VALENTINA SORTE | Dopo il successo di Dopo, nel 2021, e di Un nodo in gola, l’estate scorsa, nell’ambito del festival Da vicino nessuno è normale, il TeatroLaCucina ha ospitato dal 27 ottobre al 09 novembre un altro lavoro di Gabriella Salvaterra, Succede, che affronta con delicatezza e in maniera inedita il tema della violenza sulle donne, indagando le forme più svariate e sottili in cui questa si manifesta. 

Salvaterra opera da sempre a livello internazionale (America Latina, Stati Uniti, Asia, Australia, Italia) ed è uno dei membri del Teatro de los Sentidos di Enrique Vargas, dove si è formata artisticamente, ma negli ultimi anni ha affermato un percorso di ricerca personale all’interno del teatro sensoriale che l’ha portata alla creazione di esperienze immersive sia all’aperto, nella natura, che al chiuso, nell’oscurità. Attraverso delle installazioni abitate, l’artista mira a creare esperienze poetiche capaci di provocare risonanze interiori e di scatenare trasformazioni individuali e collettive.   

Nello specifico, questo progetto è stato commissionato nel 2021 dall’Assessorato alle Pari Opportunità del Comune di Modena, e per le repliche milanese ha ricevuto il sostegno della Delegata del Sindaco alle Pari Opportunità del Comune di Milano. Si tratta di un’installazione sensoriale e immersiva per uno spettatore alla volta che non mira a denunciare la violenza di genere a squarciagola, come istintivamente verrebbe da fare, quanto a esplorare per vie sotterranee ed intime le forme di violenza che moltissime donne continuano a vivere. La violenza viene affrontata come fosse una componente intrinseca e invisibile di alcune relazioni, come impulso talvolta così sottile e impercettibile da risultare “culturalmente accettabile”, all’interno di un contesto sociale ancora oggi regolato da una forte tendenza al patriarcato. Da questa chiave di lettura nascono l’intelligenza e l’incisività del lavoro della Salvaterra. 

Gabriella Salvaterra SUCCEDE ph Ilaria Costanzo
Gabriella Salvaterra SUCCEDE ph Ilaria Costanzo

L’installazione si configura come un percorso a stazioni, da abitare ed esplorare, lasciandosi avvolgere, nell’oscurità, da un paesaggio visivo, sonoro (a cura di Pancho Garcia) e olfattivo (a cura di Giovanna Pezzullo) molto suggestivo. Un labirinto che si muove fra narrazione, performance partecipata e installazione, un viaggio interiore da praticare in solitudine e al buio. Un viaggio che in realtà inizia prima dell’inizio. Nella sala d’attesa, lo spettatore attende infatti il suo turno avvolto in un’atmosfera ovattata, fatta di esili e incessanti bisbigli che creano come un sottofondo sonoro ed emotivo. La cultura del patriarcato è questo sottofondo, opera attraverso dinamiche spesso invisibili, è una sorta di dimensione latente ma pervasiva, parte del nostro sistema culturale e familiare. Una seconda pelle. Lì da sempre, e per questo più difficile da riconoscere come tale.  

Gabriella Salvaterra, insieme ad Arianna Marano e Giovanna Pezzullo accoglie e guida i “visitatori” con molta cautela. Piano piano, con grande rispetto delle storie e delle memorie altrui. È sempre molto delicato l’accesso nella vita degli altri, bisogna procedere in punta di piedi, senza brusche intromissioni, senza alcuna sovrascrittura. La drammaturgia è per metà un puro atto di ascolto. Da una parte c’è lo spazio installativo abitato dalle performer secondo un canovaccio narrativo e un’estrema cura estetica, dall’altra c’è la relazione profonda con l’altro. 

Gabriella Salvaterra SUCCEDE ph Ilaria Costanzo

Il percorso inizia con la perdita delle proprie coordinate spazio-temporali, immersi nel buio. Come falene ci si muove verso deboli riverberi di luce, lungo dei corridoi. A volte si accede a stanze-museo, vere e proprie Wunderkammer, curate nel minimo dettaglio, affascinanti ma dall’atmosfera macabra e a tratti opprimente. Una di queste, ad esempio, sembra una stanza della “memoria”. Accumulati su numerosi scaffali, troviamo teche illuminate e barattoli di vetro in cui affogano, come immersi nella formaldeide, vecchi ricordi e cimeli d’amore, quasi reliquie. Ci saranno altre stanze simili a queste lungo il percorso, seppur diverse nel loro specifico allestimento. Ciò che le accomuna è una particolare poetica dell’oggettoGli oggetti sembrano essere depositari di una narrazione intima (oggetti-evento) quasi medium emotivi, ma il loro allestimento per serialità e accumulazione li riporta allo stesso tempo alla loro mera oggettualità (oggetti-cosa).  

Altre volte, invece, si passa accanto a stanze-quadri da osservare dall’esterno come spazi di memoria cristallizzati, dalla grande pulizia formale. Altre volte ancora si entra in spazi installativi performati, in cui si prende parte insieme agli artisti a intense sequenze narrative. In Succede ce ne sono quattro. Per non privare i “futuri” visitatori della relazione diretta con l’opera, non mi soffermerò tanto sui dettagli delle installazioni abitate, quanto sulla loro funzione drammaturgica, anche perché Salvaterra non parte mai dal racconto del reale in quanto tale, ma lo trasla in una rappresentazione simbolica, ancora più forte dell’originale. Grumi poetici di reale.  

In ognuna di queste stazioni è sempre presente una figura femminile che accoglie il visitatore e lo guida durante l’esperienza. La prima installazione esplora la perdita dei propri riferimenti identitari, con un’operazione di scomposizione e ricomposizione dell’immagine. Insieme all’acqua, la fotografia è qui di nuovo protagonista, sebbene come cancellazione di sé. La seconda installazione ha un impatto visivo ancora più forte: una serie di sottovesti femminili, sospese all’altezza dello spettatore e cucite una dopo l’altra, formano una specie di spirale che il visitatore inizia a seguire. Quanto può pesare una sottoveste? La loro leggerezza nella vita reale contrasta con la loro rappresentazione nello spazio scenico. Sembrano di piombo per tutto il peso che hanno sopportato. Piombo su piombo. Con questo peso addosso arriviamo al centro della spirale dove siamo chiamati a confrontarci con il processo di negazione a se stessi della violenza subita. 

Gabriella Salvaterra SUCCEDE ph Ilaria Costanzo

Il terzo spazio performativo assume invece la forma di un ring. Oltrepassiamo le corde e la prospettiva si ribalta. Una pugile ascolta le nostre ferite. La nostra pelle, il nostro corpo è in questo momento un atlante, con morfologie emotive in rilievo, tra altitudini e depressioni. La nostra storia trasuda dalla nostra pelle. Finiamo a terra, è buio pesto. Le nostre paure, i nostri dubbi iniziano allora a salire in superficie, risvegliate da questo percorso sensoriale e interiore.  

Non è un attraversamento facile. Né per le performer, né per il pubblico. Per questo alla fine del percorso, c’è un’ultima stazione performativa, una sorta di sala della decompressione, uno spazio di recupero prima di poter tornare fuori. Una frase ci viene sussurrata in questa stanza: “Tutto passa, tutto resta”. Le piccole sopraffazioni, i piccoli soprusi quotidiani, le microviolenze passano spesso inosservate ma restano su di noi e a volte vengono a galla. Le microviolenze ci parlano di quelle macro. 

Che il visitatore sia donna o uomo poco importa, il percorso è stato concepito per generare consapevolezza e produrre domande. Succede non intende infatti offrire risposte, fallirebbe il suo scopo. Al contrario, attraverso un solido impianto drammaturgico e una cifra stilistica molto riconoscibile e personale Gabriella Salvaterra costruisce un racconto sincero e profondo che invita davvero a una riflessione intima e mai rassegnata sulle forme sottili e invisibili in cui la cultura della violenza e del patriarcato si manifesta. Succede anche a me?

SUCCEDE

di Gabriella SalvaterraSST Sense Specific Theatre 
collaborazione drammaturgica Miguel Jofré Sarmiento, Arianna Marano, Giovanna Pezzullo 
con Arianna Marano/Giuliana Pavarotti, Giovanna Pezzullo, Gabriella Salvaterra, Angela Sparvieri/Antonella Carrara 
paesaggio olfattivo Giovanna Pezzullo 
musiche Pancho Garcia 
costumi Giuliana Pavarotti 
direzione tecnica Davide Sorlini 
organizzazione Claudio Ponzana 
assistente scenografo Ross Molla 
produzione SST – Sense Specific Theatre/Artisti Drama 

Visto a TeatroLaCucina, nell’ex Ospedale Psichiatrico Paolo Pini (Milano), dal 27 ottobre al 09 novembre