0418sn1FOTO3RENZO FRANCABANDERA | Brunello è fra i maestri del teatro di figura italiano quello che forse, nell’ultimo trentennio, si è occupato con maggior intensità di compiere, per questa forma di espressione, lo stesso processo di destrutturazione postdrammatica che è stato compiuto nel teatro di prosa dalla scuola nordeuropea.

Pur legato ancora all’intreccio narrativo di stampo quasi tradizionale (ma anche qui è possibile distinguere fra i suoi lavori con più o meno trama, con più o meno sottotrame, con più o meno frammentazioni e mancate conclusioni) Brunello sicuramente nrgli ultimi anni ha creato alcune caratteristiche peculiari del suo lavoro, dalla forma del burattino ormai consolidatasi nei più recenti lavori, alla sparizione dell’apparato scenico a tutto vantaggio di una semplicità quasi da art brut, anarchica nella forma ma non nella sostanza, che rimane rigorosa e lineare e mira a quello che lui stesso definisce in questa intervista un “realismo magico” assai originale e poco praticato per altri versi nel teatro di figura, non unicamente in Italia.

Questa tensione verso una cifra popolare ma letteraria, per certi versi eduardiana, che guarda a Brecht ma porta in scena Shakespeare e soprattutto l’amore per il fare, per il congegnare, il creare, fanno di Brunello uno dei personaggi di maggior rilievo di questa forma espressiva in Italia e non solo.

Lo abbiamo intervistato di recente al Teatro Verdi di Milano, durante alcune giornate di una “personale” che lo storico teatro meneghino, “vocato” al linguaggio dei muppets, ha dedicato all’artista veneto.

 

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