ANGELA FORTI | Ripercorrere i sentieri sconnessi della fiaba e del mito oggi può sembrare un “gioco da ragazzi”. Siamo abituati a immaginare la fiaba – spesso e volentieri snaturata dal passare delle epoche – come ambito di pertinenza del bambino, come archetipo notturno per un’infanzia di mostri paurosi e magiche fate.
Non è così al Festival della Fiaba di Modena che, interamente dedicato a un pubblico adulto, ha saputo anche in questa sesta edizione esplorare il rito della narrazione nelle sue molteplici forme. Nucleo principale la fiaba, il mito e, tematica peculiare di questa edizione, la follia: per affrontarlo il Festival ha tentato di abitare spazi non usuali, «veri, autentici e rudi», come il Filatoio e altre botteghe del Quartiere Tempio di Modena.

Tra conferenze e letture dedicate a diversi miti e fiabe, si è inserito il percorso performativo Il sapere perduto: un viaggio tra Caduta, Compimento e Metamorfosi, ideato dalla direttrice artistica del Festival Nicoletta Giberti con i ragazzi del corso di formazione in teatro dell’ascolto 2018/2019 e costruito sulle illustrazioni oniriche di Gea Zoda.

Geo Zeda
Illustrazione di Gea Zoda

A ciascuno degli otto spettatori è chiesto di scegliere casualmente una delle illustrazioni custodite in una cappelliera. Dopo di che il percorso lo introduce in uno spazio soffuso e polveroso, in cui le uniche fonti di luce sono candele disseminate sul pavimento. Qui viene condotto lungo otto tappe: ad accompagnarlo le mani attente e la voce di otto donne vestite di bianco. Ogni tappa prevede un incontro con loro: sono presenze eteree, cristallizzate in un discorso dal suono antico, imperturbabile. In ogni postazione è allestita una piccola scenografia dove spettatore e performer possono appartarsi, in un rapporto fugace stabilito solo tramite il contatto degli occhi e delle mani. “Cosa ti viene in mente?”, mi viene chiesto mentre, a occhi chiusi, esploro il contenuto segreto di un fustino da olio. “Devo aggiustare questa gonna, puoi aiutarmi?”, mentre indosso lo scheletro di una grande gonna e colei che mi ha accolto, il volto coperto da una maschera, non smette di girarmi intorno, osservandomi. In altre postazioni mi viene narrata una storia: da una noce un’affettuosa signora estrae due minuscoli e stilizzati omini, raccontandomi con una fiaba su come ogni desiderio possa essere realizzato se a sostenerlo c’è una forte volontà. Sciogliendomi un filo tra le dita un’altra performer mi racconta del tempo che passa.

Sapere Perduto

Alla narrazione si interseca continuamente un sottile gioco di oggetti: un uovo di legno da cucito diviene il simbolo della nascita, un batuffolo di ovatta si fa panna montata e ricordo di un’infanzia perduta. Come un filo si intreccia in questo percorso un profondo discorso di consapevolezza sul sè e sull’autogiudicarsi.

«Gea Zoda, l’autrice delle illustrazioni, aveva già collaborato con me come allieva in uno spettacolo dell’anno scorso», mi spiega Nicoletta Giberti: «Dalla sua esperienza, basata su un percorso sulle ombre, ha cominciato a realizzare una serie di illustrazioni dalla forte carica simbolica e legate agli archetipi del sogno e della mente. A settembre le abbiamo analizzate una per una selezionandone otto. Il lavoro drammaturgico è stato proprio quello di creare domande e risposte ad hoc per ognuna di esse, maturandole dal pensiero che avevano saputo suggerirci.

Sapere Perduto3

Sai dove ti trovi?come sei nato?, tutte domande a cui è possibile dare un’interpretazione razionale, pratica, oppure profonda ed esistenziale. Queste dovevano darci modo di sviluppare un percorso individuale dello spettatore non verso una risposta, bensì verso una domanda nuova. Infatti, anche se nelle otto postazioni le azioni sono le stesse, l’interpretazione è garantita al viaggiatore dall’immagine che ha scelto in modo casuale all’inizio».

Il lavoro si configura come un’installazione, in grado di accogliere lo spettatore con il suo tempo singolare, scandito da una campana tibetana, per poi lasciarlo solo di fronte all’immagine che egli stesso ha scelto prima di entrare. Il percorso è lo stesso, per ogni spettatore, ma assume un senso differente per ognuna delle otto immagini a cui è associato, per ognuna delle otto domande, a significare che solo da noi dipende l’essenza di ciò che siamo, non dalle risposte a cui sappiamo arrivare ma dalle domande che abbiamo il coraggio di porci.

Sapere Perduto5

Lo svolgersi performativo del Sapere perduto, unico lavoro in programmazione nei tre giorni di festival, ha saputo brillantemente farsi metafora del percorso e delle intenzioni della direzione artistica. Anche sugli spazi del festival è stato condotto un discorso di riappropriazione e di consapevolezza, di restituzione all’uso di luoghi “sconsacrati” dal vivere quotidiano e, in parte, dimenticati.

«Questa – continua a dirmi la Giberti – è stata per noi un’edizione “pilota”. Infatti, ci siamo spostati nel quartiere Tempio di Modena, con i cui spazi abbiamo collaborato: è stata una sfida poiché quella è una zona multietnica e di cattiva fama, che normalmente le persone non frequentano volentieri. Lì sorge, inoltre, il Filatoio, la sede dell’associazione del Festival, e ci piaceva l’idea di poter utilizzare anche questo spazio. Ed è andata benissimo: la risposta è stata eccellente, sia da parte del quartiere che ha saputo metterci a disposizione i luoghi, sia da parte del pubblico. Lo spazio in cui abbiamo ambientato Il sapere perduto, ad esempio, ce l’hanno messo a disposizione i ragazzi che hanno lì la falegnameria. Ancora, abbiamo letto Cappuccetto Rosso alla camera 22 dell’hotel La Pace, un hotel a ore dove, per giunta, alcune stanze sono adibite alle attività dei servizi sociali. Abbiamo notevolmente incrementato l’affluenza e dato luce a un quartiere che ne aveva bisogno. L’anno prossimo abbiamo intenzione di continuare su questo fronte, pedonalizzando l’area e coinvolgendo anche altre realtà della zona».

Il sapere perduto: un viaggio tra Caduta, Compimento e Metamorfosi, è stato acquistato da ATER – Associazione teatrale Emilia Romagna e replicherà i giorni 5 e 6 settembre p.v. presso il mulino di Recovato, nell’ambito dell’iniziativa di AIAMS (Associazione italiana amici dei mulini storici) per la valorizzazione dei mulini antichi.

 

IL SAPERE PERDUTO: un viaggio tra Caduta, Compimento e Metamorfosi

Ideazione e regia Nicoletta Giberti
Con Delia Arena, Giulia Tondelli, Gea Zoda, Giulia Pazzola, Elisabetta Pallini, Monia Catellani, Daniela Ascari, Sara Regina

Modena, VI Festival della Fiaba
9 giugno 2019