MANFRED ZEIT | L’anno in cui crollano definitivamente le barriere di genere, non più crossover, non più contaminazione ma assorbimento e fusione . Anno in cui molti “mostri sacri” del decennio precedente firmano il loro capolavoro definitivo compiendo una significativa svolta.
1. LIARS – WIXIW (Mute)
Oscuro, escatologico ma tremendamente suadente e ipnotizzante. I Liars tornano all’attitudine decostruttivista del loro capolavoro “Drum Not Dead” e costruiscono un mosaico sbilenco di elettronica artigianale dalle derive kraut e no wave. Un’opera che narra di relazioni, solitudini e desiderio (il titolo si pronuncerebbe “wish you”). Trasversale e penetrante nel suo parlare “al presente” giungendo da un altrove inconoscibile! (in fondo all’articolo il link ad una traccia audio)
2. DIRTY PROJECTORS – Swing Lo Magellan (Domino)
Mirabolante chirurgia pop per un album che suona classico – se non perfetto – al primo ascolto. Longstreth e la sua creatura multicolore strapazzano il concetto di canzone e con piglio jazzy costruiscono “operette” diaboliche dall’invidiabile pregio di sapere perfettamente coniugare musica colta e musica popolare trasportando l’ascoltatore in un meraviglioso estasiante regno sonoro. Un link
3. SWANS – The Seer (Young God)
Chi ha incontrato la micidiale macchina del frastuono che Michael Gira e la sua band portano dal vivo in questi anni, ne è rimasto certamente segnato. Ma qui gli Swans non si sono limitati a celebrare la loro grandezza assestandosi su livelli alti ma già consolidati e dati per assunti. “The Seer” è un’opera immensa e spaventosa: due ore di sublime dolorosa catarsi mancata. Tutte le anime (gothic, industrial, post hardcore blues e ritual) del geniale mostro newyorkese si fondono a comporre un affresco definitivo e messianico. (in fondo alla chart il link ad una traccia audio)
4. BEACH HOUSE – Bloom (Sub Pop)
Ecco la fioritura meravigliosa di Alex e Victoria ancora baciati della bellezza, generosi nel dispensarne al mondo. Ancora un altro tassello di quell’equilibrio pop di eterea e sognante grazia. Ancora uguali a se stessi ma sempre in evoluzione: ancora più cesellati e immediati, ancora più raffinati e seducenti. (In fondo all’articolo il collegamento ad una traccia audio)
5. FIONA APPLE – The Idler Wheel Is Wiser Than The Driver Of The Screw And Whipping Cords Will Serve You More Than Ropes Will Ever Do (Epic)
Finalmente libera da pressioni discografiche di sorta, la ex ragazza prodigio del cantautorato drama-pop americano sorprende e da alla luce un autentico capolavoro. Questa è Fiona Apple: minimalista e turbolenta, sensuale e melanconica, geniale e disturbata. Album prezioso e di un’originalità ontologica e mai ricercata o atteggiata. Un’autentica confessione che si dipana libera e toccante. Il link ad un video
6. XX – Coexist (Young Turks)
Il trio londinese, sebbene forte di un Hype planetario, decide di non giocare facile: l’immediatezza del suo celebrato debutto è stata praticamente sotterrata. Qui le atmosfere e i suoni sono sempre i loro ma annegati in un brodo tiepido e laconico che mette i brividi. Carezzevole e straniante. Una piacevole conferma in evoluzione, e non tutti l’avrebbero creduto! Ascolta qui!
7. SCOTT WALKER – Bish Bosch (4ad)
Tra i grandi vecchi che non perdono il gusto dell’azzardo e si ripresentano di rado ma quando appaiono nuovamente, la loro forza e unicità debordano. Ormai sulla strada di un lirico delirante cantautorato avanguardistico e oscuramente “osceno”, Scott Walker è divenuto una sorta di marchio a fuoco nell’anima di che sa accoglierne la crudeltà nutriente.
8. JULIA HOLTER – Ekstasis (Rvng)
Quando l’avanguardia si tinge di pop elettronico e distrattamente world senza nulla perdere del suo spessore concettuale. L’artista californiana alla sua seconda prova, raggiunge vette compositive d’intrigante e stratificata creatività. Qui un clic per sentire la sua musica
9. HOW TO DRESS WELL – Total Loss (Weird World)
Il soul che si tinge di etereo ed elettronica minimale. Nel suo secondo lp Tom Krell, esprime una classe inaspettata e cristallina. Un album che suona innovativo nel suo essere evocativo e cibernetico quanto lirico e introspettivo. Un nuovo mondo sonoro e poetico.
10. EGYPTIAN HIP HOP – Good Don’t Sleep (R&s Records)
Ennesima next big thing inglese pompata da almeno due anni prima dell’effettivo debutto, da Manchester; la città del Post Punk più perturbato e sofferto, ma anche la città dell’Hacienda! Questi però non propongono “robetta” rimasticata, derivativa e inconsistente da mordi e fuggi. Il debutto dell’anno: raffinato, tortuoso, elettrizzante. (in fondo all’articolo il link ad una traccia video)
11. ANIMAL COLLECTIVE – Centipede Hz (Domino) / ARIEL PINK’S HAUNTED GRAFFITI – Mature Themes (4ad)
Accomunati in questa playlist come nel puntualissimo articolo di Simon Reynolds “Figli di madre natura”. Si potrà dire che questi artisti non sorprendono più come nei loro primi album ma no che abbiano smesso di fare musica originale, adorabilmente sghemba e succosa. Hanno dettato legge nel decennio passato, caratterizzandone profondamente l’ideale colonna sonora e qui continuano, per niente stanchi, ad accrescere due percorsi paralleli e fondamentali per l’evoluzione della storia del rock. Gli Animal Collective (di nuovo in quattro con il rientrante Deakin) stordiscono ricombinando le loro migliori intenzioni in chiave ipercinetica e smembrata. Ariel Pink si fa sempre più ricercato e cesellato nel suo ubriacante cocktail di profumate macerie retro-pop.
Amatissima oppure odiatissima; nulla sarà stato inventato ma non si può certo dire che il suono e certe melodie presenti in questo album non abbiano segnato gli umori musicali di questo 2012. Le “visioni” sornione e deliziosamente kitsch della ragazzaccia canadese sono certamente l’evoluzione più divertente e intelligente del synth pop odierno. Grimes vince.
13. MENOMENA – Moms (Barsuk)
Alla loro quinta prova, i Menomena (rimasti in due) continuano a essere una delle realtà più intriganti e di spessore di tutto l’indie americano contemporaneo, eppure continuano a essere sottovalutati e a malapena citati da certa stampa à la page. Dopo il capolavoro “Mines” di due anni fa, un altro esempio di art rock iper-creativo, pulsante e svincolato dalle mode del momento. Intenso. Qui per sentirli
14. DEATH GRIPS – The Money Store (Epic)
L’hip hop apocalittico e hardcore del trio californiano è certamente una delle manifestazioni più indemoniate e reali dello spirito di questo tempo – con tutti i suoi limiti, con tutti i suoi accessi ed eccessi che vanno dalla grande originalità e forza espressiva a un rischio d’ingenuità ripetitiva all’agguato (quello in cui sono caduti nel secondo album pubblicato quest’anno “ No Love Deep Web”). Un link
15. LOTUS PLAZA – Spooky Action At A Distance (Kranky)
Lockett Pundt si conferma grande autore di architetture Dream Pop dal cuore psichedelico. Chitarrista e compositore nei Deerhunter, l’altra anima della meravigliosa band di Atlanta – accanto a quella freaky e trasognata di Bradford Cox (Atlas Sound) – con questa sua seconda prova solista, trasporta gli animi in un universo iridescente, fluttuante, entusiasmante. Qui il link ad una traccia
16. FLYNG LOTUS – Until The Quiet Comes (Warp)
Alla sua terza prova, Steven Ellison confeziona un incessante e destrutturato flusso sonoro. Le influenze sono innumerevoli e mutanti, tutto è talmente amalgamato da divenire “unico” e trasportante. Un altrove sonoro irrinunciabile e prezioso. Un bel video qui
17. PEAKING LIGHTS – Lucifer (Mexican Summer)
Ancora autori di uno dei sound più bislacchi e imprendibili degli ultimi anni, Indra Dunis e Aaron Coyes partoriscono il loro album più curato e accessibile. Se il risultato è meno straniante ed eccitante che in passato, il pastiche di dub, psichedelia e retrò pop sintetico che il duo produce è qui più palpabile e “lucido”. Un link
18. KENDRICK LAMAR – Good Kid, M.a.a.d City (Aftermath Entertainment)
Il disco Hip Hop dell’anno. Nel solco della tradizione ma innovativo e profondo. Dal ghetto all’interiorità di un artista che non teme lo sconfinamento in altri generi (soul, funk, jazz, elettronica). Ma Kendrick, dato l’ambito di provenienza, non teme soprattutto di mostrare sensibilità e nudo dolore (mai incazzoso o di superficie).
19. CHAIRLIFT – Something (Kanine Records)
Il duo newyorkese alla sua seconda prova conferma un talento scanzonato e sincero. “Something” è qualcosa di apparentemente innocuo nel suo lasciare il segno attraverso una raffinata e mai invadente ricontestualizzazione del codice synth pop. Fragile e intrigante. Il link ad una traccia
20. JAPANDROIDS – Celebration Rock (Polyvinyl) / THE MEN – Open Your Heart (Sacred Bones)
Due lavori che attestano quanto sia viva l’onda musicale che negli ultimi anni riporta il rock americano alla nuda sincerità delle migliori produzioni di fine anni ottanta – primi anni novanta. Entusiasti e immediati i canadesi Japandroids. Emozionale e stratificato il post hardcore d’ascendenza Husker Du dei newyorkesi The Men. Li sentite qui
21. ANDY STOTT – Luxury Problems (Modern Love)
Il secondo lp del producer inglese è una summa di tutte le tendenze più sofisticate e intriganti dell’elettronica contemporanea. Capace di condensare diverse anime, aprendo nuove strade a un genere spesso asfittico; “Luxury Problems” è un’opera soave, calda, eterea e martellante. (in fondo il link ad una traccia video)
22. BAT FOR LASHES The Haunted Man (Parlophone) / YEASAYER Fragrant World (Secretly Canadian / Mute)
Natasha Khan e gli Yeasayer – accomunati anche da passate collaborazioni – virano inaspettatamente verso una singolare ibridazione di elettro-pop, raffreddando sensuali ondate di beat afro-funk. Due album inquieti ma finemente torniti nella loro superficie tardo-modernista. Per ascoltare Bat for lashes
23. DEMDIKE STARE – Elemental (Modern Love)
Magnetica e monumentale opera di elettronica colta, come tutte le precedenti uscite del duo di Manchester. Un magma spesso e visuale di ambient oscuro e pulsante che trasporta altrove le menti, producendo pensiero.
24. TAME IMPALA – Lonerism (Modular)
La celebratissima seconda uscita della band australiana non è altro che un mirabile esempio di retrò mania esibita e vincente. Un pop rock psichedelico di beatlesiana memoria che suona come una raccolta di canzoni che parlano al presente poggiandosi su architetture musicali che potrebbero essere state composte a fine anni ’60. Gustoso e “pericoloso”. (Finchè c’è… qui l’album)
25. FRANK OCEAN – Channel Orange (Def Jam)
Ecco il nuovo campione della black music mainstream d’oltreoceano. Debordante, sincero, romantico, ingenuo, toccante, accattivante ma mai banale, sensibile e terreno ma massicciamente prodotto. Un album che resta sebbene possa incontrare detrattori convinti. L’artista dal vivo in un video qui
LIARS
[youtube http://www.youtube.com/watch?v=HGHJJKSQ7NQ]
SWANS
[youtube http://www.youtube.com/watch?v=tyX7vc0k5_k]
BEACH HOUSE
[youtube http://www.youtube.com/watch?v=FuvWc3ToDHg]
EGYPTIAN HIP HOP
[youtube http://www.youtube.com/watch?v=6soo39DJnBU]
ANDY SCOTT
[youtube http://www.youtube.com/watch?v=-aGEmhzQFr8&w=420&h=315]