CHIARA AMATO* | È giunto quest’anno alla terza edizione all’Elfo Puccini Hystrio Festival, palcoscenico dedicato alle opere della generazione di artisti under 35. Il festival ha aumentato le giornate e il numero di spettacoli proposti, mostrando al pubblico una variegata offerta di visioni realizzate dai giovani teatranti italiani.
Le visioni di Ilva Football Club, Luisa e Il Canto del Bidone hanno come fattor comune l’interesse degli under 35 a dare una funzione fortemente sociale allo strumento teatrale (e per fortuna) e non meramente d’intrattenimento: sono presenti infatti temi politici, questioni di ascolto e cura dei più fragili e le difficoltà umane del vivere in questo malato mondo capitalista.
Ilva Football Club è una creazione di Usine Baug & Fratelli Maniglio, liberamente ispirato all’omonimo romanzo che ripercorre la folle storia di una squadra di calcio provinciale e quella dell’arcinota acciaieria di Taranto, attraverso gli occhi di una famiglia. Gli interpreti (Fabio Maniglio, Luca Maniglio, Ermanno Pingitore, Stefano Rocco, Claudia Russo) pongono la questione sia della lotta contro quel mostro ecologico – che in nome del progresso ha danneggiato la salute di generazioni tarantine – sia quella della dura realtà lavorativa in una città del sud Italia, dove per la maggior parte degli abitanti locali le occasioni lavorative si limitano alla grande fabbrica del posto, qui proprio l’Ilva.
Nelle sue tinte molto scure, la scenografia ben rende questo clima tetro di desolazione: il palco è attraversato da un semicerchio di ritagli neri di plastica che ricordano le polveri sottili che invadevano le case tarantine; a destra invece uno schermo sul quale si alternano spezzoni di telegiornali e caroselli degli anni ’70/’80; al centro una panca da spogliatoio che rimanda al mondo calcistico.
Il taglio scelto dalla regia è tragicomico e rimane sempre al limite tra l’ironia e la leggerezza delle battute dei protagonisti e il dissidio di scegliere tra salute e lavoro quando una terra così difficile la abiti.
Il racconto inizia al buio con le voci sparse dei protagonisti, tra platea e palco, che ci conducono in una narrazione che segue il doppio filo cronologico: da una parte la squadra, dall’altra l’acciaieria più grande d’Europa.
Alcuni momenti musicali, da Elvis ai The White Stripes, interrompono la prosa lasciando lo spettatore di fronte a calciatori danzanti, palloni da calcio luminosi e coreografie che mostrano una buona padronanza del corpo e dello spazio. Quello che pervade maggiormente lo spettacolo è però la rabbia, la rabbia di essere stati vittime e insieme corresponsabili dello sfruttamento di un territorio.

Luisa invece è un monologo che nasce dall’incontro che Valentina Dal Mas, regista e interprete, ha avuto con una donna durante uno dei suoi laboratori di teatro-danza, all’interno di contesti socio-educativi e di cura con persone fragili.
Lo spettacolo si apre con la secca affermazione dell’attrice di voler prestare il suo corpo e la sua voce a Luisa, una donna per la quale ha provato forte affetto e vicinanza emotiva. In una gonna lunga grigia e una camicia color panna troppo castigata, per gran parte del monologo i suoi micro-movimenti avvengono nella cornice di un quadrato di luce, su una sedia e con una rosa rossa ai suoi piedi.
Ricorda Café Müller di Pina Bausch nell’uso del corpo e della sedia che diventa altri oggetti indefiniti; ricorda la frammentazione della parola nell’ultima fase della fragile Sylvia Plath.
Il testo in questa performance non esiste, se non per brevi frasi che si ripetono maniacalmente intorno all’amore di Luisa per un tale Aldo, per il mondo e le sue bellezze.
Le poche parole che riecheggiano sono quelle della canzone Io amo di Fausto Leali, mentre per il resto si lascia spazio ai movimenti corporei. Proprio su queste note, la danzatrice prende possesso di tutto il palcoscenico, spogliandosi dei suoi abiti che diventano un mantello da supereroe. Nel suo danzare alterna momenti attraversati da lampi di gioia, che durano poco e poi riprendono, proprio come la fragilità del personaggio la cui gaiezza è molto fragile.
Quello che emoziona e avvicina particolarmente è la delicatezza e la cura che traspaiono in questo lavoro, anche attraverso le luci che mantengono un clima intimo e caldo, come a voler proteggere quel segreto che ci si sta rivelando davanti agli occhi.

ph. Elisa Vettori

Tutt’altro tono caratterizza Il canto del bidone di Alice Sinigaglia che vede in scena Caterina Rosaia, Davide Sinigaglia e Tommaso Pistelli. Potrebbe essere una favola delle prime volte di un essere umano: Sinigaglia viene generato da un bidone per poi ritornarci sul momento di morire e attraversiamo con lui la prima volta che sbaglia qualcosa, la prima volta che si eccita con un altro corpo, la prima volta che inizia una professione, etc. Durante il percorso è accompagnato a velocità frenetica da due bizzarre guide in tuta da meccanico: sono ironiche, dissacranti, crude e gli dettano i desideri e le aspettative da avere nella vita, lasciando grandi paure al povero malcapitato.
La scena, ideata da Alessandro Ratti, è delimitata da un nastro segnaletico ed è abitata solo dal bidone in questione e da pneumatici in gomma: tutto rimanda a un mondo in cui devi funzionare secondo un determinato binario prestabilito, altrimenti ti viene fatta la revisione con tanto di trapano e pinze. La domanda incessante che questi tutor gli pongono è ‘questo come ti fa sentire?’, ma non sono realmente interessati alla risposta: tutto è incessante, di corsa, meccanico e senza tregua.
Il canto del bidone mantiene un tono intelligente e acuto pur accattivandosi il pubblico con battute e stacchetti musicali, inducendo a pensare maggiormente dopo la visione che durante lo spettacolo, perché il durante è convulso, accelerato e caotico.

L’impressione è che la giovane età di questi artisti non sia poi così “giovane”, ma anzi che questa generazione sappia bene cosa dire al suo pubblico: un pubblico che è arrivato numeroso, variegato ed entusiasta in queste date. Quello che invece sembra attanagliare è la complessità di produzione e di messa in scena del proprio messaggio, sembra deluderli la mancanza di spazio dedicato a quello che hanno da proporre. Proprio in questo, Hystrio Festival riesce a creare un’isola felice dove poter creare sinergie artistiche e confronto tra realtà nazionali under 35.

ILVA FOOTBALL CLUB

una creazione di Usine Baug & Fratelli Maniglio
liberamente ispirato al romanzo Ilva Football Club
di Fulvio Colucci e Lorenzo D’Alò
con Fabio Maniglio, Luca Maniglio, Ermanno Pingitore, Stefano Rocco, Claudia Russo
luci e tecnica Emanuele Cavalcanti
produzione Campo Teatrale

LUISA

di e con Valentina Dal Mas
Produzione La Piccionaia, Vicenza
Lo spettacolo, in scena con la collaborazione di Scenario ETS, ha ricevuto nel 2023 il Premio Scenario Periferie

IL CANTO DEL BIDONE

drammaturgia di Alice Sinigaglia ed Elena C. Patacchini
regia di Alice Sinigaglia
scene di Alessandro Ratti
luci di Alice Sinigaglia e Daniele Passeri
con Caterina Rosaia, Davide Sinigaglia e Tommaso Pistelli
Produzione SCARTI Centro di Produzione Teatrale d’Innovazione, La Spezia
Finalista Premio Scenario Periferie 2021, Finalista POLLINEfest2023

Teatro Elfo Puccini, Milano | 18 e 20 settembre 2024

*PAC LAB è il progetto ideato da PAC Paneacquaculture, anche in collaborazione con docenti e università italiane, per permettere il completamento e la tutorship formativa di nuovi sguardi critici per la scena contemporanea e i linguaggi dell’arte dal vivo. Il gruppo di lavoro di Pac ne accoglie sul sito gli articoli, seguendone nel tempo la pratica della scrittura critica.