ANTONIO CRETELLA | Tra Trecento e Quattrocento l’instancabile lavoro di archivio di alcuni letterati, primo fra tutti Francesco Petrarca, riportò alla luce opere letterarie dell’antichità greco-romana, quale la Naturalis Historia di Plinio, che gettarono una nuova luce su un passato che il Medioevo aveva dimenticato o distorto secondo una visione teocentrica e moralizzante che privava l’antichità di una specificità culturale.
È abbastanza noto il parallelo tra la scoperta della prospettiva geometrica nell’arte rinascimentale e quella della prospettiva storica nel campo della neonata filologia, disciplina che si poneva per la prima volta il problema di ricostruire un’immagine fedele e scientificamente attendibile del passato. Le conseguenze del nuovo sguardo sul passato non tardarono a farsi sentire sul presente: lo studio sistematico dell’antichità diede un impulso vitale all’arte, alla politica, alle scienze. Gli scritti di Vitruvio sull’arte, per tramite di Leonardo, le diedero nuova linfa, mentre gli scritti scientifici contribuirono a dissipare l’accumulo di credenze medievali stratificate in secoli di sostanziale immobilità nel campo delle scienze. Gli scritti politici, infine, consentirono a Machiavelli di riflettere in maniera spregiudicata e inedita sulla natura del potere e sulle sue implicazioni. In buona sostanza, il Rinascimento dimostrò come la comprensione del passato potesse essere il trampolino di lancio per un’epoca di progresso in ogni campo.
Basterebbe questo esempio per comprendere quanto la mortificazione del sapere storico pregiudichi in modo irrimediabile non solo la costruzione del futuro, ma la stessa vivibilità del presente, dominata dai fantasmi del pensiero magico, del complottismo, di storture prive di fondamento. Ma, a quanto pare al MIUR, dove si avviano nuovi tagli alle ore di Storia e Storia dell’Arte, sono di tutt’altro avviso…