FEDERICA D’AURIA / PAC Lab* | “La meraviglia è in me sempre legata alla percezione del mistero che sta dietro le cose. E quando questa percezione si verifica – raramente, purtroppo, – fa scricchiolare tutto il nostro credo nella supremazia del visibile”.
Nel buio della Sala Assoli di Napoli, con tre repliche e altrettanti sold out dal 4 al 6 ottobre, si leva a poco a poco una musica, che più che musica è suono, più che suono è il ricordo di un rumore antico. Pochi attimi e l’udito si fa accompagnare dalla vista, mentre un fascio di luce apre il nero dello spazio scenico e rivela la figura, unica, al centro. Mariangela Gualtieri impugna il microfono e, nell’altra mano, stringe il suo libretto di poesie, con cui si appresta a dare colore, voce, suono e corpo alla parola.
Il rito del suo Naturale Sconosciuto ha inizio. Le sue parole dividono l’umanità per riunirla. Suscitano interesse affinché questo diventi azione, destano curiosità per spargere semi di coraggio, osservano il non visto ed esplorano il non detto. Ogni verso spinge a chiedersi: è uno schiaffo o una carezza? Sì, perché il registro non segue un’unica direzione e non è sottomesso a nessuna logica, anzi: ribalta continuamente il soggetto e passa dal carnefice alla vittima con dimestichezza e in assenza di giudizio. È una parola che educa, che chiede, che scuote il conoscibile nascosto dietro l’ego, che sveglia il bambino sottomesso alla sete di potere.
È un’esortazione, una richiesta, l’opera della poetessa, attrice e drammaturga Mariangela Gualtieri, che si fa preghiera: quella di riuscire a vedere. Vedere il debole, l’animale in gabbia, la radice rotta, vedere se stessi dentro gli altri, la bambina ferita; e non essere ciechi di fronte al dolore, non avere paura di aiutare, di ascoltare, di ascoltarsi. La testa china sul libretto, poi gli occhi vispi e pieni di speranza, la voce ruvida e di miele diventano corpo della scena che è piena della sua figura in mezzo al buio. La sensazione è quella di ascoltare una richiesta lontana, la voce di tante voci che invita l’umano a essere umano, a dare amore all’altro, a proteggere la natura, a non offendere le sorelle e i fratelli animali, ad avere speranza, a cessare la guerra.
Il rito sonoro di e con Mariangela Gualtieri, con la guida di Cesare Ronconi, è la richiesta di vivere un percorso spirituale di ricerca, fatto di poesia intrecciata alla musica, all’interno della realtà, dentro le fratture che guidano verso dimensioni sconosciute. E questo percorso fatto di luci e ombre, di suoni primitivi che si mescolano alla parola, di poesia che ricerca il senso e di senso che annaspa senza la poesia, è calpestato dolcemente dal quotidiano che vive, forse inconsapevole delle proprie falle. E qui arriva in soccorso la poesia, quel respiro lento che restituisce non solo speranza ma lucidità: un viaggio umano fatto di velocità.
Con le parole di Gualtieri si sentono – e questo è possibile grazie alla sua interpretazione viscerale e di profonda intimità – lo scricchiolare della porta, il lamento dell’animale, il peso della forza poco gentile, l’amore per la vita nonostante tutto, la bellezza, il sole che cala dietro l’imbrunire.
La figura affascinante di Mariangela Gualtieri che declama le sue parole, si avvicina e si lega a quella del regista Cesare Ronconi intorno al 1983, anno in cui decidono di fondare la compagnia Teatro Valdoca. L’elemento centrale del Teatro Valdoca è quello epico, che cristallizza le sue attrici e i suoi attori in una figura a metà tra il divino, l’umano e l’animale. La figura dell’attore è sempre affiancata ed elevata dalla centralità della parola in forma poetica, accompagnata da suoni e musiche che ne esaltano l’oralità. Questa unione di suoni, versi e gestualità semplice, quasi primitiva, restituisce allo spettacolo del Teatro Valdoca la peculiarità di un evento denso di ritualità, qualcosa di mistico, un incanto misto a magia.
“A volte ho l’impressione – racconta Mariangela Gualtieri – che noi, senza saperlo, facciamo esperienza per uscire dall’esperienza, per toccare la soglia. E la soglia è segnalata spesso dal tremendo o dal meraviglioso”. Dalle sue parole è ancora più immediato capire come questo tipo di messa in scena, di verso messo in corpo e di suono incastrato in armonia con tutto il resto, faccia fare esperienza all’interprete e allo spettatore di un viaggio in simbiosi, dove non esiste più il confine tra l’uno e l’altro, perché è la ricerca di quel confine a farne uno spazio divaricato, in cui specchiarsi e ritrovarsi a indagare insieme.
Naturale Sconosciuto è l’esplorazione di ciò che è noto nell’ignoto, è un processo di smarginamento e di elusione del confine, per indagare la crepa tra l’ordinario e l’impercepibile.
NATURALE SCONOSCIUTO
rito sonoro di e con Mariangela Gualtieri
con la guida di Cesare Ronconi
produzione Teatro Valdoca
con il contributo di Regione Emilia Romagna, Comune di Cesena
Sala Assoli di Napoli | 4 ottobre 2024
* PAC LAB è il progetto ideato da PAC Paneacquaculture, anche in collaborazione con docenti e università italiane, per permettere il completamento e la tutorship formativa di nuovi sguardi critici per la scena contemporanea e i linguaggi dell’arte dal vivo. Il gruppo di lavoro di Pac ne accoglie sul sito gli articoli, seguendone nel tempo la pratica della scrittura critica.