CHIARA AMATO / PAC Lab* | Il Festival MilanOltre, giunto ormai alla 38° edizione, conferma avere uno sguardo attento alle evoluzioni e declinazioni della danza contemporanea, italiana ed estera. Il programma di quest’anno, dal 24 settembre al 17 ottobre, consta di più di cinquanta appuntamenti di danza: spettacoli, lezioni, masterclass, conferenze danzate, dj set e molto altro, tra il Teatro Elfo Puccini, il PAC Padiglione d’Arte Contemporanea e altri luoghi della città.

Una delle performance di indubbia singolarità è stata quella dell’artista irlandese Oona Dohertyche, ormai dal 2010, si esibisce nel Teatro Danza a livello internazionale, e che ha presentato il suo Hope Hunt & The ascension into Lazarus, un breve assolo, precursore di Hard to Be Soft.
L’incipit dell’esibizione avviene in uno spazio esterno all’Elfo dove, sola in scena, l’artista esce dal cofano di una macchina, si fa spazio tra il pubblico, ammicca, crea connessione, fino al grido brutale Entrate!, mentre scappa via.
Lo spettacolo prosegue poi in sala, dove in un angolo c’è un carrello della spesa con sacchi della spazzatura e la danzatrice che si muove per la sala nel suo abbigliamento sportivo e con atteggiamenti aggressivi, urlando ‘sit down!’ mentre la folla si accomoda in platea.

Ph. Mona Blanchet

Quello che impersona è uno strato della società raramente toccato nella danza, il maschio della classe operaia, in particolare chavs, neds, smicks, spesso demonizzato. Si muove sulla scena tramutando la parola in movimento, cambiando lingue (dallo spagnolo, fino al francese e l’inglese), accompagnando i gesti ai versi e mutandoli in accordo fra loro. Spesso le parole finiscono per diventare un urlo da stadio, Chealsie!, ma non vi è un occhio giudicante nei gesti e nello sguardo della danzatrice, ma amore e compenetrazione per questa categoria sociale, se così la vogliamo etichettare. La sua è una denuncia sociale e una sperimentazioni oltre i limiti del corpo, che in dei momenti appare in movimenti soprannaturali, rapidi come se fossero velocizzati da un montaggio, che invece non c’è: in particolare, quando da ferma inizia a scuotere la testa in maniera così rapida, creando un effetto visivo deformante simile all’urlo di Munch o all’Innocenzo X di Francis Bacon.
Estremamente cangiante l’elemento musicale, di Maxime Jerry Fraisse, che alterna i ritmi di dj set alla musica classica ed ecclesiastica, qui forse il riferimento a Lazaro: il suo corpo, infatti, come un’onda dal basso verso l’alto risorge e ricade, seguendo un movimento ciclico e generando un effetto ipnotico sul pubblico.
Come giustamente affermava Lyndsey Winship sul “Guardian” nel 2019: «Nella posizione di Doherty, inclinata all’indietro, le sopracciglia aggrottate, gli occhi socchiusi, la bocca acida (…) tic taglienti e spavalderia c’è una fiducia minata dalla paura. L’occhio astuto di Doherty osserva varietà di maschi europei, prima di atterrare nella sua città natale di Belfast».
Il pubblico è totalmente rapito da qualcosa che non è immediato da afferrare concettualmente, perché la velocità delle immagini che si dispiegano non rende semplice la comprensione di quello che accade: ci infastidisce quasi, scuote e poi avvicina, lasciando una forte un’emozione di turbamento.

Il festival dà spazio a un’altra artista di fama mondiale, Maguy Marin, coreografa e ballerina francese, dedicandole sia un incontro all’Istitut Français, per la proiezione del documentario Maguy Marin: l’urgence d’agir, sia con la messa in scena il 4 ottobre all’Elfo Puccini di due sue coreografie, Duo D’Eden e Grosse Fugue.
Nel 2019 David Mambouch, figlio dell’artista francese e regista del documentario, sottolinea determinati aspetti e passaggi della carriera della madre: in particolare, il percorso di “trasmissione” che la compagnia mette in atto nelle produzioni artistiche.
La presentazione in sala viene fatta dalla giornalista Maria Luisa Buzzi che anticipa alcune delle tematiche affrontate dall’occhio del regista con molta cura: l’animo appassionato della coreografa, la trasmissione di un senso politico e sociale delle sue opere, la condivisione totale della vita in compagnia, che diventa una famiglia/comunità, le difficoltà che una donna forte ha affrontato, dagli anni ’80 a oggi, per poter scardinare alcuni stereotipi e stilemi della danza. È un’artista che ha scavato solchi profondi e cambiato totalmente la storia della danza.
Il suo è un percorso di lotta e di cura per ogni singolo aspetto che del contemporaneo la inorridisce e il documentario parte proprio da uno dei suoi lavori più importanti: May B (1981) che riprende, più di altri suoi spettacoli, lo sguardo beckettiano sul mondo. I suoi protagonisti sono scavati nell’argilla fino allo sgretolarsi dell’argilla stessa durante la performance. I corpi sono deformati da imbottiture, imbruttiti da occhiaie, nere come la pece, e denti distrutti dall’incuria. Questo perché Maguy Marin non ha voluto portare in scena i corpi che la danza dell’epoca precedente dettava come canonici, ma invece fare un’azione politica sul palco.
Questo aspetto accomuna Oona Doherty a Maguy Marin: entrambe, anche se in epoche e spaccati geografici diversi, non vogliono mostrare il “bello”, non voglio lasciare in uno stato di quiete ammirazione il pubblico, ma spingerlo a fare i conti con determinati aspetti della società in chiave politica: vogliono creare dissenso e ci riescono, perché restare indifferenti alle loro creazioni è praticamente impossibile, nel bene e nel male.

HOPE HUNT & THE ASCENSION INTO LAZARUS
coreografia di Oona Doherty
produzione e diffusione Gabrielle Veyssiere
performer Sati Veyrunes
DJ e car driver Maxime Jerry Fraisse
musiche originali di Maxime Jerry Fraisse
supervisione tecnica Lisa Marie Barry
produzione OD Works Oona Doherty
Sostenuto da Dance Resource Base, Art Coucil of Northern Ireland, The MAC Theatre – Belfast, Cathedral Quarter Arts Festi-val, Bristish Council, Prime Cuts Production
Selezionato per un European tour by Aerowaves in 2017
Premi: Best Performer Dublin Tigre Fringe – 2016; Aerowaves – 2016/17; Total Theatre Award Edinburgh Fringe – 2017; The Place Dance Award Edingburgh fringe – 2017; (Re) connaissance 1st Place Jury prize, 1st Audience prize – 2017
Con il supporto della Fondazione Nuovi Mecenati – Fondazione franco-italiana di sostegno alla creazione contemporanea

 

MAGUY MARIN: L’URGENCE D’AGIR
di David Mambouch
Francia, 2019, documentario, 108’

Teatro Elfo Puccini, Milano | 28 settembre 2024
Institut Français, Milano | 3 ottobre 2024

*PAC LAB è il progetto ideato da PAC Paneacquaculture, anche in collaborazione con docenti e università italiane, per permettere il completamento e la tutorship formativa di nuovi sguardi critici per la scena contemporanea e i linguaggi dell’arte dal vivo. Il gruppo di lavoro di Pac ne accoglie sul sito gli articoli, seguendone nel tempo la pratica della scrittura critica.