FEDERICA D’AURIA / PAC Lab* | “Una persona è un problema irrisolvibile”, risponde così il maestro in Pinocchio, che cos’è una persona? alla domanda che è anche il titolo dell’ultimo lavoro del regista, drammaturgo e pedagogo Davide Iodice, andato in scena dal 27 al 29 settembre al Teatro San Ferdinando di Napoli.
Audace e commovente, l’opera di Iodice riesce nel suo intento: far nascere domande. Se volessimo affidare il racconto ai colori piuttosto che alle parole, l’apertura dello spazio sarebbe senza dubbio affidata al nero, a un nero che si fa attesa lunga, accompagnato da un suono (Luigi Di Martino) presente, fastidioso e intermittente come un pizzico. Il suono e il nero prendono forma; il buio lascia il posto a piccoli frammenti colorati, figure che compongono un arcobaleno. Pinocchio e la Fata Turchina entrano in scena, si dispongono nello spazio mentre un altro Pinocchio insieme a un’altra Fata ripetono il gesto; poi ancora e ancora. Tutti questi Pinocchio sono gli allievi e le allieve della Scuola Elementare del Teatro che raccontano la loro disabilità grazie ai personaggi di una delle fiabe più amate al mondo.
Pinocchio di Collodi è un pezzo di legno che grazie al papà falegname Geppetto diventa bambino, un bambino fuori dall’ordinario. Pinocchio di Davide Iodice è il racconto della genitorialità in rapporto alla straordinarietà dei propri figli.
La Fata Turchina, Ciuchino, i Conigli Neri, il Grillo Parlante messo in croce, conquistano la scena due alla volta, poi a piccoli gruppi e con un gesto – quello di mettere il naso a ciascun Pinocchio – prende vita la dialettica, lunga sessanta minuti, sulla genitorialità e sul diritto ad avere momenti di felicità.
Pinocchio, che cos’è una persona? però non è solo un racconto sulla genitorialità, in questo caso sul rapporto figlio – genitore di un ragazzo straordinario, come lo stesso Iodice sottolinea, ma il lavoro pone domande la cui risposta spetterebbe alla società.
La sensibilità che muove Iodice nella direzione della fragilità nasce sin dall’inizio del proprio percorso di formazione in seguito al quale sceglie di occuparsi di progetti di inclusione sociale, portando il suo metodo teatrale in diversi luoghi del disagio: dall’Ospedale Psichiatrico S. Maria della Pietà di Roma all’OPG di Secondigliano. La sua è un’opera non solo di inclusione e di assistenza ma anche di supporto a un futuro pieno di domande e povero di risposte.
La scena della classe fissa in modo appropriato l’accento sulla questione: tutti i Pinocchio pongono domande al maestro, domande semplici che, come solo le domande semplici sanno fare, richiedono risposte complesse. Si assiste quasi a un’inversione dei ruoli (e in questo le luci di Davide Iodice e Simone Picardi riflettono benissimo l’intento inquisitorio facendosi accecanti sulla croce alle spalle del maestro): a cercare le risposte sono gli alunni, al maestro spetta il compito difficilissimo di rispondere, appellandosi alla “croce del sapere” alle sue spalle. E così si passa da “che cos’è la vita?”, “e la normalità?”, “e il male?”, a “che cos’è una persona?”.
Le scene corali vanno pian piano ad alternarsi fino a dissolversi, e dal buio iniziale alla luce accecante si arriva al momento più alto, più doloroso, più denso. La domanda, l’unica domanda che insiste e si fa strada nella testa del pubblico e di chi vive questa condizione, si fa carne nel personaggio di Ciuchino accanto al sudario della Fata Turchina.
Una musica disturbante che stona, stride, infastidisce, si mescola alla sofferenza di Ciuchino che corre, corre, corre in un girotondo disperato intorno al letto su cui giace sua madre. “E dopo?”, questa è la domanda. “Cosa succede dopo?”. Quasi a volersi chiedere a chi verrà affidata la cura della sua esistenza dopo la morte della madre, Ciuchino urla la domanda di tutte le domande e si sostituisce al coro che si fa voce unica e collettiva.
Quella a cui si assiste è la narrazione della passione di Cristo al contrario, il racconto del dolore che in natura sembra essere la normale accettazione della vita e della morte, un figlio che perde sua madre. La disperazione di Ciuchino è così lancinante da essere in grado di restituire tre suoni perfettamente distinti e diametralmente opposti: la musica alta e stridula come l’attrito di un meccanismo che insiste e si fa guasto, il raglio di Ciuchino che non somiglia nient’altro che alla morte e il silenzio assordante del pubblico che trattiene il respiro.
Le ragazze e i ragazzi della compagnia della Scuola Elementare del Teatro, guidati da Davide Iodice, hanno fatto sì che una fiaba diventasse molto più che un inno alla straordinarietà. Il cuore della restituzione pulsa nella direzione delle risposte dei papà, delle mamme, sorelle, cugini, amici di tutte e tutti i “Pinocchio” che vivono la scena: “Ti pettino i capelli”; “Andiamo a fare una passeggiata”; “Non pensiamo a dopo, è così bello adesso”.
Le frasi semplici che arrivano come colpi di frusta, certezze di un presente che va vissuto in pieno e di un futuro, fuori dall’ordinario, che si fa nebulosa. Pinocchio, che cos’è una persona? ha accolto un pubblico foltissimo e commosso nella Sala di Piazza Eduardo De Filippo che ha visto, nella serata conclusiva del 29 settembre, la presenza di Willem Dafoe, nuovo direttore di Biennale Teatro.
Non si ha la certezza di “cosa succede dopo” aver visto Pinocchio, Che cos’è una persona?, ma lo spettacolo lascia senza dubbio spalancata una porta, quella del diritto alla felicità, fatta di tante piccole istantanee, registrate fuori da quel campo che molti definiscono “ordinario”.
PINOCCHIO che cos’è una persona?
ideazione, drammaturgia, regia, scene e luci di Davide Iodice
con Giorgio Albero, Gaetano Balzano, Danilo Blaquier, Federico Caccese, Stefano Cocifoglia, Giuseppe De Cesare, Simona De Cesare, Patrizia De Rosa, Gianluca De Stefano, Paola Delli Paoli, Chiara Alina Di Sarno, Aliù Fofana, Cynthia Fiumanò, Vincenzo Iaquinangelo, Marino Mazzei, Serena Mazzei, Giuseppina Oliva, Ariele Pone, Tommaso Renzuto Iodice, Giovanna Silvestri, Jurij Tognaccini, Renato Tognaccini
compagnia Scuola elementare del teatro APS
partner Teatro Trianon Viviani, Forgat ODV
training e studi sul movimento Chiara Alborino e Lia Gusein-Zadé
equipe pedagogica e collaborazione al processo creativo Monica Palomby, Eleonora Ricciardi
tutor Danilo Blaquier, Veronica D’Elia, Mara Merullo
cura del processo laboratoriale Scuola Elementare del Teatro Aps
versi Giovanna Silvestri
realizzazione scene Ivan Gordiano Borrelli
cura dei costumi Daniela Salernitano con Federica Ferreri
tecnico audio Luigi Di Martino
tecnico luci Simone Picardi
direttrice di produzione Hilenia De Falco
foto Renato Esposito
si ringraziano Gabriele D’Elia, Tonia Persico, Ilaria Scarano
produzione Interno 5, Teatro di Napoli – Teatro Nazionale
Teatro San Ferdinando, Napoli | Venerdì 27 settembre 2024
* PAC LAB è il progetto ideato da PAC Paneacquaculture in collaborazione con docenti e università italiane per permettere la formazione di nuove generazioni attive nella critica dei linguaggi dell’arte dal vivo. Il gruppo di lavoro di Pac accoglie sul sito le recensioni di questi giovani scrittori seguendone la formazione e il percorso di crescita nella pratica della scrittura critica.