Robert Da Ponte @ Serena Gallorini

MATTEO BRIGHENTI | “Il teatro non è la rappresentazione della vita, ma della verità”. Robert Da Ponte si gode con studiata noncuranza la curiosità di tutti gli occhi puntati su di sé. Da solo in scena, una luce e una sedia, indossa una camicia azzurra, pantaloni color canapa, bretelle e berretto: sembra un proprietario terriero nell’America del Sud degli anni ’40. La ‘tenuta’ è alle sue spalle, è la scena tratta da Un tram che si chiama Desiderio e dall’intera opera di Tennessee Williams, in nome e per conto del quale agisce Da Ponte. La verità è davanti, oltre quella contingente della sala e del pubblico, è parcheggiata fuori dal Teatro Cantiere Florida di Firenze: un pullman della Polizia Penitenziaria. Proteggimi è il racconto personale di un gruppo di detenuti-attori del carcere maschile di Prato attraverso l’incontro con Williams e Teatro Metropopolare, un lavoro attorno al tema del desiderio che non ha portato a personaggi filtrati dal vissuto degli interpreti, ma viceversa, a interpreti passati al setaccio dalla storia dei personaggi. “Scrivo per trovare me stesso” continua Da Ponte/Williams. Scoprirsi, rivelarsi, accettarsi e magari anche correggersi: quasi un processo di autocoscienza condiviso ‘nella loro ora di libertà’, come canterebbe Fabrizio De Andrè.
Teatro Metropopolare è un collettivo di artisti che provengono dal mondo dell’arte visiva, del teatro, della danza, del cinema. Fondato nel 2006 da Livia Gionfrida, vi aderiscono Giulia Aiazzi, Marco Serafino Cecchi e Alice Mangano. Nel 2007 entrano nella Casa Circondariale ‘La Dogaia’ di Prato per completare un progetto su Fassbinder. L’intento iniziale si è trasformato presto in un’avventura artistica che ha posto le basi per un centro culturale permanente all’interno del carcere, un laboratorio-cantiere che ha permesso loro di entrare a far parte del coordinamento toscano di ‘Teatro in carcere’ e di quello nazionale. Nel Laboratorio ‘La Dogaia’ Teatro Metropopolare svolge durante tutto l’anno un’intensa attività di formazione, con momenti di alto perfezionamento che hanno visto coinvolti Roberto Latini, Arianna Scommegna, Fausto Russo Alesi, Luigi Lo Cascio, Oscar De Summa, Massimiliano Civica. Nel tempo, e in accordo con la Direzione, sono riusciti ad aprire l’istituto di pena anche a eventi culturali in genere, come i concerti di Paolo Benvegnù, Peppe Voltarelli, Bobo Rondelli, Alessandro Mannarino.
Dopo gli adattamenti shakespeariani di Amleto, Macbeth, Romeo e Giulietta, Otello, questa ideale residenza artistica si è interrogata sul bisogno di amore e la ricerca di protezione in Tennessee Williams. Prima lo studio e il confronto, poi la riscrittura di Livia Gionfrida, che firma anche la regia e interpreta il ruolo di Stella, in un’America del Sud di sesso e violenza (caratteristico delle ambientazioni dei drammi di Williams), che si specchia su un palco spoglio, nudo, le pareti con i mattoni a vista: sembra di affacciarsi su una via secondaria, o meglio sul retro di una via principale, là dove si buttano i rifiuti, i vuoti e le vite a perdere. Unici elementi (le scene sono di Alice Mangano) dei bancali grigi che gli stessi attori scompongono e ricompongono a disegnare praticabili e quindi ambienti, percorsi, confronti. È sempre, comunque, strada, anche quando sono al chiuso, all’interno, perché l’asfalto ce l’hanno dentro, i caratteri qui sono fatti di notte, fumo e bicchieri tracannati al bancone.
In una luce di taglio, finita l’introduzione di Da Ponte/Williams, emerge il resto del cast, un ‘quarto stato’ volpediano che reclama e si prende lo spazio, il suo spazio, avanza, scende in platea a tenere mano nella mano alcuni spettatori, e risale. Sono Rodrigo Romagnoli, Ayoub El Mounim, Sofien Gozlan, Wu Kejan, Mingoro Doumbia, Lorenz Marini, Luca Florin e Rossana Gay, l’unica altra professionista insieme a Gionfrida. Un coro di corpi, provenienze e idiomi (italiano, inglese, cinese, brasiliano, romeno), una geografia di confini comuni con la fragilità, l’inadeguatezza, la sconfitta.

Wu Kejan e Rossana Gay @ Enrico Gallina

Proteggimi entra nel vivo e pieno quanto più mette a fuoco l’originale di Un tram che si chiama Desiderio. La vicenda è nota e ha per protagonisti Stanley Kowalsky, la moglie Stella, travolti da una passione carnale, e la sorella di lei, Blanche, il cui arrivo sconvolge ogni equilibrio. La Blanche di Rossana Gay è una donna fragile, ma non arresa, debole, ma tenace: vestita di chiaro ha l’aria trasognata di Valentina Cortese nel Giardino dei ciliegi di Strehler, anziché lo sguardo inquieto di Vivien Leigh in Via col vento o nella trasposizione cinematografica di Elia Kazan dello stesso Tram (riferimenti presenti nei nomi che dà a Belle Réve, la perduta piantagione di famiglia, chiamandola anche ‘Tara’ e ‘giardino dei ciliegi’). Stringe a sé l’urna con le ceneri del suo unico e vero amore, il marito Allan, insieme con quelle del suo oscuro, inestricabile passato, mentre Wu Kejan traduce nella sua lingua quello che lei dice.
A casa Kowalsky è la serata del poker e gli amici di Stanley, gli “esemplari”, entrano in scena a quattro zampe, come animali, sono della stessa genia dei Proci e Blanche è una Penelope che non ha più un Ulisse da aspettare e si illude di trovarlo nel primo Stanley che incontra. D’altra parte, è un uomo rude, di grande forza, e lei è in cerca di protezione. Non è difficile riconoscere nello Stanley di Ayoub El Mounim il duro mondo del carcere e in Blanche, allora, possiamo spingerci a rintracciare la personificazione stessa di quel teatro o altra azione sociale che di là dalle sbarre vede solo stereotipi (Stanley è un “marocchino” e via ingiuriando) e pretende di aiutare, di cambiare le cose, imponendo la propria realtà. Dall’alto, però, solo di fallimenti.
È Stanley a dire a Stella che Blanche è una puttana e per questo si è rifugiata loro (“Dopo che morì Allan – confessa Blanche nel testo – l’intimità con gli estranei era l’unica cosa che mi aiutava a riempire il vuoto del cuore. La paura, la paura mi spingeva dall’uno all’altro, in cerca di protezione… di qua, di là, nei modi più assurdi, in ultimo perfino da un ragazzino di 11 anni”). Adesso Stella deve decidere da che parte stare, se da quella del marito o della sorella: la speranza, il futuro, che lei rappresenta, devono scegliere se rimanere nell’autentico e doloroso del quotidiano oppure tornare a una vagheggiata e smarrita innocenza.

Livia Gionfrida, Ayoub El Mounim, Rossana Gay, Rodrigo Romagnoli @ Enrico Gallina

Il giorno del compleanno di Blanche il palco è ormai sporco di petali di rose e ceneri funerarie. In una luce livida, da interrogatorio, la resa dei conti è accompagnata dal pianto che sembra riso, e dal riso che sembra pianto, di Rossana Gay, Icaro violato dal Sole bruciante di Stanley. Perduto è il rispetto del promesso sposo Mitch (Sofien Ghozlan), ma anche la pace familiare, seppur allietata dalla nascita di un figlio, è compromessa, per l’incapacità di Stella di accettare il crollo della sorella, dovuto in larga parte a Stanley. A poco, a niente sono serviti gli aneddoti, le parabole, gli avvertimenti di Deseo (‘desiderio’ in spagnolo), il travestito interpretato da Rodrigo Romagnoli, la coscienza, il ‘grillo parlante’ e anche danzante di Proteggimi.
Comunque, nonostante tutto, la verità è quella scandita da Da Ponte/Williams e resa visibile dagli agenti che sorvegliano gli attori anche quando sono in scena: nel poker del carcere vincere o perdere è lo stesso. Sarà per questo che all’ingresso ognuno di noi poteva pescare da un mazzo, per ricordarci che i giochi non sono fatti finché possiamo scegliere le carte, finché la nostra vita ancora ci appartiene.

PROTEGGIMI
drammaturgia e regia Livia Gionfrida
scene Alice Mangano
assistente alla regia Giulia Aiazzi
con Robert Da Ponte, Rodrigo Romagnoli, Ayoub El Mounim, Rossana Gay, Livia Gionfrida, Sofien Gozlan, Wu Kejan, Mingoro Doumbia, Lorenz Marini, Luca Florin
progetto grafico Laura Meffe
organizzazione Rebecca Polidori
produzione Teatro Metropopolare in collaborazione con Teatro Metastasio di Prato
Visto venerdì 17 marzo 2017, Teatro Cantiere Florida, Firenze, all’interno di ‘Scena Libera – Riflessioni dal carcere’, focus ospitato da ‘Materia Prima’, la rassegna ideata da Murmuris Teatro.