ILENA AMBROSIO | Brucia l’Europa. Il titolo del lavoro di Mario Gelardi che ha aperto la stagione del Nuovo Teatro Sanità è già da sé denso di suggestioni. L’orizzonte che ci si prospetta è ampio: sarà l’Europa la scena e, simultaneamente, il tema; i suoi cittadini saranno i protagonisti della finzione, ma nella realtà lo sono gli attori, così come gli spettatori. Si parlerà di un noi, dunque, attuale, reale. Quel “brucia” in anastrofe fa scaturire immagini di guerra, di fiamme dilaganti e distruttive, ma è anche segnale di tema scottante, intorno al quale costantemente viene messa carne a cuocere – per continuare con le metafore ignee.
Sulla scena le quinte sono rivestite da otto grandi primi piano dei protagonisti politici mondiali: il sorrisetto spavaldo di Trump, quello quasi simpatico di Kim Jong-un; l’”austera” fermezza dello sguardo di Salvini, la compostezza di quello della Merkel. Sono tutti lì, tinti di rosso a guardare. A guardare cosa? L’Europa bruciata dai suoi fuochi: il terrorismo, la paura dell’altro, il potere tirannico della notizia a tutti i costi, vera o alterata che sia.
L’impianto drammaturgico, efficacissimo, è diviso in episodi ispirati a eventi terroristici, riportati, però – salvo nell’ultimo quadro – senza dettagli su luoghi e date, quasi fossero topoi narrativi: assalto a un pub colmo di giovani, esplosione nei corridoi di una metropolitana, strage di turisti in spiaggia. Quattro attori interpretano a rotazione i protagonisti di drammi, catastrofi, tragedie eppure la scelta recitativa punta diretta all’opposto: c’è ironia, comicità persino; il sarcasmo è il vero protagonista, spinto fino al paradosso e al parodico.
Sul marmo immacolato della stazione la macchia di bruciato lasciata dal kamikaze prende vita e battibecca con l’inserviente delle pulizie che si ostina a pulirla e una passante frettolosa; fuori da un ufficio postale il capo della polizia e una giornalista – esilarante l’interpretazione di Federica Aiello – rielaborano le informazioni per poter arrivare a dire che sì, è un terrorista il sequestratore, pover uomo che ci rivela essere, su una malinconica musica da carillon, «soltanto Gianni», un postino con in mano un pacco sospetto – ma solo perché oramai tutti i pacchi lo sono. Nell’ultimo episodio il giudice dell’udienza di Anders Behring Breivik per gli attentati in Norvegia del 2011 – ancora la Aiello – flirta spudoratamente con l’avvenente avvocato di lui – brillante Alessandro Palladino anche coautore del lavoro – mentre rimprovera une delle giovani vittime – morta vivente – di non aver letto il nome del suo assassino sui giornali dopo l’attentato.
Il ritmo è rapido, sempre sostenuto, aiutato dagli energici jingle di apertura a ciascun episodio; nessun momento di stasi o rallentamento e, sotto questo aspetto, gli interpreti danno prova di grande abilità. Tutto – i movimenti, il tono della voce, la cadenza recitativa – è eccessivo, surreale, eppure è proprio la realtà dei fatti a essere mostrata, come se venisse pulita via quella patina di assuefazione a certi eventi, di abitudine, alzato il velo del comune sentire – comune perché oramai standardizzato e appiattito – per svelare le viscere delle cose che, sì, oramai sono all’ordine del giorno, ma restano pur sempre orrore, bruttura.
Così a inframmezzare questi episodi di “cronaca”, interviene l’opinione pubblica, personaggio a sé impersonato, di volta in volta, da interpreti in t-shirt rossa con, sulla schiena, la stampa di un bersaglio da poligono. «Chi di noi sa difendersi?», «È ancora sicuro viaggiare in Europa?», «Cosa passa nella mente dei terroristi?». Si accumulano quesiti, riflessioni, teorie su possibili soluzioni sempre concluse da un «semplice, no?»: chiosa a lasciar intendere che di semplice in quello che viviamo c’è ben poco. «It’s a war», dice il Batman del film di Nolan; quel Batman, ci spiega Carlo Geltrude/opinione pubblica, aveva capito tutto: «Se vuoi vincere la paura devi diventare paura». E l’Europa rappresentata appare proprio così, un campo da guerra di tutti contro tutti, dove il terrore imperversa virulento.
Abbiamo rivolto qualche domanda a Mario Gelardi.
In Brucia l’Europa si affrontano temi entrati oramai nel quotidiano, in particolare quello del terrorismo e del rapporto con lo straniero. Lo si fa con un accentuatissimo sarcasmo, che induce spesso al riso, e con uno stile recitativo che tende all’eccesso e alla parodia. La funzione drammaturgica di questa scelta?
Per informare ci sono i telegiornali, i giornali, internet, il teatro deve assolvere ad altro. Porre domande, secondo me, e farlo in maniera provocatoria, dissacrante, nel mio caso paradossale.
Il lavoro dà avvio alla nuova stagione del Nuovo Teatro Sanità e, in particolare, la sezione Circle che, da un lato apre le porte alla drammaturgia europea, dall’altro assume una marcata connotazione politica. Il teatro può ancora essere politico nel senso classico di strumento di partecipazione alla vita collettiva? E in che modo può farlo senza snaturarsi?
Io credo di fare sempre teatro politico, gestire un teatro nel rione Sanità e farlo con un gruppo di giovani è un atto politico. Venendo nello specifico, prima come essere umano e poi come teatrante, non posso restare indifferente al clima di fascismo imperante che ci circonda. Cerco di difendermi con le armi che ho, scrivere e andare in scena.
Quest’anno il lavoro del collettivo ntS’ sarà riconosciuto dal MIBACT. I vostri ragazzi stanno dando un segnale forte di cambiamento, esprimendo un desiderio appassionato di riscatto in nome dell’arte e della bellezza. Come si può farlo in una realtà complessa come quella del rione Sanità? Quali traguardi e, se ci sono stati, quali fallimenti ritiene siano stati i più significativi in questo percorso?
Vogliamo rafforzare la compagnia, girare in tutta Italia per raccontare le nostre storie, superare il pregiudizio di un teatro nordcentrico che ci etichetta come “fenomeno” di rigenerazione solo perché veniamo dal rione Sanità.
Inoltre stiamo cercando sempre di più di rafforzare i nostri rapporti internazionali. La nostra sconfitta o forse la loro, è l’impossibilità di trovare riscontri concreti nelle istituzioni locali. Combattiamo con la burocrazia che ci vuole far restare una chiesa con un teatro e non un teatro in una chiesa.
Ci pare, allora, che Brucia l’Europa, con la una carica politica coniugata a un’eccellente resa teatrale, con la sua energia dirompente, il suo porre domande, provocare, prendere posizione, rappresenti bene il percorso e i progetti di lavoro del Nuovo Teatro Sanità. Un lavoro che – dice bene Gelardi – non va apprezzato solo perché portato avanti in una realtà difficile, che è capace di affrancare una giovane e talentuosa compagnia da essa ma che – ci sia concesso – acquista in quello scenario un ancor più prezioso valore perché dove il buio è la norma, una fiamma fa ancora più luce.
BRUCIA L’EUROPA
di Mario Gelardi, Alessandro Palladino e Davide Pascarella
con Federica Aiello, Annalisa Direttore, Alessandro Palladino, Riccardo Ciccarelli
l’opinione pubblica è rappresentata da Vincenzo Antonucci, Mariano Coletti, Simone Fiorillo, Carlo Geltrude, Salvatore Nicolella
regia Mario Gelardi
produzione Nuovo Teatro Sanità
Nuovo Teatro Sanità,
28-30 settembre 2018