ELENA SCOLARI | Donald Trump è il vecchio nuovo Presidente degli Stati Uniti, in Italia un professore (Christian Raimo) viene sospeso dall’insegnamento per tre mesi per aver offeso – fuori dal contesto scolastico – il Ministro dell’Istruzione, a Bologna si scontrano in piazza militanti di CasaPound e gruppi antifascisti. Questa è l’aria che tira.
Nelle pubblicità l’aggettivo ‘italiano’ viene cosparso dappertutto: i valori italiani, il latte italiano, il design italiano, la moda italiana… poco importa che il “made in Italy” sia effettivamente prodotto in Italy. Comunque “prima gli italiani”. Che non necessariamente sono le persone nate in Italia, per inciso.
E così Niccolò Fettarappa e Nicola Borghesi, due tra le intelligenze più brillanti del panorama teatrale odierno, si sono uniti per realizzare Uno spettacolo italiano, e cioè uno spettacolo di destra: è ciò che i due dichiarano. Eh sì, perché per domare l’onda bisogna cavalcarla, non ci sono santi. Per capire bisogna sporcarsi le mani.
Borghesi è fondatore del gruppo Kepler 452 con Enrico Baraldi e Paola Aiello, tra i loro spettacoli più noti c’è Il capitale, profonda riflessione sul lavoro e sulla fabbrica, prodotto dopo una “residenza” con gli operai della GKN di Campi Bisenzio; Fettarappa si è fatto conoscere per Apocalisse tascabile, realizzato con Lorenzo Guerrieri, una sferzante, travolgente e caustica critica della società contemporanea e della malconcia situazione in cui molti giovani si trovano.
Qui tutto comincia con l’inno di Mameli cantato in proscenio: per non saper né leggere né scrivere, con quello non si sbaglia. Come per le partite della nazionale. Del resto è una lettera del Ministro in persona a raccomandarlo.
Lo spazio scenico è delimitato da un perimetro di linee tratteggiate, ci mettiamo anche il modellino di una nave che ne difenderà i confini. Italiani. E il crocifisso veglierà sulla serata.
I due attori e drammaturghi indossano i panni di tutti i giorni ma provano – teatralmente parlando – a mettersi nei panni di ciò che non sono. Con qualche richiamo allo spettacolo Gli altri di Kepler 452, scoprono con raccapriccio che alcune pulsioni considerate loro possono essere bipartisan: come disse Giorgio Gaber, “Non ho paura del Berlusconi fuori di me, ho paura del Berlusconi in me”. Fettarappa e Borghesi attraversano allora gli stilemi nazionalisti, oggi così ben risfoderati, evidenziandone le contraddizioni, deridendo se stessi in un crescendo che pare ridanciano ma diventa sempre meno rassicurante man mano che le scene si affastellano.
Nicola e Niccolò si chiamano per nome, si chiamano in causa per introdurre la scena successiva, si raccontano l’un l’altro sogni e incubi. Non sempre i collegamenti sono ferrei ma l’impressione è che il loro pensiero si sviluppi davanti ai nostri occhi, che esempi e circostanze si presentino, in maniera anche slegata, proprio come certe idee guizzano in testa senza che se ne abbia piena coscienza. Così Fettarappa si ritrova in un rave (il primo divieto del governo ora in carica: la missione è sconfiggere il reggae) ad Anguillara, inadeguato e fuori posto, poi Borghesi, in un sogno, accetta l’offerta di un posto fisso e ben retribuito alla Rai, sale sul carrozzone abbandonando i suoi “spettacolini di sinistra”.
I due protagonisti non sono soli, in scena. Una presenza – non ancora del tutto risolta – incombe su di loro: il busto di un immaginario sottosegretario alla Cultura in gesso bianco viene svelato sotto una copertura di pluriball e interagisce con i personaggi, a turno uno degli attori lo impersona da dietro il piedistallo modificando la voce con effetti. Un elemento non facile da inserire nella dinamica drammaturgica e ancora estraneo alla disinvoltura che caratterizza la naturalezza dello stare in scena di Borghesi e Fettarappa. Non è il Gesù di Guareschi, non è il Ministro della Paura di Albanese, è un’idea statuaria e un po’ ovvia del burocrate di potere.
A un certo punto viene citata la nota (e abusata) affermazione tratta da L’idiota di Dostoevskij “La bellezza salverà il mondo”; per la precisione è una domanda che viene posta al principe Myskin, protagonista del romanzo, cui il giovane Lev Nikolàevič risponde affermativamente ma intendendo dire che per raggiungere la bellezza salvifica, quella dell’amore, bisogna prima attraversare l’inferno. Del dolore, della disillusione, della vita. Ed è quello che, mutatis mutandis, ci dicono i due autori con il loro percorso a ostacoli che tocca piccoli abissi dai quali dovremmo riemergere meno sicuri e più consapevoli.
Certo c’è il rischio che Uno spettacolo italiano parli alla consueta famiglia culturale allargata che queste preoccupazioni già le ha, un bel successo sarebbe sarebbe arrivare ai turisti dell’Egitto sicuro, per esempio, per giocare questa partita teatrale fuori casa e vedere l’effetto che fa.
La presa in giro degli spettacoli intellettualoidi di sinistra che risultano incomprensibili ai più non è forse il pungolo più nuovo e più ficcante; Fettarappa che scopre (nel cassetto del sottosegretario) che la sua vera realizzazione è diventare un carabiniere di Latina è surreale ed è oscuramente grottesco vederlo in scena in divisa. Il Fettarappa dell’Arma rievoca la canzoncina per bambini di Bruno Lauzi Johnny Bassotto, il cane poliziotto che «con le manette arresta la tua fantasia» ed esce di scena con una delle battute migliori e più amare: “e se arriva l’uomo nero, noi lo rimpatriamo”.
L’idea però più robusta e angosciante che arriva davvero a insinuarsi e a rimanere in testa, è Borghesi posseduto dallo spirito di un piastrellista emiliano di destra che prorompe dal suo inconscio.
Se la sinistra non va più in fabbrica e non incontra più gli operai e i piastrellisti allora è il piastrellista che va alla montagna. Ed entra, di prepotenza, nel subconscio di chi si è allontanato dal cosiddetto ‘paese reale’ per buttargli in faccia cosa pensa. Questa è la sequenza più riuscita e dove il nucleo delle riflessioni diventa incandescente: dire certe cose, pronunciarle, le fa sentire meno distanti e costringe a ragionarci sopra. Borghesi dialoga con il se stesso piastrellista, cerca di metterlo a tacere, cambia sedia e postura quando “l’ospite” sguscia fuori incontrollabile, è come sopraffatto da una schizofrenia interiore che non lo lascia in pace.
Il finale tragicomicamente patriottico adombra un atto velleitario ma lo spirito di Uno spettacolo italiano è condividere uno smarrimento, dare respiro a una ricerca sincera dentro al buio sociale e politico che stiamo vivendo. Fettarappa e Borghesi sono due autori che ragionano, cercano di capire, si interrogano, guardano fuori dalla finestra.
Ed è quello che bisogna fare, soprattutto quando il clima è pesante.
Il lavoro è stato appena presentato in prima assoluta al Teatro delle Passioni di Modena il 7 novembre scorso, produzione Emilia Romagna Teatro ERT/Teatro Nazionale, Agidi, Sardegna Teatro e sarà all’Arena del Sole di Bologna dal 18 al 30 marzo 2025.
UNO SPETTACOLO ITALIANO
prima assoluta
un progetto di e con Niccolò Fettarappa e Nicola Borghesi
drammaturgia e regia Niccolò Fettarappa e Nicola Borghesi
produzione Emilia Romagna Teatro ERT/Teatro Nazionale, Agidi, Sardegna Teatro
Teatro delle Passioni, Modena | 7 novembre 2024