MARAT | Io ci ho pensato subito. A Gianfranco Zola. Che se si parla di espulsione, si corre subito lì, al diciottesimo della ripresa di Italia Nigeria, ottavi di finale ai Mondiali del 1994. Entra Zola. È il suo compleanno. L’ltalia è sotto di un gol e lui si è messo in testa di salvare la patria. Il progetto dura dodici minuti. Fino a quando riconquista in maniera regolare un pallone, il nigeriano fa una sceneggiata da Premio Ubu, l’arbitro ci casca e lo espelle. Zola s’inginocchia a braccia conserte. Come un bambino. Piange, si ribella. Che la vita è ingiusta, figurarsi il calcio. Ci penserà Baggio all’ultimo minuto, con un tiretto che neanche Rivera nel 1970. Roba da infarto. Come l’embolo partito a Zidane. Che secondo me ha fatto benissimo. Che quando ti toccano la sorella non c’è Coppa del Mondo che tenga. E una testata a Materazzi dev’essere un piacere sottile. Questo per dire come ci siano ambiti nella società in cui qualcuno, saltuariamente, è autorizzato a darti un calcio in culo. Con motivazioni valide o pretestuose a seconda dei casi. Ma sempre calcio in culo rimane. Succede nelle aziende, nelle industrie, nei giornali. Ogni tanto succede in politica. Succede più spesso ai poveracci, ma capita anche a chi cade sul morbido. Succede in un gruppo se ti fai troppo (Syd Barrett), in una scuola se fai rissa, in un centro sociale se arrivano i celerini. Succede perfino a teatro. Ma devi essere categoria non protetta, tipo organizzatore, ufficio stampa, tecnico, attore. Succede spesso. Troppo. Eppure se vuoi stare sereno, è proprio a teatro che devi andare. Solo che devi fare la scuola per diventare direttore artistico. Io non la conosco, ma esiste. E lì non succede mai. Mondo Xanax. Nessuno ti darà mai un calcio in culo. Tranquillo. Che tu sia alla direzione da decenni non frega niente a nessuno. Figurarsi poi star lì a spulciare come lavori, chissene. Nel malaugurato caso ti tolgano il palcoscenico, due lacrime e uno spazietto te lo si trova in un amen. Si spostano due pedine perché nulla cambi. E se proprio proprio ormai hai superato la novantina ma senti ancora quel friccicorio tardo adolescenziale, un posticino da commissario straordinario di qualcosa te lo si trova. Una società di mutuo soccorso (per privilegiati), il teatro. Che grande famiglia. Non lascia mai indietro nessuno. Al limite ti arriva un’ammonizione. Ma in Italia anche quella fa curriculum.
Disegno Renzo Francabandera