MICHELE PECORINO / PAC LAB* | Tra gli spettacoli ospiti della ventinovesima edizione del Festival delle Colline Torinesi, L’Ombelico dei Limbi di e con Stefania Tansini che è stato ospitato il primo e il 2 novembre scorso alla Lavanderia a Vapore di Collegno, dove, ormai nel 2023, era iniziato il percorso di ricerca di questo lavoro.
Dopo il debutto al PAC di Milano e dopo altre date a Napoli, Firenze, Santarcangelo di Romagna e in altri centri, sono tornate a riflettersi nel luogo di nascita della pièce le ombre del folle Artaud e del suo ben noto L’Ombelico dei Limbi, raccolta di testi e poetiche del periodo surrealista, da cui emerge una frammentazione dell’io e una profonda alienazione a cui Tansini si rivolge, senza però incorrere in citazionismi manieristici privi di ogni riflessione personale. L’intera performance, infatti, si inscrive in una logica percettiva che si lega indissolubilmente, ma in modo mutevole, allo spazio e alle presenze in esso, con cui la performer entra sottilmente in contatto.
Il pubblico accede in sala, ma inusualmente, invece di accomodarsi sulle consuete gradinate, viene invitato a prendere posto su delle sedute disposte su due file, in prossimità della parete di fondo del palco. I gradoni della platea appaiono per metà vuoti dei seggiolini neri a cui si è abituati. A dare inizio all’evento performativo è il meccanico e ronzante rumore dei motori delle tende che lentamente calano, schermando gli ampi finestroni laterali della sala.
La danzatrice fa il suo ingresso in scena dal retro del palco: come un detrito proveniente da un’altra dimensione, si accascia proprio in prossimità del pubblico, come se si stesse sottraendo a convenzioni di tempo e spazio dalle quali è fuggita. Gli spettatori si trovano dunque in relazione, sin dai primi istanti, con un corpo raggomitolato che giace silenzioso ai suoi piedi. Un corpo accartocciato, ma capace di eludere i postulati e le regole imposti. Indossa abiti neri che la fanno apparire, in relazione all’intero spazio abitato in modo anticonvenzionale, come un’identità enigmatica.
Il suo stare immobile, nel suo “fuori balance”, acquista gradualmente dinamismo e vitalità. Ben presto, abbandona lo spazio antistante al pubblico per esplorare la gradinata, dialogando con il pubblico ora lontanamente, ora in modo più ravvicinato, in un agire tra il dentro e il fuori della scena, il dentro e il fuori degli infiniti frammenti dell’io. Sembrerebbe dipanarsi sull’insolito spazio dell’azione un linguaggio precipuamente cinematografico, dove questo alternarsi di vicinanza e lontananza rimanda a campi lunghi, medi, primi piani e dettagli.
In questo avvicendamento tra lontano e vicino, la performer dispiega sui gradoni un telo bianco, su cui si infrange la luce, col suo pulsare in continuo divenire, per poi riflettersi sulle pareti circostanti. Il telo accoglie il corpo disteso di Tansini fino ad avvolgerlo interamente, come un bozzolo dal quale si libera, come conquistando una novella ed effimera nascita.
Ritorna, quindi, quel rapporto dialettico tra dentro e fuori, tra io e ambiente, tra io e tempo. Il territorio neutro del telo bianco lascia spazio a un momento di stasi: Tansini, recuperata una sedia, vi si siede e stilla delle gocce di colore azzurro da una boccetta sul suo braccio sinistro, una sorta di effluvio della sua interiorità sotto forma di lacrime di sangue azzurrognolo.
A subentrare di seguito è anche il suono, attraverso acuti via via sempre più alti, emessi dalla stessa Tansini, che raggiungono apici massimi, in cui le tonalità squillanti sembrano fondersi con il suo corpo, con la sua carne, per poi culminare in parola. Parole ripetute e sussurrate come invocazioni asettiche al tempo e allo spazio. Al loro fianco anche le musiche composte da Paolo Allara.
L’Ombelico dei Limbi si rivela essere un viaggio introspettivo che si inerpica tra tensioni e costrutti che la performer scardina poeticamente. Si tratta di una performance in cui l’io si disgrega nel suo legarsi a una fisicità tormentata, andando oltre il tempo e lo spazio. È inoltre insito nel lavoro un incessante dialogo tra macro e micro, tra grandi e piccoli sistemi, dove si presenta una fluida trama di associazioni e dislocazioni non soltanto motorie, ma anche verbali e di senso. Le parole a brandelli o i vocalizzi laceranti sono tracce di un post-umano che porta, sul finale, a un abbandono del linguaggio.
In conclusione, il punto di vista che si offre al pubblico è inusuale, come il modo in cui la performer abita lo spazio. Le logiche acquisite vengono sovvertite e il pubblico stesso si ritrova ad attenzionare, attraverso uno sguardo frammentante, le differenti sezioni della scena, delle micro-sezioni.
Stefania Tansini, ancora una volta, come in My body solo o in altri suoi precedenti lavori, non ha percorso un’univoca strada, ma plurime vie costellate da differenti elementi sensoriali che si coniugano insieme, arrivando a definire un suo personale mondo dall’essere utopico.
L’OMBELICO DEI LIMBI
progetto, coreografia danza e costumi Stefania Tansini
musiche Paolo Aralla
luci Elena Gui
dramaturg Raffaella Colombo
tutor Silvia Rampelli
vocal care Monica Demuru
direttore tecnico Omar Scala
assistenza ai costumi Chiara Sommariva
organizzazione e promozione Federica Parisi
grazie a MeArTe_ fabrics and tailoring, Fondazione Il Lazzaretto
in coproduzione con Fondazione Teatro Grande di Brescia, Romaeuropa Festival, Tpe-Teatro Piemonte Europa/Colline Torinesi, Nanou associazione culturale
con il supporto di residenza Artisti nei Territori Masque Teatro, Boarding Pass Plus Dance/Santarcangelo dei Teatri, Olinda residenza artistica, residenza da Centro nazionale di produzione della danza Virgilio Sieni, progetto Air_Artisti in residenza 2023/Lavanderia a Vapore
Lavanderia a Vapore, Collegno (TO) | 1 Novembre 2024
* PAC LAB è il progetto ideato da PAC Paneacquaculture in collaborazione con docenti e università italiane per permettere la formazione di nuove generazioni attive nella critica dei linguaggi dell’arte dal vivo. Il gruppo di lavoro di Pac accoglie sul sito le recensioni di questi giovani scrittori seguendone la formazione e il percorso di crescita nella pratica della scrittura critica.