ELVIRA SESSA / PAC LAB*| Toctoctoc. Colpi secchi e ripetuti. Sulla scena solo tre porte senza muri. Toctoctoc Toctoctoc. Ad un tratto, qualcuno dal pubblico si volta e sorride. Gli altri seguono il suo sguardo. In fondo alla sala, il clown Leandre (Leandre Ribera) avanza verso il palco con una porta sulle spalle. La conduce sul palco e la apre sulle altre. Da lì sbucano altri quattro clown (Laura Miralbés, Cristina Solé, Pere Hosta, Andreu Sans) che mettono in subbuglio la sua intimità. E il gioco delle porte ha inizio. Si aprono, chiudono, socchiudono, sbattono, schiacciano. Gli attori le attraversano o tentano di farlo, da soli, a gruppi di due, tre, contemporaneamente. In un vortice di azioni surreali ed esilaranti, tra capitomboli e salti.

Sin dal titolo, lo spettacolo N’imPORTE quoi, ultima creazione della compagnia spagnola Leandre Clown,  gioca con il concetto di ‘porta’ quale varco che può condurre a felici sorprese o pericoli.
Presentato per la prima volta in Italia al Teatro Vittoria di Roma, dal 25 al 27 ottobre, nell’ambito della rassegna Kids del Romaeuropa Festival 2024, ha per protagonista il clown Leandre creato da Leandro Ribera, clown-mimo catalano tra i migliori sulla scena internazionale e punto di riferimento europeo per il teatro di strada.

Poco alla volta si aggiungono altri oggetti di scena, trasformati nei modi più fantasiosi. La vasca da bagno diventa ora una barca ora una giostra saliscendi, il tavolo da stiro una tavola da surf o un animale imbizzarrito da cavalcare, la scala di alluminio si trasforma in due trampoli su cui Laura Miralbés si esibisce in una spassosa gag.
Rituali quotidiani – come spolverare il divano con il battipanni o girare il mestolo nella pentola – assumono un ritmo serrato, evidenziando l’assurdità di alcune abitudini casalinghe e si alternano ad azioni volutamente nonsense – come quella di lanciarsi in salti acrobatici per infilarsi al volo le pantofole – che fanno pensare al teatro dell’assurdo di Ionesco.
Tutto è affidato al gesto, alla mimica, alla sonorità degli oggetti di uso quotidiano e a qualche buffo vocalizzo estemporaneo dei cinque brillanti interpreti che si muovono con precisione, sincronismo e agilità in un affiatato lavoro di squadra.
Mani, gambe, braccia indicano, interrogano, salutano, appaiono, scompaiono tra le porte, si intrecciano e confondono tra loro al punto che neppure i clown sanno più se sono le loro o quelle degli altri compagni.
Le musiche (composte da Victor Morató) con sonorità klezmer, blues, jazz, sorreggono il ritmo della narrazione. La luce (Marco Rubio), per lo più calda e diffusa, si fa improvvisamente dura e piena di contrasti nei momenti di tensione come quello della fuga di Leandre perseguitato dagli altri clown.
Per settanta minuti ininterrotti, la platea – di grandi e piccoli, italiani e non – resta incollata alle sedute che abbandona solo quando uno dei clown, al suono del piffero, esorta i bimbi a salire sul palco e questi, increduli ed entusiasti, si precipitano da lui, gustando per qualche minuto l’ebbrezza delle scene.
E sono proprio i bambini a farsi sentire di più. Battono a ritmo le mani mentre Pere Hosta oscilla ipnoticamente un mazzo di chiavi, si uniscono in un “ooooh” dinanzi a una fragorosa pioggia di chiavi e nel vedere il canapé che si anima all’improvviso, ridono durante una cena paradossale in cui Miralbés scambia per spaghetti i suoi lunghi capelli e la pentola diventa uno strumento a percussione, mentre tutto intorno ruotano bicchieri impazziti e Miralbés viene presa da un singhiozzo irrefrenabile. I più piccoli vengono messi alla prova quando tutte le luci si spengono e gli attori si aggirano in platea con torce elettriche, finché uno di loro crea con le ombre una mano gigante che cerca di catturare Leandre.

L’umorismo poetico e riflessivo della pièce ricorda sia quello cinematografico di Buster Keaton, Charlie Chaplin, sia la lezione dei grandi artisti della scuola francese del mimo e del teatro gestuale, come Jacques Tatí, Marcel Marceau, Étienne Decroux.
N’imPORTE quoi, sui palcoscenici europei dal 2021, proseguirà la tournée in Portogallo e Spagna. Ha vinto il premio per il miglior spettacolo al FETÉN-2023 (Fiera europea del teatro per bambini e giovani, che si svolge a Gijón, Spagna), ricevendo encomi anche in altri festival spagnoli quali la Mostra Igualada e la Temporada Alta di Girona.
Il collettivo Leandre Clown si era peraltro già fatto apprezzare in Italia con Fly me to the Moon andato in scena lo scorso settembre a Milano e a Genova con protagonisti Leandro Ribera e Laura Miralbés, a cavallo di una bicicletta volante; ma anche questo appuntamento romano non ha deluso le alte aspettative degli spettatori di ogni età.

N’imPORTE QUOI

Direzione artistica: Leandre Ribera
Performer: Andreu Sans, Cristina Solé, Laura Miralbés, Leandre Ribera, Pere Hosta
Composizione musicale: Victor Morató
Scenografia: Txesca Salvà
Costruzione della scena: El Taller de Lagarto
Produzione tecnica & Lighting Design: Marco Rubio
Produzione e Management: Leandre SL – Agnés Forn 

Teatro Vittoria, Roma, 25 ottobre 2024

 

* PAC LAB è il progetto ideato da PAC Paneacquaculture in collaborazione con docenti e università italiane per permettere la formazione di nuove generazioni attive nella critica dei linguaggi dell’arte dal vivo. Il gruppo di lavoro di Pac accoglie sul sito le recensioni di questi giovani scrittori seguendone la formazione e il percorso di crescita nella pratica della scrittura critica.