ELVIRA SESSA / PAC LAB*| Un viaggio rabbioso nel dolore di una madre che prova a ricostruirsi una nuova identità dopo la tragica morte del figlio. La madre è Evelina Nazzari e il figlio è il suo Leonardo che nel 2006, all’età di 26 anni, si è tolto la vita.
Torna fra nove mesi, atto unico scritto da Nazzari e da lei interpretato insieme a Maddalena Recino, e andato in scena al teatro Spazio 18b di Roma dall’11 al 22 dicembre (produzione La Compagnia dei Masnadieri), non lascia spazio a sentimentalismi.
Il testo (pubblicato nel 2022 per IkonaLiber) e l’efficace messa in scena – regia di Angelo Libri, costumi e scene di Lodovica Cantono di Ceva, disegno luci e musiche a cura di Francesco Crisafulli – affondano impietosamente come una lama affilata nelle emozioni degli spettatori.
E mentre le parole urlano, con ironia e lucidità, una cruda verità autobiografica facendosi liriche solo a tratti, costumi e allestimento scenico risultano efficacemente poetici, simbolici ed evocativi.

ph da La Compagnia dei Masnadieri

Nazzari e Recino, scalze, indossano un abitino bianco strappato, tutt’uno con l’ambiente. La scena è cosparsa di fogli di carta bianca crespa che diventano coriandoli, occhiali da vista, giocattoli e perfino una cinepresa. Sul fondale, un enorme pupazzo di carta bianca con le gambe divaricate, nella posa di una donna in sala parto, viene un po’ alla volta ridotto a brandelli fino a diventare un moncherino con intorno pezzi di carta appesi ai fili, spettro del suicidio. Al centro, una cassa di legno grezzo e corde si fa ora letto, ora brandina, ora viene attraversata come un tunnel. Metafora di vita e morte.
L’alternarsi di luci fredde e calde enfatizza lo scontro di violente emozioni che solo alla fine sembrano placarsi nella struggente consapevolezza di una perdita irrimediabile, mentre si sente da lontano la giocosa melodia di un violino, eco del figlio bambino che suonava.
Abbiamo approfondito qualche aspetto dell’opera intervistando Evelina Nazzari.
Figlia degli attori Amedeo Nazzari e Irene Genna, ha lavorato per cinema e teatro accanto ad attori come Alberto Sordi, Pino Micol, Alida Valli, Carlo Giuffrè, Arnoldo Foà, recitando autori classici, comici e drammatici, tra i quali Ibsen, Cechov, Wilde, Pinter.
In questa creazione mette a nudo la sua intimità e vulnerabilità, attrice e testimone dell’esperienza più drammatica della sua vita. Nella pièce ha i capelli legati, lo sguardo intenso, modi composti e misurati. Le fa da contraltare il personaggio di cui è interprete Recino (attrice di teatro e cinema che ha lavorato con registi come Antonio Latella, Orazio Costa, Marco Tullio Giordana): capelli sciolti, battute ciniche e sarcastiche, gesti scattanti; è la voce dell’istinto e dell’ira espressi in modo credibile, mai eccessivo o caricaturale. Due anime che si agitano nella stessa donna/personaggio, due ruoli che si integrano e scontrano e, sul finale, si invertono.

Evelina Nazzari-ph da www.spazio18b.com

Perché hai scelto di raccontare pubblicamente questo tragico evento personale?
Il teatro dà la possibilità di elaborare il lutto in forma artistica e di condividerlo con il pubblico toccando le sue corde più profonde. Sublima il dolore. Inoltre, dà modo di affrontare più liberamente il dramma del suicidio. Quando ho scritto quest’opera andavo spesso in Francia dove questo tema è affrontato pubblicamente e con serenità. In Italia è ancora tabù.

Torna fra nove mesi è un titolo che sembra contenere un’attesa…
No. È un titolo disperato. Ma il fatto stesso di aver dato una veste artistica a questa perdita insopportabile è un esercizio di catarsi, generativo.

Veniamo al pubblico. Il suo coinvolgimento è parte centrale della pièce. Le due interpreti lo scrutano, provocano, scuotono, incrociano i suoi sguardi facendo leva sulle paure ancestrali della morte, della perdita degli affetti più cari, vecchiaia, solitudine, incomprensioni, abbandoni.
È un lavoro che vuole creare intimità e complicità tra attori e platea. Perciò abbiamo pensato ad un teatro come Spazio 18b, predisposto per una quarantina di spettatori seduti intorno alle attrici, che avvolge il pubblico anche strutturalmente. Chi osserva il dramma non può farlo voyeuristicamente perché è direttamente in scena.

La prima rappresentazione è stata a Roma al teatro Lo Spazio nell’anno 2013, l’anno dopo sempre a Roma al teatro Sala Uno – attuale Teatro Basilica – e nel 2022 al Teatro di Documenti. In questi dieci anni cosa è cambiato?
La scenografia è stata arricchita nel tempo, con l’aggiunta, ad esempio, del pupazzo sullo sfondo. È stato replicato anche fuori dal contesto teatrale, a Padova nell’ambito di un master di psicologia sul lutto e a Ferrara per un gruppo di persone colpito da gravi perdite.

Prossimi appuntamenti?
Al Teatro di documenti di Roma con Quando verrà la fin di vita (e questa storia è già finita)? scritto e diretto da Stefania Porrino.

 

 

* PAC LAB è il progetto ideato da PAC Paneacquaculture in collaborazione con docenti e università italiane per permettere la formazione di nuove generazioni attive nella critica dei linguaggi dell’arte dal vivo. Il gruppo di lavoro di Pac accoglie sul sito le recensioni di questi giovani scrittori seguendone la formazione e il percorso di crescita nella pratica della scrittura critica.