RENZO FRANCABANDERA | Dopo La scuola delle mogli, Valter Malosti torna ancora su Molière, scegliendo questa volta Il Misantropo. Lo spettacolo sviluppa un ragionamento riguardo questa figura archetipica del teatro moderno, cercando una prossimità con altri archetipi di non minore forza, come quello di Don Giovanni, a cui Molière aveva lavorato, con meno successo, l’anno precedente (1665).
La figura di Alceste, interpretata dallo stesso Malosti, è quella di un pensatore eccessivo e distaccato che, mano mano che l’opera si sviluppa, passa dall’esercizio retorico della critica sociale ad ammalarsi, in fondo, dei mali stessi che stigmatizza, introducendo una nota decadente e mortifera nella vicenda dell’uomo solitario e fedele al suo disprezzo sulla mediocrità del genere umano, che beccheggia fra misantropia e misoginia.
Le donne – come tutta la società che gli ruota attorno –, in una sorta di rovesciamento del mito di Atteone – come suggerisce il fondale dell’allestimento ideato da Gregorio Zurla – faranno una triste fine, schiacciate dalla debolezza dell’uomo in quanto essere in fondo fragile pur nelle sue declinazioni più rigorose. Il Misantropo-Diana, umorale e femminile, seppur in apparenza mascolino e macho, farà sbranare dai cani tutte coloro che si avvicineranno per conquistarlo, finendo però vittima di questo gioco di seduzione che avvicina nella lettura del regista i due archetipi letterari affrontati dal drammaturgo nel volgere di un anno e di cui si cerca appunto il tratto in comune, decadente e intellettualistico. Ma come nel mito dongiovannesco, e in fondo in tutta la letteratura di seduzione, è basilare il legame fra eros e thanatos.
Di questo intarsio molto contemporaneo nell’arsura sociale che deriva dal controluce fra i due testi – ottenuto anche in senso visivo nella scenografia dietro il tulle – si occupa la penna di Fabrizio Sinisi, che ha lavorato alla drammaturgia con Malosti. Il senso logico dell’affinità vera o presunta fra il Misantropo e Don Giovanni, in questa lettura, risiede senza dubbio nell’intenzione psicanalitica, in fondo seduttiva-au contraire, del personaggio Misantropo, capace di legare a sè proprio con questa strana forma di disprezzo, che finisce per rendere in fin dei conti inutile la sua intelligenza.
Il tema di fondo, filosofico, che Malosti porta al centro della sua regia, risiede in questo: il misantropo, con le sue distanze dagli istinti bassi del popolo sarebbe persino (con)vincente, se non fosse che questa sua supremazia intellettuale si risolve poi non in utilità per il suo contesto, per la società in cui vive, in un’istanza di progresso, ma in una solipsistica distanza, autoreferenziale. Sembra quasi si alluda, senza mai esplicitarlo, allo scenario politico italiano, e alle ragioni per le quali la borghesia progressista, ammalata di spocchia e dimentica delle sue origini, ha creato spazio all’istanza conservatrice più radicale e populista.
Alla Célimène spocchiosa, giovane, non meno seduttiva di Anna Della Rosa, si contrappone la matura fragilità di Sara Bertelà, in scena con Edoardo Ribatto, Roberta Lanave, Paolo Giangrasso, Matteo Baiardi e Marcello Spinetta, in grado di portare a risultato un buon gioco di squadra.
L’operazione è registicamente compatta, l’esito scenico gradevole, con qualche indulgenza a una certo contemporaneismo, che arriva per lo più dalle musiche e dal movimento scenico, cui si affida una cifra ulteriormente espressionista, oltre quanto i costumi non dicano già dei personaggi.
Dopo il debutto al Teatro Astra di Torino, lo spettacolo chiude il 2018 passando nei prossimi giorni al Teatro Carcano di Milano (fino al 23 dicembre), che co-produce con TPE e Luganoinscena.
IL MISANTROPO
Versione italiana e adattamento Fabrizio Sinisi e Valter Malosti
Uno Spettacolo Di Valter Malosti
Alceste Valter Malosti
Célimène Anna Della Rosa
Arsinoé Sara Bertelà
Oronte Edoardo Ribatto
Eliante Roberta Lanave
Filinto Paolo Giangrasso
Clitandro Matteo Baiardi
Acaste Marcello Spinetta
Costumi Grazia Materia
Scene Gregorio Zurla
Luci Francesco Dell’elba
Cura Del Movimento Alessio Maria Romano
Assistente alla Regia Elena Serra
Canzone Bruno De Franceschi
Al Contrabbasso Furio Di Castri
Produzione Tpe – Teatro Piemonte Europa /
Teatro Carcano Centro D’arte Contemporanea / Luganoinscena
In Collaborazione con Intesa Sanpaolo
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