RENZO FRANCABANDERA | Ha preso il via a fine ottobre la sesta edizione di Eruzioni Festival, un progetto incentrato sulla possibilità di portare nella cintura metropolitana napoletana progetti di arte e cultura scenico performativa di calibro internazionale. L’edizione di quest’anno, verte sul tema “Condividi o muori” ha luogo in una serie di date non consecutive, per garantire una presenza sul territorio non episodica ma che dia il senso di una permanenza nella città di Ercolano, “città simbolo associata al Vesuvio che, anche con la candidatura a Capitale Italiana della Cultura, intende mostrare e condividere il proprio patrimonio culturale materiale e immateriale”, dice il direttore artistico Agostino Riitano, che abbiamo incontrato ad un mese dall’apertura del festival per commentare le prossime date, dopo aver ospitato nella prima parte della rassegna, tra l’altro “Domini Pùblic”, il lavoro ispirato ai videogiochi 3D che Roger Bernat ha proposto al Museo Archeologico Virtuale di Ercolano e che sarà nel prossimo week end a Milano a Castello Sforzesco, ospite di Zona K. Abbiamo rivolto qualche domanda a Riitano.
Agostino, il festival in questi anni ha avuto slanci, poi momenti di stasi, ora una ripartenza. Ripercorrendo l’esperienza nel suo complesso, quali sono le ragioni di questo? La politica, il tessuto sociale, tutte queste cose assieme?
Eruzioni Festival torna ad Ercolano dopo 5 anni di interruzione per raccontare, attraverso un ricco calendario di teatro, danza e musica, un’urgenza della società contemporanea: la condivisione. Fermammo il progetto nel 2010 perchè vennero a mancare le condizioni per il suo sviluppo e la necessaria metamorfosi che un progetto come il nostro deve avere. Scegliemmo di staccare la spina ed aspettare tempi migliori, invece che farci inglobare in una mera ripetizione stagionale che avrebbe trasformato la natura di progetto di innovazione culturale in rassegna di mero intrattenimento.
I tempi migliori sono arrivati, il territorio oggi probabilmente è pronto ad identificarsi nelle culture contemporanee e non solo nelle tradizioni culturali. Il Festival oggi è la riscoperta di Ercolano, una città simbolo associata al Vesuvio che, anche con la candidatura a Capitale Italiana della Cultura, intende mostrare e condividere il proprio patrimonio culturale materiale e immateriale. Siamo un progetto culturale come sguardo verso il futuro con radici ben piantate nella consolidata identità culturale locale.
E tu/voi come siete cambiati nel frattempo?
Cinque anni non sono pochi. In questo tempo tante cose sono cambiate e tante esperienze abbiamo fatto in Italia e all’estero. Anche la mission della nostra organizzazione, Officinae Efesti, ha subito dei cambi di rotta. Oggi il team di Eruzioni Festival ha una consapevolezza maggiore, ritiene il progetto parte integrante di un processo più articolato, necessariamente proteso a generare valore ed impatti sociali, culturali ed economici.
La prima edizione del Festival fu nel settembre del 2006. In 10 anni ci sono stati cambiamenti epocali, che hanno stravolto completamente la produzione culturale non solo nel nostro paese. La nostra fortuna è stata il coraggio, quella virtù di cominciare ogni volta senza nessun timore, quella capacità di riuscire ogni volta a dare forma al cuore. Siamo riusciti ad essere nel cambiamento e non subirlo, siamo stati capaci di leggere dal contemporaneo alcuni segni che ci prefiguravano gli scenari del futuro.
Personalmente per te cosa ha significato l’esperienza nel team di Matera?
Lavorare nel team della direzione artistica di Matera Capitale Europea della Cultura 2019 è stata una delle esperienze più galvanizzanti della mia vita professionale. A Matera ho imparato diverse lezioni, la prima è che una comunità quando si unisce può raggiungere traguardi inaspettati. Il programma culturale del dossier di candidatura non è un elenco di eventi distribuiti in un calendario, ma è parte integrante di una visione di sviluppo locale mediante la cultura. La vittoria di Matera è stata anche la vittoria di un Sud che si pone come laboratorio continuo di innovazione culturale e sociale.
Capire il sud è una sfida impossibile quanto cambiarlo, o entrambe le cose sono possibili e la logica è quella dell’azione sul territorio?
Potremmo aggiungere ancora altre domande: Cos’è il sud? Dov’è? Dove comincia, dove termina? Il Sud è spesso descritto come un’appendice infiammata, patologia di logiche in antitesi, divari economici, paradossi infrastrutturali, controlli criminali, irresponsabilità politiche, emergenze permanenti. Di esso non si enumerano però le inestimabili risorse, eredità materiali e immateriali accumulate grazie civiltà eterogenee, succedutesi con straordinaria continuità temporale.
Conosce il Sud chi lavora nel Sud e sa che il Mezzogiorno d’Italia non è terra di disagi e di conflitti. È propriamente terra di bisogni. Quanto più siamo animati dal desiderio di colmare le nostre indigenze, tanto più diventiamo fertili, perché capaci di compiere desideri, di concepire l’ambiente come materia con cui costruire, ma anche come qualcosa di interiore per cui ha senso costruire. Attraverso progetti culturali che generano innovazione sociale il Sud Italia reagisce sperimentando iniziative che ritessono il senso di appartenenza non più alla luce del disagio. Immaginate un attimo cosa accadrebbe se chiamassimo progettualità e capacità di fare “l’arte di arrangiarsi”, ci accorgeremmo che scegliere le parole per raccontare non serve solo a creare miti strumentali, ma davvero ci proietta su un campo di azione piuttosto che un altro.
Come hai scelto gli spettacoli di questa edizione, cosa è successo e cosa deve ancora succedere, soprattutto in termini di scambio con il pubblico che hai immaginato partecipi?
Come è tradizione ogni anno il Festival ha un tema portante. Il tema dell’edizione 2016 è “Condividi o Muori”, una provocazione bonaria che nasce nel solco culturale delle economie del dono, intese in questo caso come scambio costante tra i cittadini, tra gli artisti sempre più protesi verso le comunità e pubblici sempre più interattivi e coinvolti nelle dinamiche della produzione culturale. Gli spettacoli e i progetti che abbiamo coinvolto in questa edizione rappresentano i diversi modi di intendere ed attuare la condivisone tra azione performativa e pubblico.
Il Festival è stato aperto a ottobre da una performace di Roger Bernat, regista catalano che da anni lavora per il superamento della dualità attore spettatore.
Domani, Giovedì 24 novembre, prende il via la seconda sessione di Eruzioni Festival; i registi Ricci/Forte presenteranno in versione site specific Wunderkammerer Soap #4_Eduardo II in un area industriale adibita alla lavorazione degli abiti usati, sempre in tema di condivisione e dono; all’auditorium del MAV gli eclettici Flavia Mastrella e Antonio Rezza presenteranno Pitecus , Teatro Persona metterà in scena L’ombra della sera; mentre Salvatore Cantalupo presenterà Maledetti una performance ispirata a “Teatro Clandestino” di Antonio Neiwiller.
Il festival in questi giorni ha inaugurato due attività costruite e condivise con le diverse anime che costituiscono la comunità della città di Ercolano. Il “welcomelab_ritualità dell’accoglienza”, un workshop teatrale orientato e gestito dai giovani con un marcato riferimento alla diversità culturale come valore per la crescita.
Una coppia di giovani professionisti, un cancelliere in pensione e una famiglia, follower del progetto fin dalla sua prima edizione, apriranno le porte delle loro case per ospitare OGM – Ospiti Genuinamente Mobilitati – esperimento artigianale di audience development, appuntamento di convivialità e riflessione sui temi dei linguaggi artistici e del coinvolgimento dei pubblici. Un’occasione di condivisione dello spazio intimo della creazione artistica con lo spazio intimo della casa.
Nel solco dell’economia della condivisione, è stata stipulata una partnership con iGoOn, app di car pooling urbano, creata e gestita da giovani partenopei, che consente di offrire o cercare un passaggio in real time o in modalità programmata.