LAURA NOVELLI | Quattro donne e cinque uomini stanno immobili su piedistalli stilizzati. Indossano camicia bianca e pantaloni o gonna nera. Non si muovono. Una luce grigio/azzurrognola li attraversa mentre la musica si fa forte e, nella penombra del fondale, si intravedono nove musicisti suonare dal vivo. Inizia così l’eccellente monumental, lavoro che la compagnia di danza canadese The Holy Body Tattoo, fondata nel 1993 da Dana Gingras e Noam Gagnon e ben nota per la sua sperimentazione votata a coniugare danza contemporanea e musica elettronica), ha presentato nelle settimane scorse al Romaeuropa Festival 2017 (Auditorium Conciliazione) esibendosi sulla musica live dei Godspeed You! Black Emperor, celebre gruppo post-rock anch’esso canadese.
Va subito detto che la convivenza delle due formazioni è il cuore stesso di questo imponente spettacolo e ne detta persino la genesi. Allestito la prima volta nel 2005, monumental è stato infatti volutamente ripreso cinque anni fa con un duplice intento: ribadire con maggiore incisività il tema attualissimo che ne sottende la partitura (l’alienazione dell’uomo nell’era della tecnologia imperante) e tracciare un nuovo percorso di costruzione spettacolare dove coreografia e musica live andassero all’unisono, formando un corpo unico e organico. Dopo anni di prove e di lavoro insieme, il risultato è senza dubbio straordinario. Perché in effetti la sensazione che si prova nell’assistervi è proprio quella di un’immersione sensoriale piena, robusta, intensa. Tanto più dal momento in cui l’immobilità elegante del primo quadro si trasforma in una coreografia di corpi nervosi, epilettici, vibranti che, resi soli dall’illusione digitale che li governa e ci governa, provano a toccarsi l’un l’altro per poi respingersi, allontanarsi, isolarsi ancora.
Via via che le splendide note di Efrim Menuck (fondatore della band e chitarrista, qui accompagnato da altre quattro chitarre) e company costruiscono il loro tappeto sonoro dall’ariosità quasi classica e dagli innesti inusuali (ben tre le batterie presenti in scena, che non disdicono di dialogare con strumenti come il violino), il lavoro sprigiona un’energia davvero dirompente: la fisicità dei danzatori si decompone, i capelli si sciolgono, gli abiti non stanno più al loro posto, gli incontri tra esseri umani si trasformano in brevi lotte. A tratti monumental è un mare increspato di onde; a tratti invece un malinconico insieme di assoli. Ma monumentale è soprattutto qui la triste consapevolezza di quanto siamo diventati incapaci di comunicare realmente gli uni con gli altri. Non per niente, la “m” iniziale del titolo va scritta rigorosamente minuscola “perché – spiega la stessa Gingras, regista della pièce oltre che coreografa insieme con la Gagnon – l’alienazione creata dal capitalismo digitale si esprime nelle piccole cose e nel modo in cui i nostri movimenti quotidiani sono stati alterati. Riflettere sull’evoluzione delle tecnologie dell’informazione, sul modo in cui si sono evolute dal 2005 a oggi, rende i temi trattati nello spettacolo ancora più attuali”.
Ricordano qualcosa degli spaesati protagonisti di quell’arguto Juli César che Álex Rigola portò in Italia qualche anno fa questi nove ballerini così sintonici tra loro (davvero egregia la prova dell’intero cast) e, al contempo, così carichi di solitudine. Ricordano i gesti graffianti e grotteschi di certe creazioni firmate da Sasha Waltz. Raccontano la contemporaneità con la raffinata scompostezza della migliore tradizione di teatro-danza in odore di Pina Bauch. E la loro non-relazione si fa segno forte del nostro oggi, pur intercettando bisogni e paure di sempre. Danza e musica sono completate, infatti, da immagini video e da scritte luminose che riportano alcune frasi dell’artista neo-concettuale statunitense Jenny Holzer risalenti all’inizio degli anni Ottanta. “Certi giorni ti svegli e inizi subito a preoccuparti. Non c’è niente in particolare che non vada, eppure sospetti che le forze si stiano cautamente allineando e che ci siano guai all’orizzonte”. C’è un’atmosfera di allerta. Di allarme. Di alienazione, appunto: “E’ ingiusto fare a pezzi una persona perché ti senti minacciato dalla sua salute e dalla sua esuberanza”. E ancora: “A volte non puoi fare a meno di veder accadere qualcosa di orribile. Non puoi chiudere gli occhi perché succede troppo in fretta e penetra nella tua memoria”.
Questo stesso senso di allerta e paura si insinua nei passi di danza, nelle rincorse tra ballerini, nei loro scatti improvvisa. E sposa la plasticità della musica, i suoi picchi post-rock, i suoi misteriosi echi avanguardistici. Fino ai ritmi pacati dell’epilogo: quando cioè i corpi scossi dall’elettrico attaccamento ai cliché contemporanei riconquistano ognuno un piedistallo e si fermano esausti. Chiusi tra musica e applausi scroscianti.
MONUMENTAL
The Holy Body Tattoo
with live music by Godspeed You! Black Emperor
Regia Dana Gingras
Coreografia Noam Gagnon, Dana Gingras
Musica Godspeed You! Black Emperor
Interpreti Caroline Gravel, Louise-Michel Jackson, Kim de Jong, Jason Martin, Louis-Elyan Martin, Sovann Prom Tep, Esther Rousseau-Morin, Neil Sochasky, Jamie Wright
Rimontaggio della coreografia, Direzione prove Sarah Williams
Disegno luci Marc Parent
Testi Jenny Holzer
Regia video William Morrison
Costumi Marilène Bastien
Suono Yann Dupuis
Produttore Sarah Rogers
Produzione Animals of Distinction
Romaeuropa Festival 2017
13- 14 ottobre 2017
Auditorium Conciliazione