TANIA BEDOGNI|Ponte Nord, oltre la ferrovia, nel buio della città. Così a Parma è nominato ciò che nacque come ponte Europa, due corsie transitabili dalle auto e due coperte da una struttura di vetro e acciaio. Un tunnel a due piani lungo 160 metri ed alto 15 la cui copertura, ondulata come un foglio ripiegato, gli conferisce la sagoma di una sgraziata “astronave atterrata sul Torrente Parma”. Progettato e realizzato nel 2012 per ospitare attività commerciali permanenti, non ottenne mai l’abitabilità poiché incompatibile con la legge che ne vieta la loro predisposizione lungo l’alveo di fiumi e torrenti (uniche deroghe nazionali per Ponte Vecchio e Rialto).
Uno sterile investimento di spesa pubblica di cui il cittadino indignato non poté mai varcarne la soglia fino ad oggi, in occasione del debutto della installazione sonora e visuale a cura di Francesco Pititto e Maria Federica Maestri: Paradiso. Un pezzo sacro.
Commissionata dal Festival Verdi e inserita nella sezione off, Paradiso è la seconda di tre creazioni site specific innestate in spazi di proprietà pubblica solitamente inaccessibili e tutte ispirate alla Divina Commedia dantesca. L’ha preceduta Purgatorio realizzata nella crociera dell’Ospedale Vecchio lo scorso giugno e la seguirà Inferno presso il termovalorizzatore nel prossimo febbraio 2018.
Se in Purgatorio l’ensemble di Lenz Fondazione incontrava le inflessioni delle compagnie dialettali della città, in Paradiso si mescola con le voci di un coro tutto femminile: ben sei gruppi amatoriali riuniti per la prima volta sotto l’impeccabile direzione di Gabriella Corsaro.
Ed è con il cantato che Lenz sceglie di far dialogare Verdi con Dante fuori dai velluti e dai legni dorati dello storico e centrale Teatro Regio, per condurlo sotto le balconate di metallo e le pareti di vetro di questo spazio contemporaneo e periferico sospeso sull’acqua. La voce è connettivo in perfetto equilibrio con gli spostamenti dei corpi (degli artisti e del pubblico), la pesatura delle luci, la selezione del recitato, la collocazione del sonoro, nonché la scelta dei materiali e dei costumi.
Lenz restituisce alla città una sensibile esperienza di Grazia fertile, traducendo con il linguaggio performativo ciò che le parole da sole non possono raggiungere, come già Dante riconobbe nella stesura dell’ultima Cantica: “Trasumar significar per verba non si pota”.
Paradiso inizia al buio, lontano dalla Luce Divina, e senza parole, con un rumore vibrante tra luci che riproducono il baluginio della luna sull’acqua. Lungo tutta la lunghezza del ponte sono disposti a terra quarantacinque corpi avvolti da sacchi a pelo affusolati come bozzoli intorno a larve. Il pubblico si distribuisce in ordine sparso tra loro ed incontra San Bernardo Frank Berzieri), Dante (Paolo Maccini) e Maria (Delfina Rivieri) che scandiscono tutta la lunghezza dello spazio come pietre miliari.
La prima voce che emerge dall’involucro nero semisdraiato è quella di Gabriella Corsaro che chiama all’intonazione cieca le trenta cantanti (dai 16 agli 85 anni) distribuite nella longitudinalità fino a 120 metri di distanza, senza leggio e con il corpo vincolato nel bozzolo caldo. La sfida fisica e tecnica è vinta in questa versione per coro senza accompagnamento di Laudi alla Vergine Maria di Giuseppe Verdi, terzo dei Quattro pezzi sacri che il maestro compose per quattro voci.
L’invocazione alla Madonna di San Bernardo di Chiaravalle si scompone in un saliscendi armonico che richiama l’abbandono liquido nel ventre fecondo della madre: il Paradiso di Lenz è femmina. I corpi che si svelano sono tutti gravidi e vestiti di bianco, custodiscono ciò che di misterioso verrà: il Figlio, il terzo, la possibilità a prescindere da ciò che siamo, dagli opposti che rappresentiamo.
Così Dante (ed il pubblico con lui), per proseguire nella salita (una scala) che lo conduce ad attraversare tutti i nove cieli (i piani superiori) per arrivare alla visione Dio (l’imagoturgia tonda come il Tondo Doni michelangiolesco: madre, figlio e supernova) ha bisogno prima di Beatrice, la Grazia della Fede che non ascolta Ragione, poi di Maria, madre di tutte madri la cui magnificenza abbraccia tutti gli uomini (attraversa tutto lo spazio che separa le due rive della città) e di San Bernardo chiamato da Beatrice, che con la sua capacità umana di Contemplazione Mistica gli aprirà le porte del Paradiso indicandogli la direzione.
Il bianco e il nero sono segni che toccano tutta l’opera come a ricordarci che siamo sempre chiamati a transitare tra i due estremi, siamo il terzo frutto di due mondi.
Bianco e illuminato a giorno è il livello in cui risiedono le nove Sante, che come rose ruotano tra pozze di acque amniotiche pronunciando versi d’amore passionale, per un pubblico composto ed allineato al loro cospetto.
Nero è l’ultimo cielo di stelle che avvolgono Dante al centro di una fitta spirale di corpi. Il canto alla Vergine si eleva per la terza volta da un pianissimo così profondo che pare provenire dall’origine della lontana galassia per una platea composta nel suo quadrato di sedie.
L’esperienza divina è equilibro, il messaggio di Lenz è chiaro.
Lenz Fondazione
Paradiso. Un pezzo sacro (durata 50′)
da Giuseppe Verdi e Dante Alighieri
Drammaturgia, imagoturgia e fotografia Francesco Pititto
Installazione site specific, costumi, regia Maria Federica Maestri
Musica e installazione sonora Andrea Azzali
Ensemble di Lenz Fondazione
Associazione Cori Parmensi
Maestro del coro Gabriella Corsaro
Dante Paolo Maccini
San Bernardo Frank Berzieri
Maria Delfina Rivieri
Visto in prima assoluta il 12 ottobre 2017