BRUNA MONACO | Cigni starnazzanti e vitali. Questo sembrano i danzatori dello Swan Lake della sudafricana Dada Masilo, che a meno di trent’anni è prima ballerina e coreografa di una versione del classico di Čajkowskij. La Masilo non è un volto nuovo per il Romaeuropa Festival: lo scorso anno danzava in Refuse the hour di William Kentridge, ha lavorato con coreografi come Gregory Maqoma, si è formata con Teresa De Keersmaeker. Insomma un curriculum d’eccellenza in cui Swan Lake si inserisce come il fiore all’occhiello: non è il suo primo spettacolo da coreografa, ma il più famoso e apprezzato, ancora in tournée dal debutto nel 2010.
Un ricco tutù fa da piumaggio al sedere, e una cresta morbida e bianca completa il disegno di questi cigni, donne e uomini di colore che entrano in scena a passo cadenzato, sulle punte, in rigoroso stile classico. I movimenti sono affettatamente aggraziati, si avverte del disagio in quell’incedere, non c’è naturalezza né verità. Il motivo è presto svelato: arriva una banditrice e ci racconta il balletto classico dal punto di vista di chi “ignora tutto della danza”: le storie sono tutte uguali e di una piattezza sconfortante: nel mucchio di 32 ballerine fanno la loro apparizione 4 o 8 ballerini maschi che si esibiscono in virili grands jetés, ma solo il “top boy” ne farà di così virili da conquistare la “top girl”, chiaramente invidiata e odiata dalle altre 31. Sarà questa l’idea che anche Dada Masilo ha del balletto classico? La parodia è simpatica, diverte il pubblico, anche se è un po’ troppo facile. Per fortuna Swan Lake di Dada Masilo non vuole limitarsi a essere irridente, inizia la parte costruens dello spettacolo, in cui si affrontano, anche se spesso solo en passant, temi sociali, importanti. Temi in parte estranei al pubblico occidentale, come i matrimoni combinati e le stragi dell’AIDS che tormentano il Sudafrica. Altri più universali come l’omofobia: la famiglia dei nostri protagonisti, un maschio e una femmina, si sono accordati sul matrimonio dei figli. Ma il presunto sposo è gay, rifiuta la donna e viene additato da tutti.
Lo Swan Lake di Dada Masilo è quasi un luogo fisico, quello prescelto dalla coreografa per far incontrare due civiltà, sudafricana e occidentale. Civiltà distanti per moltissimi versi e per qualche tratto simili. Per raccontare all’Europa di sé e del suo Paese, la giovane Masilo ha voluto un terreno che fosse il meno neutro possibile, che da subito facesse risaltare le differenze. L’impressione di disagio dell’inizio, l’affettazione dei movimenti non erano solo in funzione del gioco parodico, ma anche gli indizi di un conflitto che stava per scoppiare. Dada Masilo e i suoi danzatori “non stanno nella pelle”, in tutti i sensi, da quello letterale a quelli allegorici. Perché, come sempre nel teatro, sono esseri umani nei panni di altri, di cigni. Perché quei corpi neri stridono in quei tutù “da bianchi”. Perché il ritmo e la vitalità africani esplodono infrangendo i movimenti armonici e flessuosi della danza classica. I palmi dei piedi schiacciano le punte a terra, attratti insieme ai bacini più dalla forza di gravità che dall’elevazione verso l’etereo. Tutto ciò forse non è messo bene a tema in questo Swan Lake in cui spesso predomina una gioiosa confusione che pare non portare a nulla, ma Dada Masilo è un’artista molto giovane, e ha ancora tanti spettacoli davanti a sé.
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