FRANCESCO MEDICI | Quando fu pubblicato nel settembre 1923 dal newyorkese Alfred Knopf (attuale Random House) in sole duemila copie, nessuno avrebbe potuto immaginare si sarebbe rivelato uno dei più grandi successi editoriali di tutti i tempi che non sembra conoscere battute d’arresto: si stima se ne vendano nel mondo, nelle sue diverse decine di traduzioni, cinquemila copie al giorno.
La prima tiratura di “Il Profeta” (The Prophet) andò esaurita in pochi giorni e divenne immediatamente un best seller, poi uno dei long seller più amati, insieme a “Siddharta” di Hermann Hesse e a “Il piccolo principe” di Antoine de Saint-Exupéry, con oltre cento milioni di copie vendute fino a oggi.
Il segreto del successo del capolavoro di Kahlil Gibran – poeta e pittore libanese, statunitense di adozione – risiede forse nella sua (almeno apparente) semplicità.
Semplici sono infatti il linguaggio adoperato e la struttura dell’opera: Almustafa (o meglio al-Mustafà, letteralmente, in arabo, “l’Eletto”, attributo dell’Apostolo di Allah), figura profetica a metà tra Gesù e Maometto (pur non aderendo il poema a nessuna religione specifica), è interrogato dagli abitanti della città di Orphalese (per alcuni metafora di New York, forse dell’America o dell’Occidente tout court, oppure solo un simbolo per indicare ‘la città degli orfani dello spirito’), che gli ha dato asilo per dodici anni e che egli si accinge ad abbandonare per salpare alla volta della sua non meglio specificata ‘isola natale’ (il Libano? l’Oriente? L’Aldilà?), a esprimersi sui grandi temi dell’esistenza. Un’esile trama fa dunque da mera cornice a ventisei sermoni, tra cui, particolarmente celebri, quelli dedicati rispettivamente ai Figli, all’Amore, al Matrimonio, all’Insegnamento, al Lavoro, alla Preghiera, alla Religione, alla Morte.
Ma se “Il Profeta” è senz’altro l’opera più celebre di Gibran, elevata a simbolo della generazione hippie negli anni delle contestazioni studentesche e tuttora ampiamente citata nelle omelie (perfino in sostituzione delle letture evangeliche, specialmente in occasione di battesimi, matrimoni, funerali), non va trascurato neppure il largo successo di altri suoi scritti in versi e in prosa, in inglese e in arabo, nonché il ritmo sempre crescente delle mostre dei suoi disegni e dei suoi dipinti presso i più importanti musei e gallerie di tutto il mondo.
Se vasta è la produzione teatrale e musicale (dai Beatles a David Bowie, tra gli altri) ispirata a Gibran, neppure il cinema e la televisione sono rimasti indifferenti alla figura e all’opera dell’artista. Del 1962 è la suggestiva trasposizione filmica del romanzo “The Broken Wings” (Le ali spezzate) del regista libanese Yousef Malouf. Degni di nota anche i cortometraggi ispirati al racconto “Satan” (regia di Walid Salhab, Scozia 1995) e all’atto unico “Iram la città dalle alte colonne” (regia di Davide Cincis, Italia 2005, vincitore del premio Akab Short Movie Festival 2006). Nella pellicola americana del 1997 “Heaven Before I Die” (regia di Izidore K. Musallam), mai distribuito nel nostro Paese nonostante la presenza nel cast di Giancarlo Giannini, era stato addirittura Omar Sharif a vestire i panni di Gibran in carne e ossa.
A partire dal 2008, diverse emittenti del Mondo Arabo hanno inoltre trasmesso una fortunata serie televisiva in trenta episodi sulla vita del poeta-pittore, per la regia del siriano Fardos Atassi. Nello stesso anno a Beirut veniva pubblicato dall’editore Adonis un albo a fumetti in arabo e in francese dal titolo “Khalil Gibran – La vie de l’auteur du ‘Prophète’”.
Era, insomma, proprio “Il Profeta” a mancare all’appello, sebbene, secondo alcune voci, ormai da anni si valutasse l’idea di farne un grande film a Hollywood. È stata Salma Hayek, la bella attrice messicana, in veste di produttrice, a imbarcarsi nell’impresa e ad annunciare poche settimane fa: «Il Profeta è stata un’incredibile fonte di saggezza e ispirazione per milioni di persone in tutto il mondo. Essendo di discendenza libanese, sono particolarmente orgogliosa di essere parte di un progetto che presenterà questo capolavoro alle nuove generazioni in un modo mai visto prima d’ora».
Si tratterebbe di un lungometraggio animato realizzato in sinergia con Clark Peterson e Ron Senkowski, mentre Doha Film Institute del Qatar cofinanzierà il progetto insieme a Participant Media, MyGroup Lebanon, FFA Private Bank, JRW Entertainment e Code Red Productions.
La particolarità dell’adattamento è che ogni capitolo-sermone dell’opera sarà affidato a un regista diverso, sotto la supervisione di Roger Allers (Il Re Leone), che si occuperà della cornice. Tra i nomi coinvolti, premi Oscar e maestri dell’animazione noti a livello internazionale del calibro di Marjane Satrapi (Persepolis), Chris Landreth (Ryan), Tomm Moore (Brendan e il segreto di Kells), Nina Paley (Sita Sings The Blues), Michal Socha (Laska), Francesco Testa (Aladino), Joan Gratz (Mona Lisa Descending a Staircase), Bill Plympton (Guard Dog) e Mohammed Saeed Harib (Farij), il quale ha dichiarato: «È un immenso onore poter tradurre nel regno visivo l’opera di uno degli scrittori più amati del Mondo Arabo. Sono entusiasta di essere tra i registi di animazione scelti per portare ‘Il Profeta’ sul grande schermo e nel ventunesimo secolo».
La fase di pre-produzione è avviata e il film potrebbe approdare nelle sale già nel 2013.
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