NICOLA ARRIGONI – Tre testi diversi per stile e approccio narrativo, ma un unico tema: la morte come porta verso un altrove possibile, un altro modo di essere o di esistere che non necessariamente si riferisce ad un altro mondo. Il riferimento è a Maratona di New York di Edoardo Erba, Dipartita finale di Franco Branciaroli e Morte parziale di Juan Villoro, tutti e tre i volumi pubblicati da Titivillus Editore. Per certi versi il titolo della pièce di Villoro: Morte parziale ben sintetizza il comun denominatore delle tre diverse drammaturgie: ovvero il tentativo disperato o paradossale di arginare la morte, di fare della morte una sorta di ingresso in una nuova possibilità di vita.
Con Maratona di New York – il testo capolavoro di Edoardo Erba – questa possibilità è preclusa, ma è l’attaccamento alla vita ad aver la meglio, è l’inconsapevolezza del trapasso a tenere sospeso il fiato dello spettatore/lettore e a chiedere ai due interpreti un esercizio fisico/recitativo ai limiti, ma che ben rende il plot e la condizione dei due maratoneti: Mario e Steve. I due corrono, si allenano in previsione di una improbabile partecipazione alla maratona newyorkese e il dialogo si sviluppa per farsi brevi e ficcanti, tasselli di un puzzle che pian piano si compone e che sposta il contesto, da un contesto per così dire realistico ad uno allusivo. Quel dialogare fatto di parole e silenzi, di soste e sudore nasconde un segreto, nasconde l’inconsapevolezza della morte, allude ad un addio, ad un lento scomparire che disvela la morte di uno dei due e la sua inconsapevole resistenza alla vita. Si legge e si assiste a Maratona di New York con grande curiosità, con dolente e famelica volontà di arrivare alla fine, di capire cosa sia e dove sia la fine di quella corsa nel buio che risucchia la vita.
Di tutt’altro tenore e calore è Dipartita finale di Franco Branciaroli, messo in scena dallo stesso Branciaroli per il Centro Teatrale Bresciano, scena condivisa con Gianrico Tedeschi, Ugo Pagliai e Massimo Popolizio. Dipartita finale è una sorta di ‘parodia’ di Finale di partita di Samuel Beckett, è una riflessione sulla condizione dell’uomo contemporaneo, rimasto privo dei valori su cui si è fondata la civiltà europea per almeno due millenni. Sfumature surreali, virate nichiliste, deliri senili fanno di Dipartita finale un testo che corre via veloce, spesso spigoloso, capriccioso come capricciosi, arrabbiati, non rassegnati sono quei quattro vegliardi – neppure Popolizio è più di primo pelo – che se la raccontano. Ad andare in scema è «un gioco da ubriachi sulla condizione umana dei nostri tempi, con tre barboni che giacciono in una baracca sulle rive di un fiume, forse del Tevere, e con la morte, nei panni di Totò menagramo, che li va a trovare impugnando la falce». Insomma ciò che offre Dipartita finale è una riflessione livida e rabbiosa su una fine imminente e che non arriva, su un’apocalisse probabile e affidata alle esistenze bizzarre di quattro barboni, quattro vecchi tenacemente attaccati alla vita.
Un venditore di case, un alpinista, un commerciante di animali domestici, un cronista sportivo e un politico sono i protagonisti di Morte parziale, il testo dello scrittore ispanico Juan Villoro. Personaggi al limite dell’incredibile e del maniacale, così come il patto che li lega: ovvero simulare la loro morte per permettersi il lusso di un nuovo inizio, un modo per cancellare tutto e ricominciare da capo o quasi. Di fronte a questa opportunità si scatena una serie di intrecci e conflitti, si disvelano relazioni e dissidi che l’apparente nuova possibilità di vita fa deflagrare. Nello spazio e nell’opportunità offerti dalla morte apparente, o parziale come recita il titolo c’è inclusa la possibilità non solo di ridefinirsi, ma anche di dire tutto ciò che si è tenuto nascosto nel consolidato vivere reale. È questa la bella sfida di senso e di etica che lancia Juan Villoro nel suo Morte parziale, un testo a tratti duro, ellittico, spietato che dice di dinamiche relazionali e di potere esplose di fronte alle mille possibilità esistenziali offerte da una morte parziale.
Edoardo Erba, Maratona di New York, Titivillus, pagine 58, euro 10
Franco Branciaroli, Dipartita finale, Titivillus, pagine 68, euro 10
Juan Villoro, Morte parziale, Titivillus, pagine 96, 11 euro.
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