ELENA SCOLARI | Due figure bellissime. I gemelli Lunardini possono vantare una presenza scenica invidiabile: sono magri, il viso un poco scavato, capelli bianchi lunghi, un’andatura che ha del fantasmatico fin da subito, un’espressione compunta, svagata e attenta insieme. Lunga palandrana nera che un po’ li cela e un po’ li svela.
Giovanni e Roberto Lunardini sono diretti da Francesca Mainetti (attrice, regista e drammaturga) di Teatro19 nello spettacolo L’ombra di Joenes, in scena nell’ambito del Metamorfosi Festival – scena mentale in trasformazione.
Parlando con Francesca prima dello spettacolo, capiamo quanta gioiosa dedizione stia dietro al lavoro teatrale con i malati psichici, quanta capacità di modellare la realtà della scena al mondo mentale delle persone in questione: «Lo spettacolo ha il tempo dei gemelli, la loro forma e il loro ritmo», ci dice. «E nasce da una loro idea: la malattia psichica è come un’ombra, non tanto nel senso del portarsela sempre dietro quanto perché a volte ti può inghiottire, perché toglie la luce. E così ho pensato di lavorare proprio su questo concetto, con loro. Sai qual era il lavoro dei gemelli nella vita, prima di fare teatro con me? Fabbricavano fiori di ceramica. Buffo, no?».
E in effetti la “gemellitudine” è anche un bel colpo teatrale; chi non lo sa impiega un po’ prima di capire che chi esce ed entra dalle quinte non è la stessa persona! Ognuno è un po’ l’ombra dell’altro?
La scena è illuminata da luci fioche, autunnali, una scrivania sta al centro, un pavimento di foglie secche che scrocchiano sotto i piedi, a sottolineare sonoramente un dentro/fuori che non è solo dello spazio; la musicista Angela Scalvini è in angolo e punteggia movimenti e cambi con chitarra e voce.
Joenes scrive una specie di diario – dentro cui il pubblico sbircia – nel quale racconta che vuole uscire da questa stanza, rimpiange un amore che non ha avuto il coraggio di consumare e che si ripresenta in una bellissima immagine: estrae lentamente un vestito femminile dal cassetto, il ricordo si spiega piano, come le pieghe della seta a fiori, per poi farsi indossare dall’incarnazione di quella donna, Francesca Mainetti che dapprima non si regge da sé, è come addormentata. Saranno le carezze di Joenes a ridarle il colore, la consistenza viva e le parole di un’amante che esprime i dubbi di entrambi e che impedirono il tuffo in una relazione.
La Mainetti è squillante nella sua fiorita vitalità, per altro vogliamo ricordare che recita in tre spettacoli diversi in tre giorni: potenza della follia teatrale che tutti prende, attori e operatori!
L’ombra di Jones è il secondo lavoro di Teatro19 che vediamo nell’ambito del Metamorfosi Festival e anche qui notiamo un’attenzione serissima per i dettagli, per la precisione di movimento degli attori in scena. Certo, il ritmo è effettivamente dilatato ma contribuisce a una certa rarefazione di senso che tutto sommato non fa male al mood dello spettacolo.
Joenes ha due facce, in conflitto ma complementari, entrambe nascondono paure e incapacità sotto le falde dei cappotti.
I gemelli Lunardini si raccontano con poche parole e tante simboliche situazioni. Una conversazione che forse non risulta sempre leggibile in tutte le sue stratificazioni a un pubblico che non conosca le loro esperienze personali, ma ciò che rimane è comunque una bella riflessione sul passato, sui ricordi, e sulla forza di ribaltarli. Fino all’ultimo, se questo può farci uscire dall’ombra.
L’OMBRA DI JOENES
compagnia Laboratorio Metamorfosi/Teatro19/UOP23
con Giovanni Lunardini, Roberto Lunardini, Francesca Mainetti
regia e drammaturgia Francesca Mainetti
musica dal vivo Angela Scalvini
luci e fonica Carlo Dall’Asta
in collaborazione con UOP23 Spedali Civili di Brescia