GIULIA BONGHI | L’incantevole Teatro Giuseppe Verdi di Busseto ha accolto quest’anno Un ballo in maschera, nell’ambito del Festival Verdi 2024. Il pubblico ha assistito a una messa in scena che ha saputo far emergere il cuore pulsante dell’opera verdiana, costruendo un’esperienza che mescola vitalità, dramma e una forte componente estetica.
Il regista Daniele Menghini ha deciso di presentare un’interpretazione che gioca sui contrasti tra l’intimità psicologica dei personaggi e la grandezza dell’affresco storico in cui si trovano. A differenza di produzioni più classiche, la sua regia si è concentrata su un uso simbolico degli spazi e delle maschere, portando lo spettatore a riflettere non solo sui temi dell’amore proibito e della vendetta, ma anche sulla percezione dell’identità e della verità. Fondendo l’idea di piacere e limite, vita e morte, crea un mondo scenico in cui il protagonista, Riccardo, è simbolo di un’esistenza vissuta al limite. L’ispirazione alla figura storica di Gustavo III di Svezia, con i suoi eccessi e il suo amore per l’arte, offre una rilettura che va oltre la vicenda amorosa, approfondendo il concetto di potere come sovversione delle regole.
Si spengono le luci di sala. Un palloncino solitario attraversa il proscenio da sinistra verso destra, mentre l’orchestra suona il Preludio. Si apre il sipario, il palloncino scoppia e la storia prende vita, tra intrighi politici, cuori spezzati e profezie sinistre. Riccardo, Governatore di Boston, ha tutto: potere, fascino e un segreto amore non proprio saggio per Amelia, la moglie del suo migliore amico Renato. Si consulta con una cartomante, Ulrica, che gli predice la morte per mano di un amico. Nonostante la premonizione, Riccardo non dà peso alla profezia e continua a vivere la sua vita, organizzando una festa in maschera. Nel frattempo, Renato scopre che Amelia e Riccardo si stanno incontrando di nascosto e decide di unirsi ai congiurati che vogliono uccidere Riccardo. Proprio la festa in maschera diventa l’occasione perfetta per il colpo finale: Renato, mascherato, pugnala Riccardo. Nel suo ultimo respiro, Riccardo perdona tutti e dichiara che non ha mai ceduto alla passione per Amelia, dimostrandosi ancora leale. Si compie così il tragico destino di Riccardo, tra il rimorso di Renato e la consapevolezza dell’inevitabilità del destino. Mai sottovalutare il potere di una profezia…
Le maschere, parte integrante della narrazione, riflettono, in questo caso, il conflitto interiore dei protagonisti, in particolare di Riccardo, che sembra danzare tra la vita e la morte, sempre sul filo dell’eccesso. Emerge attraverso i personaggi, ognuno a suo modo estraniato, il gioco continuo tra l’apparire e l’essere.
La scenografia, firmata da Davide Signorini, prevede un’ambientazione minimalista che ha dato grande risalto ai personaggi, lasciando che fossero le emozioni a dominare la scena. Questa si sviluppa come un inno alla vita, alla festa, ma con la costante ombra della morte che incombe. Lo spazio scenico, pur ridotto, è stato sfruttato in maniera ottimale, grazie a un’ambientazione che alterna elementi storici e contemporanei, così come si sovrappongono nei costumi, firmati da Nika Campisi. Ancora, le luci, curate abilmente da Gianni Bertoli, hanno contribuito a creare atmosfere inquietanti e surreali, grazie anche all’utilizzo di colori saturi, perfettamente equilibrati, che connotavano le scene; un espediente che ha rafforzato il carattere enigmatico e grottesco della pièce.
Così articolata, la messa in scena si allinea armoniosamente con le intenzioni del compositore, mantenendo un equilibrio tra innovazione visiva e coerenza musicale. La direzione dell’orchestra, affidata a Fabio Biondi, ha fatto risplendere ogni sfumatura della partitura, esaltando le voci del cast, tutti al debutto. Nelle sue note di direzione, emerge l’importanza di non ridurre l’orchestra a semplice accompagnamento, ma di darle un ruolo espressivo collaborativo. La partitura è stata eseguita con una dinamica precisa e un’attenzione ai dettagli timbrici che ha permesso di mantenere viva l’energia tragica dell’opera. L’Orchestra Giovanile Italiana, seppur ridotta per motivi logistici, ha saputo rendere giustizia alla ricchezza musicale di Verdi grazie a un lavoro di adattamento intelligente e rispettando il complesso vocabolario musicale del compositore.
Le interpretazioni vocali hanno brillato, con Giovanni Sala nei panni di Riccardo che ha colpito per la vocalità calda e drammatica, perfetta per incarnare il tormento interiore del personaggio. Kang Hae, con la sua voce baritonale penetrante, ha dato vita a un personaggio tormentato, diviso tra dovere e passione. Ilaria Alida Quilico, nei panni di Amelia, ha incantato il pubblico con una voce stentorea e ricca di pathos, rendendo tangibile il dramma interiore del suo personaggio. La leggerezza di Oscar, incarnato con grazia e virtuosismo da Licia Piermatteo, ha offerto un piacevole contrasto alla drammaticità della vicenda, senza mai interromperne il ritmo incalzante. Danbi Lee ha dato vita a una Ulrica potente e ultraterrena, con la sua voce consistente unita a una presenza evanescente. Convincono gli altri: Giuseppe Todisco, Silvano; Agostino Subacchi, Samuel; Lorenzo Barbieri, Tom; Francesco Congiu, Un giudice/Un servo di Amelia.
In conclusione, il confronto con la celebre produzione di Un ballo in maschera diretta da Graham Vick qualche anno fa è inevitabile. Vick aveva scelto un approccio fortemente politico, sottolineando il ruolo del potere e della corruzione con una regia spettacolare e provocatoria. La sua interpretazione poneva l’accento sui conflitti di classe e sulla manipolazione, inserendo il dramma privato di Riccardo in un contesto di lotte sociali ben definito. Menghini, invece, ha scelto un registro più intimo – affine al luogo della rappresentazione – indagando l’aspetto psicologico e simbolico, pur senza perdere di vista l’elemento politico. La sua regia si discosta dal realismo per abbracciare una dimensione più rarefatta e poetica, dove le maschere diventano simbolo di un conflitto esistenziale, non solo sociale.
Così si chiude anche quest’anno il Festival Verdi, che ha raccolto un forte entusiasmo da parte del pubblico e si è dimostrato, ancora una volta, un palcoscenico di grande importanza per la conservazione e divulgazione del repertorio verdiano, in dialogo con la contemporaneità.
UN BALLO IN MASCHERA
melodramma in tre atti, da Gustave III ou Le balmasqué di Eugène Scribe
Libretto di Antonio Sommata
Musica di Giuseppe Verdi
Personaggi e interpreti:
Riccardo Giovanni Sala (27,12,18)
Davide Tuscano (28,5)
Renato Lodovico Filippo Ravizza (27,5,12)
Kang Hae (28,18)
Amelia Caterina Marchesini (17,5,12)
Ilaria Alida Quilico* (28,18)
Ulrica Danbi Lee*
Oscar Licia Piermatteo*
Silvano Giuseppe Todisco
Samuel Agostino Subacchi*
Tom Lorenzo Barbieri
Un giudice/Un servo di Amelia Francesco Congiu*
Orchestra Giovanile Italiana
Direttore Fabio Biondi
Coro del Teatro Regio di Parma
Maestro del Coro Martino Faggiani
Regia Daniele Menghini
Scenografia Davide Signorini
Costumi Nika Campisi
Luci Gianni Bertoli
*Allievi e già allievi dell’Accademia Verdiana Corso di Alto perfezionamento in repertorio verdiano
Teatro Giuseppe Verdi, Busseto | 18 ottobre 2024