IRIS BASILICATA | Se cerchiamo su Google “che cosa vuole una donna incinta” appaiono migliaia di risultati con pagine piene zeppe di consigli su cosa dire o non dire ad una donna in attesa, su come non farla sentire grassa, pesante, piena di paranoie e addirittura le bugie che vuole le si vengano dette. Ora immaginiamoci una donna incinta di nove mesi di una bambina che proprio non vuole saperne di uscire facendosi attendere con oltre una settimana di ritardo. A raccontarci questa storia è la compagnia Teatrodilina al debutto della nuova regia di Francesco Lagi con Gli uccelli migratori, che insieme a Le vacanze dei signori Lagonia e Banane, conclude il percorso monografico dedicato al collettivo teatrale dal teatro dell’Orologio di Roma. Al botteghino insieme al biglietto ci danno una lettera che inizia con “Caro spettatore..”. È la compagnia stessa che parla, ci ringrazia per essere lì, per essere usciti dalle nostre case, per aver sbraitato nel traffico chiusi nelle nostre auto o nei mezzi pubblici, magari sotto la pioggia o col freddo, per aver speso il nostro tempo ad assistere ad uno dei loro spettacoli. Sperano che in qualche modo porteremo qualcosa dello spettacolo con noi.
La storia potrebbe essere quella di chiunque: l’attesa di un figlio, un fratello premuroso, una casa tranquilla. È la storia di Marta (Anna Bellato), una donna che per puro errore aspetta un figlio che neanche sembra di volere, cullata dalle cure snervanti di suo fratello (Mariano Pirrello). L’arrivo di Walter (Francesco Colella), il padre della bambina, fino al giorno prima ignaro di tutto, porta scompiglio nella vita in pineta dei fratelli Marta e Guido. Una scenografia povera, che sembra quasi fuoriuscire da un libro pop-up per bambini: tessuti di juta ritagliati alla bell’e meglio che fungono da alberi, un cerchio rosso per terra, e una musica di carillon inquietante che scandisce la tensione ritmica della storia. L’incontro in pineta tra Marta ed uno strano migratore di uccelli (Leonardo Maddalena) in fissa per Star Wars alla ricerca di un ibis smarrito, farà riflettere la quasi mamma che ritroverà in sé stessa più coraggio e più consapevolezza. L’ibis scomparso si chiama Yoda come il maestro delle celebre saga che ha appassionato milioni di persone. “La paura del distacco conduce al Lato Oscuro”, dice il maestro Yoda ad Anakin nel terzo episodio della saga di Star Wars. Marta ha paura di lasciare il proprio nido, non si sente pronta a volare verso una vita che sarà inevitabilmente diversa. Lo stravagante migratore fa ascoltare alla donna il linguaggio degli uccelli, raccontandole il loro modo di parlare, cosa che all’orecchio dell’essere umano appare incomprensibile. Ella riesce così a capire al meglio, attraverso un differente modo di comunicare, i bisogni della vita che porta dentro e cosa sua figlia le stia chiedendo.
Il sentimento di paura impedisce a Marta di spiccare il volo verso la riappacificazione con il futuro che le si prospetta davanti. Sia Marta che l’uccello Yoda devono ritrovarsi per poi riunirsi al loro stormo. Lo spettacolo salta dall’inquietudine alla leggerezza, i personaggi ben delineati nelle loro fisse e manie sono reali e divertenti, tutto è intriso di una profonda poesia sul cambiamento e sulla necessità di doversi allontanare, a volte, per sentirsi connessi con la propria realtà e, nel caso di Marta, con la bambina che verrà. Tutti i personaggi si allontanano dallo stormo che hanno formato per poi, forse, ritornarci. È questo il finale un po’ stonato della storia che sembra non arrivare ad un vero punto di svolta lasciando forse volutamente allo spettatore il compito di intuire se lo stormo si rinsalderà o meno.
E tu, dove emigri domani?
Compagnia Teatrodilina
Regia: Francesco Lagi
Suono: Giuseppe D’Amato
Scene: Salvo Ingala
Produzione: Teatrodilina, Progetto Goldstein