parte del lavoro che faremo insieme. 

Solo negli ultimi anni  la drammaturgia contemporanea sta trovando un posto nei cartelloni teatrali, in Italia. Quale pensi sia stata la ragione storica di questa lentezza italiana in contrasto con altre nazioni in cui sono cresciute più velocemente nuove generazioni di drammaturgh*?
Credo che in parte la ragione di questa fatica stia nella cultura del teatro di regia, che ha affidato il racconto teatrale a uno sguardo totale e totalizzante. Mi esprimo senza alcun giudizio negativo su questo: è la nostra storia, per un lungo tratto è andata così. Oggi le cose, a fatica, lentamente, sembrano in parte essere cambiate, e spero cambino sempre di più. Ci sono molte iniziative (penso per esempio ai premi di drammaturgia) che fanno moltissimo per dare risalto e riconoscimento alle nuove generazioni autoriali. Questo naturalmente non risolve un problema strutturale, e politico in senso ampio, ovvero lo spazio che le istituzioni concedono al teatro scritto da chi oggi è ancora vivente. Ma ho fiducia che le nuove voci sapranno farsi strada, non solo per un’aspirazione al successo individuale ma perché la realtà ha bisogno di sguardi in grado di rappresentarla nella sua complessità.
 
Pensi davvero che a scrivere si impari a scuola? E perchè?
Penso che sia impossibile imparare una volta per tutte a scrivere. E penso che a scrivere si impari solo scrivendo. Questo più che un corso sarà un per-corso, un viaggio, dove ci faremo forza l’un l’altro per affrontare ostacoli e bellezze della scrittura nella sua pratica. Che include la scoperta, la frustrazione, il buio, l’intuizione, la fantasia.
Cosa può offrire un percorso così lungo e articolato per chi lo frequenta? Quali possibilità offre un tempo lungo a chi insegna e a chi vuole apprendere?
Il tempo è un elemento molto importante per affrontare temi ed elementi concreti della scrittura. Vale ovviamente sia per chi è nel mio ruolo sia per chi frequenta il corso come “allievo”. Non uso la parola insegnante per quel che mi riguarda per una serie di ragioni: la prima è che la scrittura non è una scienza esatta, non ci sono formule standard e sempre efficaci che si possano trasmettere. Il mio ruolo è mobile, più vicino a quello di una maieuta che di un’insegnante. Ognuno di noi ha la possibilità di raccontare qualcosa che gli sta a cuore e quello che cerco di fare è aiutare le persone a sbloccare (o scoprire, o potenziare) la propria specifica modalità di racconto.
Ma, tornando alla domanda, il tempo è un alleato fondamentale. C’è bisogno di tempo per interrogarsi, tempo per scoprire, ed è necessario anche il tempo del buio, dell’incertezza, della crisi. Procedere con un tempo corposo alla scoperta della scrittura non è un privilegio, è una necessità, perché garantisce la possibilità dell’errore, che è l’unico mezzo che abbiamo per imparare e per conoscerci più profondamente in relazione alla scrittura.
 
Come te li immagini i tuoi studenti? Ti sei fatta un’immagine fantasiosa di come potrebbero essere?
Immagino un gruppo molto diverso al proprio interno per età, sensibilità, visione del mondo. E so che ogni partecipante, visto dal vivo e conosciuto attraverso la scrittura, saprà sorprendermi.

Per candidarsi si può inviare la scheda d’iscrizione all’indirizzo iscrizioni@veleiateatro.com entro il 30 settembre 2024

La scheda di iscrizione, le istruzioni per la candidatura e le informazioni sul corso si trovano su www.fondazionefarecinema.it e www.veleiateatro.com