CHIARA AMATO / Pac Lab* | Che cosa hanno in comune un uomo fragile, con problemi di alcolismo, una donna alto-borghese di destra, un pittore africano e una badante slava? Nella commedia La caccia al tesoro, scritta e diretta da Bruno Fornasari, si dividono una madre (non per tutti e quattro biologica) e un’eredità. Lo spettacolo è una produzione del Teatro dei Filodrammatici di Milano ed è stato presentato in anteprima nazionale il 21 novembre presso il teatro stesso.
In scena, ad accogliere il pubblico, c’è un allestimento estivo da bordo piscina (a cura di Fabrizio Visconti): un ombrellone e due sdraio rigate, a sinistra, un tavolino con sedie colorate, sulla destra. Immobili, come in uno scatto fotografico, un uomo in accappatoio giallo, birkenstock e calzettoni sportivi (Michele Di Giacomo nel ruolo di Art), che solleva in aria un vassoio d’argento, visibilmente deformato dall’aver colpito il capo di una donna, rovesciata sul tavolino, priva di sensi (Linda Gennari); infine una figura femminile (Ksenija Martinovic) nell’angolo che assiste turbata alla scena. Cala il buio e parte una musica rock.
Inizia così lo spettacolo, che da questo frame procede a ritroso per poi ri-arrivare alla stessa immagine sul finale, senza realmente rivelare in anticipo i fatti.
In scena appare Art che offre un breve riassunto del contesto nel quale ci troviamo: famiglia di artisti di sinistra, molto benestanti, con una figura paterna assente, ma in compenso una madre molto ingombrante che non ha saputo davvero amare i suoi figli. Li ha lasciati con un mantra – mai lasciare che la realtà s’intrometta in un sogno ad occhi aperti – insieme a tanti ricordi di alcolismo, droghe e feste surreali da raccontare.
Il monologo iniziale è ironico e frizzante, anche crudo nel linguaggio, ma in realtà nasconde la preoccupazione per la madre anticonformista che si trova in coma in ospedale. Sullo sfondo, composto da una tenda di filamenti sottili, viene proiettata l’immagine del quadro Piscina con due figure di Hockney.
Da qui la scena si ripopola delle altre due donne: Chic, la sorella di Art, e Mila, la badante. Chic è l’opposto del fratello: altera, elegante, risoluta, tagliente e dissacrante. Non salva un singolo aspetto del rapporto con il genitore, troppo aperto e libertino, ma anzi recrimina i lasciti importanti che ha dovuto affrontare in terapia per anni. Inizia un continuo e frammentato battibecco fra fratelli che continuerà fino al termine della commedia e il cui punto centrale e sotteso è: siamo davvero disposti alla condivisione, all’inclusione e all’apertura se quello che viene toccato è il nostro portafoglio? Art e Chic sono costretti a chiederselo perché nel testamento si parla di quattro eredi e la scena si arricchisce dell’ultimo interprete: Rafa (Yudel Collazo) infatti, che all’epoca della loro infanzia era un bambino adottato a distanza, successivamente è stato realmente riconosciuto come parte della famiglia dalla madre.
Spiega Fornasari: “I valori morali rischiano di ridursi ad un bene di lusso. Sembra che possiamo scegliere di essere accoglienti, disponibili e inclusivi, al momento del voto, solo se vediamo crescere il nostro reddito, aumentare il nostro senso di sicurezza”. Infatti l’ipocrisia regna fra i personaggi in scena e l’inclusione è solo uno slogan pubblicitario facile da vendere in certi contesti.
I temi affrontati dallo spettacolo sono vari: dalle questioni familiari, al fallimento personale di Art, dalle cause dell’isteria di Chic, alla voglia di rivoluzione di sinistra di Mila e al tema “aiutiamoli a casa loro” di cui è portatore Rafa. Alla fine tutto si intreccia in una serata di alcol, balli (ideati da Marta Belloni) e spensieratezza sulle note di Asereje delle Las Ketchup. Sembra che i personaggi abbiano raggiunto finalmente la catarsi e che il loro astio sia risolto in un happy ending da commedia.
Il racconto non è mai tetro né realmente triste, ma mantiene un ritmo energico ed esplosivo nonostante la ridondanza, in alcuni punti del tema politico. Battute e freddure presenti in ogni dialogo fanno ragionare su alcuni nodi centrali della cultura occidentale, senza però perdere lo smalto dell’ironia. I passaggi scenici sono rapidi e le entrate/uscite numerose, seguite spesso da un gong come nelle gag televisive americane.
Tutti azzeccate le interpretazioni che non diventano mai grottesche, ma sicuramente spicca il duo Gennari/Di Giacomo che riesce a essere comico quanto tenero, come due fratelli troppo diversi di indole che affrontano insieme un passaggio importante della vita.
Verso il finale si rompe la quarta parete e Chic e Rafa si mischiano alla platea: una luce bianca, fredda e accecante si abbatte sugli spettatori, che a campione vengono analizzati come fossero dei dipinti all’interno della galleria d’arte della madre. Momento di meta-teatralità in parte sicuramente improvvisato perché fa riferimento a singole persone in platea che di sera in sera ovviamente cambiano, ma che di certo si basa su una struttura drammaturgica precedentemente definita. Del resto l’arte pittorica è più volte chiamata in causa, sia come passione condivisa dai vari membri della famiglia, sia quando vengono descritti alcuni particolari del quadro sopracitato di Hockney e dei Nottambuli di Hopper e intrecciati alle vicende dei protagonisti.
Quello che colpisce è il lavoro di cura che traspare da ogni dettaglio e l’energia esplosiva degli attori che riescono a far ridere di gusto un pubblico che appare assai entusiasta al termine della prima.
Sul finale Fornasari gioca con noi: un colpo di scena e uno squillare di telefono senza risposta, che lascia aperto il destino della vicenda.
LA CACCIA AL TESORO
scritto e diretto da Bruno Fornasari
con Yudel Collazo, Michele Di Giacomo, Linda Gennari, Ksenija Martinovic
movimenti Marta Belloni
scena e luci Fabrizio Visconti
costumi Mirella Salvischiani
aiuto costumi Gloria Caprioli
assistenti alla regia Giulia Di Sacco, Federica Dominoni
direzione tecnica Silvia Laureti
produzione Teatro Filodrammatici di Milano
con il sostegno di Regione Lombardia e Fondazione Cariplo – Progetto NEXT 2023
debutto Prima nazionale
Teatro Filodrammatici, Milano | 21 novembre 2024
* PAC LAB è il progetto ideato da PAC Paneacquaculture, anche in collaborazione con docenti e università italiane, per permettere il completamento e la tutorship formativa di nuovi sguardi critici per la scena contemporanea e i linguaggi dell’arte dal vivo. Il gruppo di lavoro di Pac ne accoglie sul sito gli articoli, seguendone nel tempo la pratica della scrittura critica.