ANTONIO CRETELLA | Dopo un’attenta lettura del ddl Pillon sulla riforma del diritto di famiglia anch’io, come molti, sono stato assalito da numerosi dubbi sulla validità del testo, che trovo assolutamente inadatto a riformare una materia tanto delicata; anzi, oserei dire che lo trovo vergognoso.
La bozza risulta infatti, per usare un eufemismo, fortemente lacunosa: non si prevede la più che mai necessaria reintroduzione della figura del pater familias con diritto vitae necisque sulla consorte e sulla prole; neanche un trafiletto sull’istituzione della figura della matrona lanigera e sulla divisione dei luoghi pubblici in ginecei e androcei; nemmeno un cenno alla virtuosa pratica di seppellire vive le vedove assieme ai resti del defunto marito, cosa che per altro inciderebbe positivamente sul sistema pensionistico diminuendo in modo radicale il ricorso alla reversibilità dell’assegno. E l’ostensione delle lenzuola imbibite di sangue verginale dopo la prima notte di nozze a testimonianza della purezza della fanciulla? E la fornitura di camicie da notte appositamente forate all’altezza delle vergogne per procedere all’atto procreativo senza incorrere in sconveniente nudità?
No, caro senatore, lei non me la dà a bere: lei che si dichiara difensore della famiglia naturale e tradizionale potrebbe essere solo un conservatore di facciata, un astuto sovversivo che con il suo decretino all’acqua di rose potrebbe voler nascondere, con una sottile patina di virilità, una riprovevole e decadente mollezza femminea tutta moine e leziosità, un diavolo ermafrodita che sotto il cavallo di Troia del ddl occulterebbe invece il demone del Gender che finge di combattere. Ma a noi viri eccellenti non la si fa.