ILENA AMBROSIO | Isolamento e condivisione. Stare chiusi nella “scatola” del proprio universo percettivo e, allo stesso tempo, entrare in contatto stretto con l’altro partecipando a un’esperienza condivisa. Trovo sempre particolare questo ossimoro che si realizza quando si assiste a uno spettacolo indossando delle cuffie: il rimanere nel mio spazio personale eppure percepire una voce giungere da così vicino. Una catena sensoriale che si allunga se lo spettacolo abita un luogo altro rispetto all’edificio teatro, facendosi itinerante e coinvolgendo, quindi, anche la percezione dello spazio esterno, degli individui che lo popolano. Se poi questo luogo è, per eccellenza, quello dell’isolamento autistico e, insieme, della più caotica – ma forzata e solo apparente – convivenza, si è trascinati in un flusso percettivo, direi, più che complesso, stratificato.
Con questi presupposti racconto di UNDERGROUND. Roberta nel metrò (la metropolitana il luogo altro) quindicesima tappa del progetto di Interior Sites Project di Renato Cuocolo e Roberta Bosetti, presentata al Napoli Teatro Festival.
Autobiografia, confine tra realtà e finzione, tra attore e personaggio, tra esposizione e intimità: le linee del progetto iniziato nel 2000 (qui il decalogo fondante) e che ha dato vita a una serie di lavori in cui sono labili le linee di demarcazione tra ciò che è e ciò che appare, ciò che è davvero stato e ciò che è solo artificio.
Un ricordo, un evento autobiografico fanno da input per la costruzione di «trappole per la realtà» nelle quali tracce disseminate della vita vera si mescolano alla rappresentazione, inglobandosi le une nelle altre. «Partiamo dall’autobiografia non perché le nostre vicende personali siano così importanti ma per la consapevolezza che le nostre vite e quelle degli altri non sono così dissimili».
E proprio nell’incontro con l’altro Cuocolo e Bosetti fanno convergere le componenti antitetiche ma complementari del loro lavoro, nel contatto con un tu da incontrare in un luogo interiore, appunto, una dimensione che sia – letteralmente o metaforicamente – intima: una camera d’albergo (Private Eye), un tête-à-tête di dieci minuti (Theatre on a line); una stanza privata (The Secret Room), e anche, come in questo caso (e come era stato in The Walk) l’ascolto diretto tramite cuffie del racconto di una intimità emotiva, personale.
Alla ricerca di questa vicinanza venti spettatori vengono introdotti dalla voce di Cuocolo e poi guidati da quella di Roberta negli spazi della metropolitana, in un itinerario dantesco negli abissi della città. Abissi. Lo scendere, l’andare giù è la prima cosa sulla quale viene posto l’accento – in un movimento speculare a quello dell’ultimo Roberta va sulla Luna in cui era l’altezza a fornire la prospettiva da cui guardare la realtà. Lo percepiamo subito che stiamo per essere inghiottiti nei sotterranei della città ma anche in altre profondità.
E ci inghiottisce il flusso di pensieri di questa donna – abiti casual, zainetto in spalla – che si presenta con il suo nome e ci invita a seguire la sua voce, a «stare uniti, insieme». La sentiamo subito vicina, familiare mentre racconta del suo rifugiarsi – perché di rifugio si tratta – in quel mondo sotterraneo frequentato inizialmente per una necessità: raggiungere in ospedale la madre di Renato poi venuta a mancare. Roberta dice io parlando a un tu che siamo noi. Ma, allo stesso tempo, l’impostazione della voce e l’andamento a tratti surreale del suo discorso, che si dispiega tra lo stream of consciousness e associazioni libere di parole, la allontanano, marcandone la sua identità di personaggio artefatto, di costruzione.
E stando lì ad ascoltarla, a seguirla in fila con gli altri spettatori, mi accorgo che questa dualità coinvolge anche noi: realtà rispetto a lei ma anche finzione insieme a lei e altri rispetto a chi ci circonda. Trasmigriamo da un livello all’altro, così come da un treno all’altro. Ci spostiamo nello spazio esterno ma, in un certo modo, anche internamente. Dalle cuffie – intelligente scelta nella gestione del suono –, la voce del personaggio Roberta giunge insieme ai rumori della metropolitana: gli spot pubblicitari, le rotaie, le voci degli altri passeggeri. Gli stimoli dalla finzione e quelli della realtà si alternano, confondendosi e fondendosi. Sovrapposizione. Stratificazione.
In questo “sistema” percettivo complesso ma estremamente compatto dimoriamo come coprotagonisti nel racconto della nostra guida/compagna di viaggio, in intimità con lei. La ascoltiamo immaginare il mondo che ci passa sopra – ma siamo noi che passiamo sotto in realtà –, descrivere ipotetici interni di case, relazioni, rapporti; la sentiamo filosofeggiare sulla vita e la morte ma lontana da qualsivoglia pedanteria, restando in dialogo. Ci colgono alla sprovvista le frecciate “politiche” che emergono, senza alcuna pretesa di approfondimento, ma con urgenza e potenza tra parole in libertà: «…società liquida, strategia per l’Europa, responsabilità, crollo del ponte, blocco della nave, assunzione di responsabilità, […] globalizzazione, miti della razza […] poteri forti, italiani a mano armata, pistole, fucili, centro di addestramento, legittima difesa, politiche di sicurezza…».
Parole che si accumulano e paiono ingigantirsi come se lì sotto si fosse schiacciati dal peso del mondo sovrastante ma, insieme, si diventasse capaci di comprenderlo davvero; come se osservare l’umanità che cammina nel sottosuolo corrispondesse a osservane il suo sottostante, l’interno, il vero. E allora perché risalire? Per cosa? Del resto «se non si va via per tempo, di colpo è troppo tardi e non si può più andar via. […] Allora con questo problema di non poter più andare via, di non poter cambiare più nulla, uno fa i conti per tutta la vita».
Una citazione da Camminare di Thomas Bernhard, il libro che Roberta porta nel suo zainetto, insieme a pochi altri oggetti. Un altro input extra-teatrale – sempre presenti nei lavori della coppia –, che rende più complesso il sistema drammaturgico e, al contempo, approfondisce la psicologia della persona/personaggio che abbiamo di fronte.
All’ultima fermata Roberta ci lascia andare: «Tornate sopra. Vi aspettano». Lei resterà lì ancora un po’ ma con la promessa di «smettere» domani, di «mettere la testa a posto» e tornare a essere «come noi», di scegliere la vita.
Già, la vita di sopra alla quale sta rinunciando rimandando lì sotto, quella che fa scegliere «le borse firmate, le scarpe con i tacchi, il cashmere, la seta, così sentirai quello che spacciano per felicità… un iPhone fatto in Cina da una donna che si è buttata dalla finestra… facebook, twitter, snapchat, instagram e mille altri modi per vomitare la tua bile contro persone mai incontrate… scrivere un life blog dal primo sospiro fino all’ultimo respiro. L’interazione umana ridotta a niente più che dati… un contratto a zero ore e un viaggio casa lavoro di due ore… di non imparare mai dai tuoi errori… di osservare la storia che si ripete…».
Le parole raggiungono il peso di un macigno che ci si pianta sul petto. «Ho detto troppo? Non ho detto abbastanza…»: questo refrain aveva puntellato tutto il percorso, come a volerci tenere allerta, a volerci preparare a un dipinto tanto crudo eppure lucido e reale di ciò che siamo, di ciò che – è proprio vero – scegliamo di essere e di avere. Roberta ci ha condotti in fondo, nell’intimità del sottosuolo, per scoprire che la superficie non è solo lo spazio che abitiamo ma anche la modalità con la quale portiamo avanti le nostre esistenze. E allora quasi la si comprende la fuga di questa donna, la scelta di non scegliere la vita “normale”.
Mentre, dalla banchina, la vediamo e sentiamo allontanarsi si prova un po’ di nostalgia, come salutando qualcuno che, in qualche modo, ha incontrato la nostra esistenza connettendola alla propria, per condividere un momento, certo, di finzione e artificio ma assolutamente sincero e reale. Intimo.
UNDERGROUND. Roberta nel metrò
Quindicesima parte di Interior Sites Project
di Renato Cuocolo e Roberta Bosetti
con Renato Cuocolo e Roberta Bosetti
collaboratori Max Bottino, Paola Falorni, Michela Cescon, Nicoletta Scrivo, Paola Maritan, Gaia Morrione, Nicolò Bassetti, Livio Ghisio, Annalisa Canetto, Saverio Minutolo, Luca Del Pia
Produzione Teatro Di Dionisio, Iraa Theatre